Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Un prete felice in mezzo ai poveri.
– Don Virginio Colmegna è il presidente della Casa della Carità sorta nel 2002 a Crescenzago, quartiere di Milano posto nella periferia nord-orientale della città. – Egli così si definisce: “Sono un prete felice, cerco Dio in mezzo ai poveri”.
– Ordinato sacerdote nel 1969, si è sempre occupato di persone in difficoltà. A volerlo presidente è stato il Cardinale Martini, che gli chiese di promuovere accoglienza e cultura, insieme.
– In don Virginio, da sempre impegnato per le persone escluse, è forte la convinzione che chi è in difficoltà non vada aiutato con l’assistenzialismo, ma promuovendo dignità, diritti e percorsi di inclusione sociale ed economica.
– Il cardinale Martini, nell’affidargli la guida della Casa di Crescenzago, gli chiese di renderlo un luogo dove la parola carità fosse riempita di giustizia
– Don Virginio è convinto che in questo apostolato serve l’umiltà della “lettura” per essere capaci di ascoltare e intuire i sentimenti del nostro prossimo. I profughi, per esempio, parlano con il silenzio, con le loro facce immobili, tanto sono chiusi in se stessi”.
Don Virginio Colmegna (Saronno VA, 1945) è un sacerdote della diocesi di Milano, dal 2002 presidente della Fondazione Casa della Carità “Angelo Abriani”, ente voluto dall’allora Arcivescovo di Milano, il cardinale Carlo Maria Martini, come luogo di accoglienza e ospitalità per persone in difficoltà, che fosse anche centro di elaborazione culturale, di formazione e di studio. Ha conseguito la licenza in Teologia presso la facoltà Teologica dell’Italia settentrionale nel 1969 e nello stesso anno è ordinato sacerdote.
♦ Dopo aver ricoperto negli anni Settanta il ruolo di parroco in quartieri difficili della periferia milanese (Bovisa), in mezzo alle grandi fabbriche, tra i primi immigrati dal Sud. Negli anni Ottanta assume incarichi in Azione Cattolica di Milano, alla Pastorale diocesana del Lavoro e, a livello nazionale, nel Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza (Cnca).
Due Lauree “honoris causa” e cittadino europeo.
♦ Dal 1993 al 2003 è stato direttore della Caritas Ambrosiana dando notevole impulso alla sua azione di testimonianza della carità.
♦ Dal 2000 è presidente della Campagna di Salute Mentale della Lombardia.
♥ Nel 2011 l’Università degli Studi Milano Bicocca gli ha conferito la Laurea magistrale honoris causa in scienze pedagogiche, mentre nel 2014 ha ricevuto una seconda Laurea honoris causa in Comunicazione pubblica e di impresa, insieme a don Luigi Ciotti e don Gino Rigoldi, conferita dall’Università degli Studi di Milano.
♥ Dal 2014 è nel Consiglio di amministrazione, in qualità di vicepresidente (consigliere indipendente) di Etica SGR.
Nel 2017 è tra i soci fondatori dell’associazione SON-Speranza oltre noi e della cooperativa sociale NIW, New Ideas of Welfare.
♥ Nel 2017 ha ricevuto dal Comune di Milano l’onorificenza “Ambrogino d’oro” e nel 2018 è stato insignito dal Parlamento Europeo del premio “Cittadino Europeo dell’anno”.
♦ È autore di diversi articoli, editoriali, testi e saggi sui temi del disagio sociale e della spiritualità. L’ultimo libro pubblicato è «Una vocazione controcorrente. Dialogo sulla spiritualità e sulla dignità degli ultimi» (Il Saggiatore, 2019).
♦ Nel 2020 è uscito in eBook «Oltre cinquanta gradini. 13 marzo-3 maggio 2020. Diario di un tempo sospeso: lo sguardo sui più deboli, le angosce di tutti, la speranza per un cambiamento d’epoca» (Il Saggiatore, 2020).
“Prima la Comunità”.
♦ Dal 2020 Don Virginio è presidente dell’associazione “Prima la comunità”.
♥ La Casa della Carità è un laboratorio di fraternità aperto a tutti: fedeli di ogni religione, non credenti e persone in ricerca. Si promuovono momenti di preghiera, riflessione e dialogo interreligioso.
Ogni domenica, don Virginio Colmegna celebra la santa messa nella cappella della Casa della Carità.
Don Virginio Colmegna: “Io, prete felice, cerco Dio in mezzo ai poveri”.
♥ Davanti ai suoi occhi sono passate migliaia di vite dolenti. Eppure il suo sarà un Natale di speranza.
“Abbiamo bisogno di profezie… Dobbiamo essere sognatori, coltivare l’utopia nella pratica di ogni giorno. Non riesco proprio a essere pessimista.
♥ Nelle persone umili, anche tra chi grida per il dolore o l’ingiustizia, c’è una carica positiva che va riscoperta. Ma ci serve il coraggio della radicalità, come ci ha insegnato il cardinale Martini. Al di là della fede per me il Natale è sempre stato un tempo di rinascita, una data dalla quale ricominciare riconoscendo come valori sociali anche l’innocenza e l’ingenuità”.
C’è bisogno di una certa radicalità: “Decidere, fare scelte scomode. .. – Purtroppo abbondano invece i fotografi della realtà. Mi riferisco a coloro che denunciano le urgenze ma poi le lasciano immutate. La politica è vergognosamente timida nell’adeguarsi alle trasformazioni della società che invece andrebbero anticipate e gestite”.
♥ “Un Paese dovrebbe ripartire dalle fragilità per ricostruire una giustizia sociale e che dia veri segnali di coesione. Lo sguardo dovrebbe essere quello che papa Francesco ci mostra con “Fratelli tutti” e nella “Laudato sì’, cioè la capacità di riallacciare i legami. Martini la definiva l’amicizia civica” e il presidente Mattarella l’ha raccomandato più volte. Percò, abbiamo bisogno di altri testimoni forti come lui, e abbiamo bisogno anche delle istituzioni coraggiose.
Prima e dopo la pandemia.
♥ La pandemia del coronavirus segnerà un prima e un dopo.
Oggi servirebbe una pausa per capire che davvero nulla può restare come prima.
♦ La grande riforma del Pnrr (=Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) non può limitarsi all’economia, ci vuole una rivoluzione etica.
Dobbiamo guardarci in faccia in modo diverso. Papa Francesco parla di conversione ecologica. Vuol dire cambiamo stili di vita, comportamenti, insomma, il nostro modo di agire. Io sento tutto questo, ho voglia di cominciare qualcosa di nuovo. Anche se sono un vecchietto”.
E i poveri scartati?
♥ “Ho la certezza che gli ultimi della terra, quelli che papa Francesco chiama i resti, sono un dono.
Rappresentano la gioia di essere prete. Il dolore unisce gli uomini più di qualsiasi altra cosa. Penso, per esempio, alle madri di figli autistici e ai disabili.
♥ Io sono partito da Sesto San Giovanni in una casetta piena di rose in cui ho accolto i disabili, molti dei quali tolti al manicomio. Ho passato undici anni con loro. Mi chiamano prete di strada, sono invece un prete di comunità: relazioni, fraternità, centralità della persona”.
Che cosa è oggi la Casa della carità di Crescenzago?
“Una struttura pubblica che ospita un centinaio di persone e una trentina di famiglie di profughi afghani.
Donne, uomini, bambini. Per me è un luogo teologico che cerca di tenere assieme tre energie: spirituale, culturale e politica. Con dentro l’inventiva per il cambiamento, come ci ha insegnato Giorgio La Pira.
Mai come in questo periodo frequento il posto a me più caro: la cappella. Mi inginocchio e penso, cerco di farmi venire qualche idea”.
Quali sono le nuove povertà?
♥ “Le solitudini dei senza famiglia, quella degli anziani, le fragilità psichiche e quella nascosta dei tantissimi che si vergognano della povertà. Non lo dicono ma la soffrono.
♦ Anche mio padre e mia madre rientravano in questa categoria di poveri. Papà era invalido, mamma operaia alla Lazzaroni di Saronno. Quando le arrivava lo stipendio la prima cosa che faceva era mettere da parte i soldi dell’affitto. Fatto quello, rimaneva poco. Io vedevo la loro fatica quotidiana. Avevamo solo un piccolo bagno all’aperto sul ballatoio, ma in casa dovevamo girare con le pattine perché mamma non rinunciava alla cera. Questa è la dignità dei poveri”.
fonte: vario web dicembre 2021).