Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Uno scarto diventato Apostolo.
Il beato P. Pietro Donders missionario redentorista
– Il 14 gennaio 1887 a Batavia, Suriname, moriva nel lebbrosario dove aveva vissuto 27 anni il P. Pietro Donders. “È morto il santo, è morto il nostro Padre” fu il grido unanime dei malati. Era diventato redentorista nel 1867, all’età di 58 anni; ma 30 anni prima era stato rifiutato dal Seminario Redentorista a causa della sua debole salute. Morì a 76 anni tra i suoi lebbrosi, povero tra i poveri, rimpianto come un benefattore e invocato come un santo, zelante e col sorriso. Ve lo immaginate impegnato ad imparare la fisarmonica all’età di 60 anni per poter rallegrare l’apostolato tra gli indios?.
Il Beato Pietro Donders
♦ Pietro nasce nel 1809, da genitori poveri, a Tilburg, in Olanda. Con grande sforzo riesce a completare i suoi studi sacerdotali nel seminario della sua diocesi. È ordinato sacerdote a 32 anni. Arriva in America nel mese di settembre 1842. Lavora 14 anni tra gli schiavi negri delle piantagioni di Paramaribo e 27 anni tra i lebbrosi. Si unisce alla Famiglia Alfonsiana nel 1867, all’età di 58 anni.
Quali sorprese riserva la vita! 30 anni prima era stato rifiutato dal Seminario Redentorista a causa della sua debole salute.
In tutta la sua vita lo straordinario diventa quotidianità: questo è il segreto della sua santità. Altrimenti, come immaginarlo ad imparare a suonare la fisarmonica all’età di 60 anni per l’apostolato tra gli indigeni?
♥ San Giovanni Paolo II lo ha beatificato in San Pietro il 23 maggio 1982, nel 250° anno giubilare della Congregazione del SS. Redentore.
Ω – La sua vocazione missionaria
♥ Scrive al Padre Provinciale: «Non potrò mai ringraziare abbastanza Dio per avermi chiamato me, indegno, nella Sacra Congregazione del Santissimo Redentore. Il Dio di bontà e la santa Vergine mi concedano perseveranza. A tal fine prego ogni giorno. Mi sia permesso raccomandarmi alle vostre preghiere, perché io viva e muoia come un santo redentorista» (lettera del 17 luglio 1876).
Ω – Tra gli schiavi
Il beato Donders lavora 14 anni tra gli schiavi negri delle piantagioni di Paramaribo. Alcuni anni dopo il suo arrivo in Suriname, scrive ad un amico sacerdote in Olanda:
♥ «Oh! Se almeno si concedessero ai nostri schiavi per la loro salute e conservazione, le cure che in Europa si riservano alle bestie da soma. Quale grande cambiamento vedremmo qui!
Se ti dicessi quello che ho visto e sentito su questo argomento… Ma preferisco il silenzio, perché è più di quanto si possa immaginare, mi vengono i brividi solo a pensarci e mi metto a piangere: Guai a te, sì, guai a te, Suriname, nel giorno del giudizio! Sì! Mille volte guai a questi Europei, proprietari delle piantagioni, proprietari di schiavi, dirigenti, proprietari, amministratori e funzionari, che tengono sottomesso questo popolo di servi!
♥ Guai a quelli che accumulano fortune con i sudori e il sangue di questi oppressi, che solo Dio difende!» (lettera 8 settembre 1846).
Ω – Tra i lebbrosi
Fin da subito dimostrò vicinanza alla loro miseria, anzi condivisione della loro miseria. Dopo la celebrazione della santa Messa cominciava la visita di capanna in capanna, privilegiando i più abbandonati e gli ultimi arrivati.
Le sue non erano solo parole di conforto, ma azioni concrete: spaccava la legna, attingeva l’acqua, aiutava a mangiare e bere i più malridotti, scopava il pavimento e portava via tutto il sudiciume, lavava le loro piaghe puzzolenti di sangue misto a pus, le purificava e le fasciava.
Questa condivisione apriva il cuore dei lebbrosi. Ma non sempre: c’erano i duri che persistevano ancora alcoolismo e impudicizia, liti violenti e ribellioni.
Molti cominciarono ad ascoltarlo e a cambiare modo di vivere.
♥ Ecco la testimonianza del direttore del lebbrosario: «Per lo zelo dei missionari questa gente non ci dà che un minimo fastidio; anzi la morale, la tolleranza, l’obbedienza di questa gente sono totalmente cambiate. Sembra un’altra gente».