Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Un Redentorista nel cuore dell’Europa.
– La missione continua di San Clemente – Ieri, 15 marzo, è stato il giorno bicentenario della morte di san Clemente Maria Hofbauer (1751-1820), redentorista, Patrono di Vienna e di Varsavia.
– Sconosciuto a molti, oggi sta guadagnando interesse nell’accoglienza dei cristiani di Europa, perché ha vissuto la sua straordinaria avventura umana e spirituale come missionario di «di frontiera» nel cuore di una Europa che stava vivendo notevoli problematiche dovute alle guerre napoleoniche, alla restaurazione operata dal Congresso di Vienna e allo smembramento di alcuni paesi (Polonia) ad opera delle potenze del tempo.
– Mentre la politica con le sue ideologie illuministe e anticristiane faceva il suo corso fu questo santo missionario si occupò di orfani, di ragazzi allo sbando e senza cultura e mestieri e perfino della classe alta e colta, ma dal pensiero cristiano debole. – San Clemente Maria Hofbauer riuscì a dare risposte concrete. – Un bell’articolo de l’Osservatore Romano aiuta a conoscerlo.
Un uomo in continua ricerca.
A duecento anni dalla morte, avvenuta nel monastero delle Orsoline di Vienna, il 15 marzo 1820, l’interesse per la figura e la spiritualità di san Clemente Maria Hofbauer, missionario redentorista «di frontiera», è notevolmente cresciuto.
Nato a Tasswitz (Moravia) il 26 dicembre 1751 e orfano di padre, lavora come apprendista fornaio. A servizio poi dell’abate premostratense di Klosterbuk, intraprende gli studi ginnasiali, completati a Vienna con quelli filosofici e teologici.
Attratto dalla vita contemplativa, fa diverse esperienze di vita eremitica (una delle quali a Tivoli, al santuario di Quintiliolo), alternate a pellegrinaggi a numerosi santuari mariani.
Per ben tre volte si recò a Roma, per la venerazione delle memorie della Chiesa antica e alla ricerca di un ordine religioso: «senza Roma Clemente non sarebbe stato mai se stesso» (Heinzmann).
Questa ricerca si conclude con l’incontro dei redentoristi, su consiglio del gesuita Nicola Giuseppe Alberto von Dießbach (1732-1798), che lo aveva introdotto nella lettura di alcune opere del loro Fondatore, sant’Alfonso de Liguori.
Tra i Redentoristi.
Accolto nella Congregazione dal secondo superiore generale Francesco Antonio de Paola, dopo aver fatto un noviziato di soli sei mesi nel conventino romano di San Giulianello all’Esquilino, emise la professione il 19 marzo 1785, proseguendo gli studi nelle comunità di Frosinone e Scifelli di Veroli, dove ebbe modo di sperimentare da vicino la vita missionaria nelle campagne ciociare e lo stile della vita devota nelle chiese della Congregazione.
Ordinato sacerdote, ad Alatri, secondo la tradizione, il 29 marzo 1785, fu inviato oltre le Alpi dal rettor maggiore de Paola che lo costituì «vicario generale per tutte le cose possibili», e lo autorizzò a fondare case della Congregazione.
Le vicende che costituiscono la seconda parte della sua vita possono rientrare nel genere del romanzo di avventura. A Vienna frequentò la scuola di catechetica, senza poter realizzare la fondazione, motivo per il quale, si diresse verso le regioni del Nord.
A Varsavia.
Arrivato a Varsavia, dal Nunzio monsignor Ferdinando Saluzzo gli fu affidata la chiesa di San Bennone, sede dell’Arciconfraternita omonima e punto di riferimento per i cattolici tedeschi.
Trovato il complesso in stato di abbandono, Clemente vi fondò la prima comunità redentorista «internazionale» della quale fecero parte religiosi tedeschi, polacchi, francesi e italiani, che egli, in condizioni precarie, formò alla vita spirituale e missionaria. Le vicende politiche che culminarono nella tragica spartizione della Polonia, la diffusione di dottrine illuministe e del giansenismo francese avevano indebolito la vita ecclesiale, disorientato e diviso il clero e creato un clima di incertezza tra i fedeli, ormai sempre più lontani dalla pratica sacramentale e privi di formazione cristiana.
I primi abbandonati erano i bambini e i giovani e per Clemente fu «un dovere eminentemente missionario» (Heinzmann), vissuto con passione, dedicarsi a loro con lo sguardo rivolto al futuro. La creazione di «scuole professionali» e una costante attenzione alle povertà morali, materiali e culturali del suo tempo sono infatti la cifra profetica del suo impegno apostolico per «l’evangelizzazione di tutta la persona umana che deve essere liberata e salvata».
Egli, con una sapiente lettura del contesto, si rese conto, come leggiamo in una sua lettera, che «l’ignoranza delle cose necessarie regna dappertutto». Per ovviarvi organizzò a San Bennone una intensa vita pastorale, che ebbe il suo fulcro nella rivalutazione del ruolo della liturgia nella vita cristiana.
Annunziare il Vangelo in modo nuovo.
Fedele al carisma redentorista, si dedicò con zelo creativo e forza alla predicazione, allora in decadenza, in quel contesto ecclesiale. Fu una vera e propria rivoluzione, sintetizzata in uno slogan programmatico che è, anche oggi, urgente per la Chiesa: «bisogna incominciare di nuovo a predicare il Vangelo» (Hosp). Egli iniziò a riformare l’oratoria sacra partendo dal suo contenuto e dalla sua fonte d’ispirazione, preferendo la spiegazione dei testi sacri, come hanno notato i suoi contemporanei.
Omelie e catechesi riempivano l’intera sua giornata, a ritmi vertiginosi. Preferiva «argomenti di misericordia, bontà e amore, piuttosto che argomenti di terrore e rigore» (Pajalich). Mentre a Vienna non si sarebbe trovato «un solo predicatore che azzardasse di semplicemente menzionare ne’ suoi discorsi la Chiesa Cattolica» egli, «senza curare le opinioni allora in voga mostravasi, nelle parole e nelle opere sacerdote veramente cattolico» (Benedetti).
Un crescente numero di giovani sacerdoti lo frequentava e si affidava alla sua direzione spirituale. Tra questi il famoso poeta e drammaturgo Zaccaria Werner che, alla sua scuola, divenne uno dei più apprezzati predicatori viennesi.
Clemente, intrepido e tenace, nel 1801 ottenne dalle autorità prussiane, che allora governavano Varsavia, l’autorizzazione per predicare missioni popolari, sotto il nome di pubbliche istruzioni, vietate dopo la soppressione dei Gesuiti.
Numerosi furono i corsi di esercizi spirituali al popolo, a religiosi e sacerdoti. La casa religiosa accoglieva al suo interno seminaristi che si preparavano all’ordinazione, avviandoli alla predicazione e perfezionandoli nello studio della teologia morale, e preti in difficoltà, per i quali non esistevano strutture nei percorsi di recupero.
L’azione missionaria della comunità redentorista, guidata da Clemente, esercitò una straordinaria forza di attrazione. Si dedicava con passione al sacramento della riconciliazione e alla direzione spirituale, ripristinandone la pratica, per troppo tempo abbandonata: «egli era come una madre tenerissima nell’accogliere e trattare i suoi penitenti» (Benedetti).
A rendere ancora più efficace questo suo ministero furono i doni della scrutatio cordis e del consiglio. Egli «possedeva la rara dote di istruire, correggere, consigliare e muovere a vivo dolore ed a sincero proposito i suoi penitenti, con pochissime parole, ognuna delle quali penetrava il cuore di chi ascoltava» (Haringer).
Preghiera e azione.
Si rimane ammirati dalla sintesi armonica raggiunta dal redentorista tra impegno apostolico, vita di preghiera, che sfiorava la contemplazione e la sua totale immersione nell’oggi degli uomini a lui contemporanei, in situazioni di vera emergenza, umanitaria e pastorale. Egli si trovò a lavorare in un contesto multiculturale, caratterizzato da tensioni e rivalità etniche e religiose, svolgendo un’azione di integrazione delle minoranze e favorendo l’incontro, con una paziente opera di mediazione, con una pastorale dell’accoglienza, imperniata sul rispetto che, accorciando le distanze, puntava su ciò che unisce. Egli anticipava il sogno di «una Chiesa in uscita e con le porte aperte» (Evangelii gaudium, 46).
Lo sperimentarono gli ebrei della numerosa comunità polacca e i loro rabbini, attratti dall’affabilità del santo e coinvolti nei dibattiti che settimanalmente egli teneva per loro. Emblematico di un rispettoso dialogo fu il caso della conversione del giovane Joseph Wolf (1795-1862), figlio di un noto rabbino di Halle e conoscitore di lingue orientali, che il santo accompagnò per molti anni nella intricata vicenda della sua conversione.
Lo stesso evangelico trattamento ebbero i luterani evangelici, attratti dalla musica eseguita a San Bennone e messi in crisi dalle argomentazioni delle prediche di Clemente. Molti, dopo un percorso di accompagnamento, rientrarono nella Chiesa Cattolica.
Persecuzioni continue sa Varsavia a Vienna.
La sua attività a Varsavia fu bloccata dall’avanzare delle truppe napoleoniche. Espulso nel 1808, per ordine di Napoleone, programmava di recarsi in Canada, ma alcuni eventi lo portarono a Vienna.
Nel 1813 fu nominato confessore delle Orsoline, impiantandovi la «missione continua» sullo stile di san Bennone, ristabilendo il culto divino, secondo la tradizione della Chiesa romana, impoverito dalle rigide norme giuseppiniste e avviando un fitto programma di predicazione missionaria, dedicandosi alla direzione spirituale e alla formazione cristiana di giovani universitari.
Numerosi funzionari di corte, vescovi, nunzi apostolici, religiosi, preti e autorevoli politici, divennero suoi penitenti e figli spirituali, motivo per il quale la sua influenza si estese ad ogni classe sociale, persino al Congresso di Vienna (1814-1815), dando un impulso alla riforma della Chiesa e della società del suo tempo.
La Congregazione, sotto la sua guida, si diffuse in Europa e, per mezzo del suo successore, padre Giuseppe Passerat, in America. Per questo dalla tradizione redentorista gli è stato conferito il titolo di “propagator insignis“, insigne propagatore della Congregazione.
(fonte: Osservatore Romano, 4 marzo 2020, Vincenzo La Mendola).