A Parghelia, una volta finito lo stato di emergenza…
La mancanza di vento stringe tutti in un’immobilità totale
A Parghelia, una volta finito lo stato di emergenza determinato dall’improvviso e disastroso nubifragio dell’ottobre scorso, la politica, come nulla fosse accaduto, ha ripreso a scorrere lenta, tra gli argini della solita routine amministrativa.
É una gran bonaccia quella che avvolge la vita della comunità cittadina e, quel che è grave, l’attività della giunta e del Consiglio comunale. Una bonaccia micidiale, che persiste per mancanza di vento e stringe tutti in un’immobilità totale, rassegnata, asfissiante, mentre l’intera classe politica locale – la maggioranza con il gruppo-partito “Scopelliti Presidente” e l’opposizione – guarda altrove e tira a campare. Di certo, la strada è in salita e gli scogli in mezzo ai quali il governo comunale naviga sono tutt’altro che rassicuranti.
Ma proprio per questa ragione sarebbe necessario che si ragionasse tutti insieme e, superando le barriere dell’appartenenza politica e le inevitabili divergenze, ci si sforzasse di unire e gli uomini e le energie migliori per trovare delle adeguate soluzioni ai problemi reali del territorio, che sono tanti, e per definire le cose da fare, partendo dai programmi politico-amministrativi presentati agli elettori da tutt’e due gli schieramenti in lizza nel novembre scorso, che oramai stanno per finire nelle accoglienti pagine dell’ennesimo “libro dei sogni”. C’è poi un altro fatto da considerare e cioè che, in una situazione di stallo come l’attuale, non si possa affatto escludere che, dopo un anno di percorso amministrativo senza risultati significativi, si debba onestamente constatare e ammettere l’irraggiungibilità, oltre che l’irrealismo e il velleitarismo, degli obiettivi fissati. Nel qual caso la sfiducia dei pargheliesi verso la classe politica, presente attualmente sulla scena, potrebbe diventare totale e definitiva. Non occorre una particolare saggezza politica, né ci vuole Barbanera per formulare questa previsione.
Come si è detto, questo stato di immobilismo avviluppa l’intero schieramento politico e, naturalmente, il partito democratico che è all’opposizione, il quale, molto…distratto anche nelle giornate drammatiche dell’alluvione, continua a guardare dalla finestra – fatto salvo il..forte intervento sulla questione dei sensi unici si, sensi unici no – gli avvenimenti, venendo meno, in tal modo, al suo ruolo istituzionale. É questo il fatto rilevante dal punto di vista politico, la mancanza cioè di un’opposizione che svolga il naturale compito di controllare, con regolare continuità, l’azione amministrativa del governo locale e di farsene parte diligente con interventi collaborativi e propositivi. Un Comune, anche piccolo come il nostro, può stare per altri quattro anni senza opposizione? Me lo domando e non trovo risposta ; o meglio, la trovo ed è negativa: l’esistenza di un’opposizione è sempre essenziale, pure per il funzionamento di un piccolo ente territoriale. É difficile dire quanto a lungo potrà tenere una situazione così paradossale, della cui gravità pare che non ci si renda conto.
Questo stato di cose mi ricorda un bell’apologo scritto da Italo Calvino più di cinquant’anni fa, esattamente nel 1957. Si tratta di una fantasiosa parabola marinara, di un racconto satirico che, pur essendo ambientato nel 1500, allude all’immobilismo del PCI all’indomani della rivoluzione ungherese del 1956 e che è stato pubblicato su una rivista, facendo grande scalpore nell’”intellighentia” di sinistra. Il titolo è “la gran bonaccia delle Antille”: consiglio a tutti i consiglieri comunali, soprattutto a quelli del PD di leggerlo o di rileggerlo e ne trascrivo un brano per comune utilità.
“Eravamo al largo delle Antille, procedevamo a passo di lumaca sul mare liscio come l’olio con tutte le vele spiegate per acchiappare un qualche raro filo di vento. ed ecco che ci troviamo a tiro di cannone di un galeone spagnolo. Il galeone stava fermo, noi ci fermiamo pure e lì, in mezzo alla gran bonaccia, prendiamo a fronteggiarci. Non potevamo passare noi, non potevano passare loro. Ma loro, a dire il vero, non avevano nessuna intenzione di andare avanti: erano lì apposta per non lasciar passare noi. Noialtri, invece, flotta di Drake, avevamo fatto tanta strada non per altro che per non dare tregua alla flotta spagnola […]. Però ora, di fronte ai cannoni di quel galeone, con le nostre poche colubrine […] ci guardavamo bene dal far partire un colpo.[..] Così passavano i giorni, la bonaccia continuava, noi continuavamo a star di qua e loro di là, immobili a largo delle Antille.
“Ma una via d’uscita come la trovaste ?”. “ Cosa dite? Via d’uscita? Mah, ce lo domandavamo di continuo per tutti quei mesi che durò la bonaccia…Il capitano aveva spiegato che la vera battaglia navale era quello star lì fermi guardandoci, tenendoci pronti […]. Poiché la bonaccia non accennava a finire si prese a lanciare dei messaggi con le bandierine da una nave all’altra come si volesse aprire un dialogo.[….]
“Ma diteci, come riuscì a muoversi la nave di Drake?”.
Così finisce l’apologo, manca la risposta. Nel frattempo, i numerosi e gravi problemi di Parghelia – soprattutto quelli legati alla questione dell’ambiente, i quali, che lo si voglia capire o no, interagiscono con la salute e la qualità della vita dei cittadini – sono lì a marcire, aspettando Godot. E ciò complica notevolmente le cose.