Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Un testimone coraggioso della fede.
– Il martirio del servo di Dio Rutilio Grande García, un gesuita che non ha mai abbracciato nessuna ideologia ed ha insegnato che la convivenza fraterna e la solidarietà possono rendere presente il regno di Dio in questo mondo.
– Sacerdote del Salvador fu ucciso il 12 marzo 1977 insieme al catechista Manuel Solórzano e al giovane Nelson Rutilio Lemus. Il Papa ne ha riconosciuto ora il martirio, aprendo così la strada alla loro beatificazione.
– Preziosa la testimonianza lasciata in eredità da questo martire che ha ispirato Óscar Arnulfo Romero, ora santo, di cui egli fu amico e collaboratore.
– Papa Francesco da tempo ha conservato una cornice contenente un pezzo di tela insanguinata di Romero e gli appunti di una catechesi di Rutilio. – La santità di un popolo cresce col sangue dei suoi martiri, come abbiamo già scritto in un precedente articolo.
Padre Rutilio è una figura esemplare di una Chiesa, come quella del Salvador, edificata sulla «pietra fondamentale» del martirio — proprio il prossimo 24 marzo ricorrerà il quarantesimo anniversario dell’uccisione dell’arcivescovo Óscar Arnulfo Romero, di cui egli fu amico e collaboratore.
♦ Egli è stato «un profeta di testimonianza», come lo ha definito Francesco il 26 gennaio dello scorso anno incontrando i suoi confratelli durante il viaggio a Panamá e confidando loro la sua particolare devozione al gesuita salvadoregno: «Voglio molto bene a Rutilio». E rivelò che «nell’ingresso della mia stanza c’è una cornice che contiene un pezzo di tela insanguinata di Romero e gli appunti di una catechesi di Rutilio».
♦ La figura Padre Rutilio, di recente, è stata ricordata con accenti di particolare gratitudine anche dall’arcivescovo di San Salvador, monsignor José Luis Escobar Alas, che nel 2017, in occasione del quarantesimo anniversario della sua morte, ha scritto una lettera pastorale per riproporre l’attualità del messaggio del sacerdote «protomartire salvadoregno» e «precursore» di monsignor Romero.
Vita e martirio
♦ Nato a Villa de El Paisnal, in Salvador, il 5 luglio 1928, Rutilio entrò nel seminario diocesano nel 1941 ma, quattro anni dopo, chiese di essere ammesso nella Compagnia di Gesù. Concluso il noviziato ed emessi i voti religiosi nel 1947, fu ordinato sacerdote nel 1959.
Fu, tra l’altro, prefetto e docente di teologia pastorale nel seminario San José de la Montaña e parroco ad Aguilares, dove si dedicò totalmente alle anime a lui affidate, soprattutto ai poveri e agli emarginati, favorendo la partecipazione attiva dei fedeli alla vita parrocchiale e non esitando a condannare le azioni repressive nei loro confronti da parte dei militari e dell’oligarchia al potere.
♥ Il 12 marzo 1977 si recò a San José, vicino a El Paisnal, per presiedere la celebrazione eucaristica durante la novena di preparazione alla festa di san Giuseppe. Durante il viaggio di ritorno ad Aguilares — era accompagnato dal catechista Solórzano, dal giovane Lemus e da tre bambini — la loro macchina fu bersagliata da colpi di mitra a opera di alcuni uomini armati. I tre morirono all’istante mentre i bambini si salvarono.
♦ Monsignor Romero fu profondamente scosso dall’assassinio del sacerdote, che aveva 49 anni di età, e presiedette personalmente la messa esequiale nella chiesa cattedrale di San Salvador.
♥ Convinto di dover difendere i valori del Vangelo e applicare l’insegnamento della Chiesa, Rutilio Grande García si schierò sempre apertamente al fianco dei poveri e dei campesinos, la fascia sociale che maggiormente soffriva l’oppressione e lo sfruttamento.
Molte sue prediche erano ritenute eversive dal governo perché volte alla promozione umana e cristiana dei più deboli.
♥ Nonostante le minacce ricevute e consapevole dei rischi che il suo apostolato comportava, continuò comunque a testimoniare la fede, senza compromessi con il potere ed evitando toni accesi o provocazioni.
♥ Il sacrificio dei tre martiri ebbe risonanza mondiale, favorendo la fioritura di nuove vocazioni.
(fonte: l’Osservatore Romano,22 febbraio 2020).