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Zambrone - Spiaggia (foto Salvatore Libertino)Zambrone

di Bruno Cimino
foto Salvatore  Libertino

Il comune di Zambrone si estende su una superficie di 14,36 kmq ed ha una popolazione di 1.800 abitanti; si trova a 20 km a ovest da Vibo Valentia ed è situato a 222 metri sul versante nord orientale del monte Poro.
Frazioni del Comune sono: Zambrone Marina, S. Giovanni di Zambrone, Daffinà, Daffinacello, Madama.
I primi abitanti di questi luoghi, e probabilmente i fondatori di Zambrone, furono gli sbandati Aramonesi, che scacciati da re Roberto d’Angiò, si rifugiarono in questo territorio.
Alessandro Campese nel suo manoscritto (poi ripreso dallo storico Michele Paladini) datato 18 ottobre 1736 così scrive: "Zambrone ha per patrona l’Immacolata. Conta 359 anime. Il suo nome tratto da quello del promontorio denota casa nobile per vino ed olio. Gli abitatori sono dati all’agricoltura. Ha un’altra chiesa di S. Giovanni in memoria di S. Giovanni di Cutridi".
Come quasi tutti i paesi della Calabria Zambrone subì i terremoti del 1783 e del 1905 registrando morti e gravi danni alle case.
Zambrone - Veduta aerea della spiaggia (foto Francesco Libertino)Il piccolo centro, sino a qualche decennio fa, era completamente dedito all’agricoltura, floricoltura, alla pastorizia e alla produzione di cereali, ortaggi, olive e frutta. Oggi l’economia è indirizzata quasi completamente verso il turismo grazie all’interessante "Praia", la bellissima bianca spiaggia che segue una verde e ampia litoranea sulle cui vocazioni turistiche hanno investito molti operatori del settore costruendo moderne strutture alberghiere.
I confini naturali di Zambrone, interessanti da citare, sono: a levante con la località di S. Irene, munita di un porticciolo e di una bellissima spiaggia a tratti sabbiosa a tratti punteggiata da scogliere, e dove, a circa 120 metri dalla riva c’è lo scoglio "A Galera", (nome che tra leggenda e storia rivive nei racconti popolari per essere stato un luogo dove un re avrebbe imprigionato la figlia, colpevole di essersi innamorata di un plebeo); a ponente con le solitarie scogliere di Parghelia.

 

Parghelia - Spiaggia (foto Salvatore Libertino)Parghelia

di Bruno Cimino
foto Salvatore Libertino

L’antica Paralia, che significa spiaggia, litorale, ma anche "terra di fronte al sole" (Parà je élios), si chiama oggi Parghelia e i suoi abitanti pargheliesi o parghilioti. Il territorio di questo comune è di 8 kmq e la popolazione è di circa 1.450 abitanti; si trova a 25 km a ovest da Vibo Valentia ed è situata a 80 metri sul versante settentrionale del monte Poro.
Frazione del Comune è Fitili.
Le origini di Parghelia, almeno quelle documentate, risalgono al periodo normanno, epoca in cui il territorio risulta essere stato sotto il dominio di Roberto il Guiscardo. Nei secoli successivi Parghelia ebbe un ruolo importante nella storia dei Casali di Tropea, innanzitutto per l’operosità dei suoi abitanti. Alessandro Campese di Tropea nel 1736 scrisse che i pargheliesi erano gente dedita all’agricoltura, alla pesca, a lavorar tonnare, alla mercatura e a far coperte di cotone. In uno scritto del 1577 si legge che "Gli homini tonnarari del Casale di Parghelia, distritto di Tropea, si affittano tutte le tonnare del Regno".
Dei 23 Casali di Tropea, Parghelia è stato sicuramente il meno disposto a subire silenziosamente i soprusi dei governanti; i parghelioti, gente con spirito libero e dalla cultura cosmopolita, non mancarono di alzare le proprie proteste contro l’aumento delle tasse. La storia registra addirittura una rivolta armata capeggiata da un certo Leonardo Drago che unitamente ad altri ribelli dei casali vicini assediarono Tropea per diversi giorni; lo scontro fu duro e ci volle l’intervento dell’esercito del viceré, il conte Ounatte, per domare la sommossa.
I tumulti contro la "nobiltà tropeana" terminarono definitivamente solo dopo molto tempo, e cioè quando nei primi anni del 1800, con la nuova mappa politico-amministrativa voluta da Giuseppe Napoleone ed in seguito con il nuovo ordinamento borbonico, Parghelia divenne Comune autonomo.Parghelia - La Pizzuta (foto Salvatore Libertino)
Nel 1783 e l’8 settembre del 1905 Parghelia subì le tragiche conseguenze del terremoto. In particolare nel secondo disastroso evento, il paese venne quasi completamente raso al suolo e dell’antico abitato non rimase che qualche edificio.
L’attuale fisionomia urbana, con strade, viali alberati e isolati elegantemente inseriti nel contesto paesaggistico sono il risultato dell’attuazione del nuovo piano urbanistico realizzato negli anni ‘20 e ’30 e delle successive modifiche, di epoca molto recente.
Tra gli illustri personaggi di Parghelia occupa un posto di rilievo Antonio Jerocades, nato il 1 settembre del 1738: sacerdote e insigne letterato, fu un convinto sostenitore della massoneria. Nel 1799 partecipò alla difesa della Repubblica Partenopea e, dopo qualche anno trascorso in esilio in Francia, stanco e ammalato, si ritirò nella Casa dei Redentoristi di Tropea, il cui domicilio però, secondo il vicario diocesano Raffaele Paladini, fu di natura carceraria "nonostante l’indulto borbonico agli esiliati".
Charles Didier, scrittore svizzero, paragonò la prigionia di Jerocades a quella di Silvio Pellico per le torture inflitte al carbonaro poeta, prigioniero sdraiato sulla paglia e nutrito di pane e acqua. Nella solitudine del carcere Jerocades ricevette la visita di Guglielmo Pepe, il quale inutilmente andò a trovarlo con la speranza di avere qualche aiuto per riprendere la rivolta. Antonio Jerocades morì prigioniero il 18 novembre 1803.
Un altro personaggio di notevole spessore culturale è Mariano Meligrana, nato a Parghelia nel 1936 e morto nel giugno del 1982. Docente di Storia e Filosofia, ha collaborato in qualità di ricercatore, con la Cattedra di Storia delle Tradizioni Popolari dell’università di Messina. Autore di numerosi saggi, in particolare di demologia giuridica e antropologia religiosa, ha collaborato con le riviste Icos, Classe, Rivista di Etnografia, Quaderni calabresi.
Insieme all’antropologo Luigi M. Lombardi Satriani ha svolto ricerche sulle tradizioni, usi e costumi del popolo calabrese, partecipando a diversi convegni sia in Italia che all’estero.
Negli anni ’50 fondò, insieme al Satriani, la rivista "Spirito e tempo" i cui contenuti erano tutti orientati a spiegare la vita del quotidiano ed in seguito, per trattare più dettagliatamente la "questione meridionale", i due ricercatori pubblicarono una nuova rivista "Voci" dove ogni articolo era per "coloro che hanno nulla risolto e cui la vita, d’altro canto, non lascia il diritto di non sapere. Bisogna pur vivere in quanto ci si trova a vivere, anche se si ignora, in buona fede, come si fa a vivere, e si cerca negli altri, in chi lo può dare, un aiuto, una risposta".
Tra le pubblicazioni di Mariano Meligrana, in collaborazione con L. Satriani sono da ricordare "Diritto egemone e diritto popolare", "La Calabria negli studi di demologia giuridica", "L’ideologia della morte nella società contadina del Sud" e "Il ponte di S. Giacomo", opera, quest’ultima, con la quale si aggiudicò il premio Strega appena qualche mese prima della sua morte.
Oggi Parghelia si presenta come uno stupendo paesino grazie alle sue spiagge, al mare limpido, alle piccole baie e alla scogliera della Pizzuta dove si staglia maestoso lo scoglio del Palombaro.
La naturale vocazione turistica, a differenza di altre località, qui non concede molte possibilità di interventi artificiali, per cui tutta la costa si presenta come un’oasi riservata, ricca di vegetazione mediterranea e con un litorale a tratti sabbioso, a tratti con suggestive scogliere dove si accede attraverso scalinate ricavate nei sentieri astanti l’abitato. La spiaggia più grande è quella di Vardano che confina con il nuovo porto di Tropea, lungo il torrente La Grazia.
Da visitare i ruderi Romani e il Santuario della Madonna di Portosalvo costruito nel 1745; la chiesa, all’interno, presenta un altare di stile gotico e conserva tele settecentesche di scuola napoletana.
Patrono di Parghelia è Sant’Andrea Apostolo, la cui chiesa costruita dopo il terremoto del 1905 conserva un busto in legno policromo del Santo. Molto caratteristica la tradizionale festa che si celebra il 30 novembre con la distribuzione delle castagne e delle "Zippole" (frittelle).

Ricadi - Spiaggia di Capo Vaticano (foto Salvatore Libertino)Capo Vaticano

di Bruno Cimino
foto Salvatore Libertino

Capo Vaticano è, tra i dintorni di Tropea, la località turistica più suggestiva. Fa parte del comune di Ricadi, un paese di 4000 abitanti che si estende su una superficie di 22,30 Kmq; si trova a sud-ovest di Vibo Valentia ed è situata a 284 metri sul versante nord occidentale del monte Poro.
Frazioni di Ricadi sono Lampazzone, Barbalaconi, Orsigliadi, Brivadi, S. Nicolò, S. Domenica.
Nelle "Notizie quali che siano su Tropea estratte da un manoscritto di Alessandro Campese de’ 18 di ottobre del 1736", e successivamente riprese da Raffaele Paladini nella sua opera "Notizie storiche sulla città di Tropea - 1930", vengono riportate poche righe dal titolo "Del Promontorio Vaticano":
"Il Promontorio Vaticano ha un tal nome o perché Scipione l’Africano, nell’abbatter un pirata detto Grancane disse Abbatte Cane (parlava italiano!) e diè al promontorio il nome di Battecane, o perché ivi in un tempio vi erano Vates cannae, onde venne a questo e al monte di Roma il nome di Vaticano, o perché (congetture altrui) il flusso di Scilla (detto cane) batte su questo promontorio, come se si dicesse Batte Cane. A questo promontorio e negli antichi tempi e ne’ vicini all’Autore, il Campese, si facea gran commercio.In questa parte di territorio vi sono più torrenti e il piccolo fiume di Vaticano".
Molti studiosi si sono comunque avventurati, ma inutilmente, nella ricerca di una spiegazione plausibile sul nome Vaticano. Secondo alcuni, il nome Vaticano deriva da Vaticinium (oracolo-responso). Una leggenda vuole che nell’antichità vi fosse appunto un oracolo che sostava sul promontorio; a lui, anzi a lei, la profetessa Manto, i naviganti del luogo si rivolgevano prima di affrontare il mare. Sempre secondo la leggenda, questo oracolo dimorava in una grotta il cui scoglio prese il suo nome: Mantineo che, in greco (manteuo) vuol dire comunicare la volontà divina.
Ricadi - Spiaggia di Capo Vaticano (foto Salvatore Libertino)Certo è che l’etimologia del nome conduce ad una origine greca. Sino al 1770, specialmente nelle pubblicazioni religiose e geografiche, il sito viene indicato col nome di Batticano.
Oggi Capo Vaticano è una località incontaminata che vanta straordinarie bellezze. Si presenta quale fu ai primordi della creazione. Solo in alcuni punti è possibile notare il lavoro dell’uomo che ha sapientemente costruito paesaggi turistici e abitazioni private in armonia con la natura circostante. La costa è frastagliata, con piccole baie e con una flora e fauna mediterranea molto ricca.
Le ampie pianure circostanti, che si estendono da Formicoli a Torre Marino, a Rocca di Vadaro, a Grotticelle e a Santa Maria, disseminate di uliveti, agrumeti, cereali, uva zibibbo, cipolle rosse e fichi d’India, i viali alberati e i campi, che in primavera sono un immenso giardino fiorito, conducono verso strapiombi con panorami mozzafiato: possenti rocce levigate dal lento lavorio del mare e dei venti tratteggiano una costa frastagliata, le cui spiagge sono tante piccole baie, alcune raggiungibili solo via mare. Ricadi - Spiaggia di Capo Vaticano (foto Salvatore Libertino)Capo Vaticano, un tempo meta obbligata dei Fenici, Cartaginesi, Romani, Bizantini, Arabi e Normanni, è oggi luogo ideale per le immersioni dei sub mai paghi di esplorare i locali fondali dove vive la popolazione ittica più numerosa e variegata d’Italia e dove le acque blu marino, per un gioco di correnti provenienti da nord-est (golfo di Lamezia) e da sud-ovest (golfo di Gioia Tauro) e che si incrociano al largo, godono di una difesa naturale contro gli inquinamenti prodotti dall’era moderna.
Il fascino selvaggio di questi luoghi estasiò lo scrittore Giuseppe Berto che qui decise di vivere. Così egli descrisse Capo Vaticano: "Appena la vidi seppi che quella terra, dalla quale si scorgevano magiche isole, era la mia seconda terra, e qui son venuto a vivere. Sto su un promontorio alto sul mare, è un panorama stupendo. E quando il giorno, dalla punta del mio promontorio, guardo gli scogli e le spiaggette cento metri sotto il mare limpidissimo che si fa subito blu profondo, so di trovarmi in uno dei luoghi più belli della terra".

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