Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Tutti vogliono avere ragione.
La litigiosità fa quasi parte del nostro Dna e molte volte non riusciamo a stare calmi e far passare il momento “furioso”. Il bello è che succede anche con le persone più care: con i genitori, con i figli, tra fratelli. Anche gli sposi vanno avanti con l’antico adagio “l’amore non è bello se non è litigarello”.
– Papa Francesco con un sorriso raccomanda: “E’ normale che gli sposi litighino, è normale, sarebbe strano di no. Mai, però davanti ai bambini: ne provano angoscia”. – Pensiamoci bene: riusciamo ad immaginare quanti litigi non risolti sono intorno a noi? E ci ricordiamo ancora di quelli che hanno avuto protagonisti noi stessi? Forse li abbiamo dimenticati, perché alla fine non erano così importanti. Il doloroso è che magari hanno lasciato sospetti e divisioni. – A volte, presi dalla voglia di avere ragione, abbiamo dimenticato di riconoscere il nostro torto. Perché le nostre ragioni siano fatte valere, è necessario riconoscere i nostri torti.
In casa di un giudice di pace, a Milano, molti anni fa.
Il primo dei due litiganti parlò a lungo, facendo valere il suo diritto. Quando ebbe finito il giudice disse:
– Ha ragione!
Ma il secondo litigante si lamentò:
– Signor giudice, lei deve sentire anche la mia campana, prima di decidere!
– Più che giusto! – sentenziò il giudice.
♦ Anche il secondo perorò molto bene la sua causa, tanto che alla fine il paciere disse:
– Anche lei ha ragione!
Fu allora che il figlio del giudice smise di giocare, per osservare con estrema semplicità:
– Papà, non possono avere tutti e due ragione: è impossibile!
– Hai ragione anche tu – rispose il giudice.
♥ Come andò a finire?
Non lo so; so soltanto che ciascun uomo ha la sua buona parte di ragione, ma non vuole riconoscere che nella vita ha anche la sua fetta di torto! È per questo che si va male.
(fonte: da Esempi catechistici).
♥ Dice Gesù: “Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione” (Vangelo di Matteo 5,25).