la voce di un intero paese o, quantomeno, della parte migliore di esso
La bella Italia, la bella Calabria, la bella Tropea, sono segnate da negligenze di chi non capisce che si potrebbe vivere di turismo tutti i mesi dell’anno
Smettendo per un attimo le vesti di cronista, indosso quelle di semplice cittadino, sicuro di rappresentare la voce di un intero paese o, quantomeno, della parte migliore di esso.
La nostra bella Tropea, invidiata dai tanti turisti che ogni anno la visitano, affascinati dalle viste mozzafiato dei balconi che si affacciano sull’azzurro del nostro mare, rappresenta oggi uno spettacolo che i nostri amministratori passati presenti e speriamo non futuri continuano a stuprare.
La bella Italia, la bella Calabria, la bella Tropea, sono segnate da negligenze di chi non capisce che si potrebbe vivere di turismo tutti i mesi dell’anno, se solo riuscissero a guardare oltre il loro naso.
Con queste poche righe voglio segnalare, a chi è preposto a porre rimedio, che esiste un angolo di paradiso, la “Spiaggia dell’occhiale”, totalmente deturpato e abbandonato all’incuria del tempo e della natura.
Come è possibile che un parcheggio e la stradina ad esso adiacente, unica via per raggiungere una spiaggia meravigliosa, resti abbandonata da anni senza che nessuno muova un dito?
Sono convinto che, prima di fare manifestazioni e promozioni all’estero per invogliare i possibili vacanzieri a visitarci, bisognerebbe mettere a nuovo il territorio, ripulirlo dalle erbacce e dalle buche nelle strade.
Questa è la vera pubblicità: quando un solo turista che ci visita sarà ben accolto dal punto di vista dei servizi, sarà lui stesso a pubblicizzare la bellezza del territorio tra i suoi conoscenti e non solo, grazie soprattutto ad un mezzo rivoluzionario come Internet.
A Tropea troppo tempo si è perso e troppo ancora se ne perderà per dare la colpa agli altri.
Il futuro è nelle nostre mani. Mani che hanno il diritto ed il dovere di essere numerose. Questo appello è rivolto anche a tutti quelli che pensano che Tropea non abbia futuro: l’imperativo è “fare”, anche sbagliando, perché solo chi non fa niente non sbaglia mai.