San Costantino protagonista del presepe vivente
Il racconto ricordo dell’assessore comunale alla Cultura Agostino Vallone
Il presepe vivente nel racconto ricordo dell’assessore comunale alla Cultura Agostino Vallone
San Costantino di Briatico il 30 dicembre è stata protagonista del presepe vivente, un allestimento popolare che non si rappresentava in paese da molti anni. L’evento è stato il frutto di un faticoso lavoro per dare dignità a quella parte di paese divenuta una vera e propria discarica a cielo aperto. I giovani dell’associazione Eleutheria, guidati da Stefania Aprile, e la comunità parrocchiale, presieduta da don Giuseppe Vitaliano, hanno accolto il numeroso pubblico accorso per l’occasione. La parte storica di San Costantino, quella intorno alla Chiesa Madre e intorno al Palazzo Lombardi Satriani, ha creato una suggestiva cornice scenografica per la riscoperta delle antiche tradizioni culturali. “Le postazioni, come ci racconta l’assessore alla Cultura, Agostino Vallone, riproducevano dei “fermo immagine” di arti e mestieri che la modernità ha fagocitato da tempo. L’annuncio a Maria mentre nei dintorni aleggiava un intenso profumo di pane caldo appena sfornato e riposto nelle ceste. Poi l’orecchio viene attratto dal rumore del martello che batte sull’incudine, rumore che si disperde nel buio della valle del Potàme. L’ammu era lì davanti ai miei occhi, era vivo come una volta e le immagini dei ricordi si sono riaccese: le lavandaie chine sul lavatoio, tra un pettegolezzo e una canzone, massara Mica che aveva terminato il bucato, con la cofana in testa rientrava per stendere i panni; Mastru Ciccio il falegname piallava un pezzo di legno… Non capivo e non sentivo più nulla, continua l’assessore Agostino Vallone, estasiato venivo rapito dai ricordi e seguivo con la mente quella strada che scende giù a valle in località Machineja fino a vedere scorrere il fiume le cui acque muovevano le pale dei mulini. Gli spintoni della folla e la voce della mia nipotina mi riportarono al presente, ma nessuna resistenza ho potuto opporre alla corrente di quella fiumana di persone che mi trascinava come una barchetta di carta facendomi approdare in una stanza sull’ingresso della quale c’era scritto ‘u tilaru. Finalmente padrone di me stesso assistevo al miracolo della tessitura. Il veloce e preciso movimento vermicolare delle dita della signora Maria, l’altalena dei piedi come in due staffe addomesticavano un vecchio telaio che prendeva vita come una marionetta svegliatasi da un lungo letargo. Di fronte al telaio la scena della filatura. Non pago ancora, ho continuato il mio viaggio per giungere al trappito. Poi ancora la preparazione delle caldarroste, la mescita del vino e l’impasto del pane. Ma sono stato calamitato ad un angolo dove ho assistito ad un altro miracolo: le mani di cummari Tina hanno fatto fiorire dal fondo della caddara una soffice tuma ed una deliziosa ricotta appagando i sensi di chi ha avuto la fortuna di assaggiarla nei contenitori di grujiu. Le nuvole si dissolvevano inchinandosi alla luna piena che nel massimo del suo splendore squarciava l’inchiostro del cielo ed illuminava la via a tre cavalieri che andavano alla ricerca di un Re. Essi non si erano fermati in piazza Raffaele Lombardi Satriani dove la gente si era radunata per darsi alle libagioni e al consumo smodato di curujicchi, i nacatuli, i ravioli, il pane caldo caldo con i ziringuli, le ricotte fresche, le caldarroste ed il vino locale. La luna aveva indicato quella parte della città semplice, onesta, povera e laboriosa: l’Ammu uno spaccato di roccia arenaria nel cui ventre si erano ricavate delle grotte che servivano in passato come riparo per le bestie. Quelle grotte erano diventate un tempio perché nell’antro di una di esse un Bambino era stato adagiato in una mangiatoia al freddo e al gelo. Il Natale, poi tutto si è concluso, tra l’applauso della folla, la soddisfazione dell’antropologo Luigi M. Lombardi Satriani e la benedizione finale col Bambinello di Don Giuseppe Vitaliano”.