Tropea, venerdì 9 agosto alle 21:30
La vivacità culturale e politica ha fortemente caratterizzato Tropea negli ultimi anni e la comunità tropeana è ora pronta a stringere legami sia informali che istituzionali con le più belle realtà umane del nostro paese
La denominazione di “attivista prodigio” potrebbe essere coniata per descrivere l’impegno sociale del giovanissimo Bernard Dika, classe 1998, insignito nel dicembre 2016 del titolo di Alfiere della Repubblica Italiana dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per le sue numerose battaglie studentesche per un trasporto pubblico migliore, un’edilizia scolastica più sicura e l’impegno nel diffondere tra i giovani i valori della Liberazione e della Costituzione Italiana. Bernard ha partecipato a un incontro pubblico il 9 agosto, nella perla del Tirreno, nel corso di un evento intitolato “Cultura, giovani e lavoro” nel sono intervenuti anche i presidi degli istituti d’istruzione superiore di Tropea e Vibo Valentia prof. Nicolantonio Cutuli e ing. Raffaele Suppa, oltre che l’ex dirigente del liceo tropeano Beatrice Lento, il vicesindaco Roberto Scalfari e il presidente del consiglio comunale Francesco Monteleone.
Nel sentire parlare il giovanissimo attivista, nato vicino Pescia, dotato di una cultura storica vastissima e da giugno 2018 componente – su nomina da parte del Consiglio Regionale della Toscana – del Consiglio di Amministrazione del Parco Nazionale della Pace di Sant’Andrea di Stazzena, ciò che meraviglia maggiormente è quanto le problematiche territoriali toscane – e i sentimenti di angoscia ed entusiasmo che accompagnano insieme la relativa attività politica – siano simili a ciò che è prodotto da disservizi considerati come ostacolo “esclusivo” della vita calabrese. «Da tempo giro le scuole per incitare i ragazzi a mobilitarsi per i temi che dovrebbero stare loro a cuore, parlando loro di storia, di Costituzione. Strutture scolastiche fatiscenti, trasporti pubblici che non ci sono per le periferie: una delle azioni che abbiamo fatto è stata mettere insieme tutti i rappresentanti di istituto, di consulta, del parlamento degli studenti di una determinata provincia all’interno di un’unica assemblea, abbiamo stilato nero su bianco tutte le problematiche strutturali che gli edifici scolastici presentano nel dettaglio e siamo arrivati a presentare questi documenti alle istituzioni locali e ai parlamentari della nostra regione». Quello che traspare di diverso, rispetto alla condizione sociale alla quale siamo abituati nella nostra regione, è proprio l’efficacia della cooperazione: «sei mesi dopo la presentazione di quel documento, una scuola in provincia di Pistoia fu chiusa per dei problemi agli infissi che, dopo piogge intermittenti, avevano reso la scuola inagibile. Contattati da un giornale locale, abbiamo riproposto il nostro report – che aveva “previsto” l’accaduto – che questa volta fu messo in prima pagina. A quel punto le istituzioni si sono sentite incalzate». L’intervento di Bernard a Tropea, in questo senso, si delinea – anche alla luce della presenza dei due presidi al convegno – come un incentivo per i giovani calabresi a prendere seriamente le battaglie da fare e a fare rete con i gruppi che, nelle altre regioni, si mobilitano per le stesse cose: «spero che si possa dare avvio a un “fronte” comune di lotta per servizi che vanno oltre la divisione partitica e che dovrebbero essere di interesse nazionale. Spero di trasmettere lo spirito propositivo che qua abbiamo sempre avuto, un atteggiamento che non si ferma solo alla protesta contingente».
Interessante anche l’intervento dell’Ingegner Suppa che, accogliendo una provocazione del moderatore che aveva sottolineato come i risultati calabresi del test Invalsi fossero inferiori alla media nonostante i fondi pro-capite per l’istruzione siano gli unici – secondo i dati Svimez – ad essere in linea con la media nazionale, spiega come «non c’è nulla di più iniquo di dare risorse uguali a chi parte da condizioni totalmente differenti. Noi abbiamo bisogno di un piano per l’istruzione gigantesco, finanziato in maniera che la scuola non risulti come un capitolo di spesa al pari degli altri». Dobbiamo, insomma, abbandonare il modello aziendalistico della scuola per credere in una scuola che non crei consumatori ma cittadini consapevoli. Come sosteneva Tristano Codignola in assemblea Costituente nella discussione per l’articolo 34, «È stato detto giustamente che il bilancio dell’istruzione deve essere passivo, deve essere in grande passivo; e, tanto più esso è passivo, tanto più uno Stato è civile e si avvia alla conquista della civiltà moderna [..] un capitolo che non rende dal punto di vista della contabilità immediata, ma rende dall’unico punto di vista che deve essere considerato dallo Stato, quello della educazione delle generazioni future». L’attenzione dei convegnisti va dunque a sottolineare quanto era diverso questo approccio dai discorsi di oggi sulla scuola come impresa su cui il bilancio Statale non può sgarrare. Un’azienda che, come le leggi del mercato vogliono, può reperire più fondi solo ottenendo donazioni o convenzioni da privati (che hanno i loro interessi); un’azienda i cui dipendenti possono avere aumenti solo se valutati come “produttivi” da un ambiente che non può, al contrario del ‘mercato’, essere considerato impersonale e imparziale.