I recenti interventi sul Quotidiano degli Avv. Giovanni Macrì e Saverio Ciccarelli, apprezzabilissimi nello sforzo di individuare mali e soluzioni alle complesse problematiche di Tropea, disattendono, a mio modesto avviso, le obiettive condizioni morali di una città che ha perso, in questi ultimi tempi, soprattutto la sua “identità”, dovuta alla mancanza di un progetto che parta dallo stato storico, etico ed antropologico della Città.
Oggi Tropea, mi dispiace non essere d’accordo con il Sindaco Euticchio, è, purtroppo, una città violenta, solcata da profonde ambiguità ed innegabili contraddizioni, che si annidano soprattutto all’interno della pubblica amministrazione. Una cittadina turistica dovrebbe fregiarsi innanzi tutto del marchio della vita, del lavoro, dell’accoglienza. Non è così! I casi di cronaca cruenta, registrati negli ultimi tempi, ci mostrano una Tropea che oscilla tra paure e contraddizioni, chiusure e fenomeni di espansionismo ed abusivismo e promesse di benessere mai realizzate. Tropea da luogo di civiltà è diventato luogo di paure. Dietro un’immagine suadente e florida che ci viene quotidianamente offerta, Tropea maschera conflitti irriducibili ed angosce silenziose. Non è un caso che gli addetti ai lavori registrano come il consumo di droghe a Tropea superi quello della Città Capoluogo, anche nei mesi invernali, e la violenza e la criminalità hanno stabile dimora. Una verità che chiama in causa responsabilità collettive ed in primo luogo quelle dell’istituzione comunale e che non possono essere eluse da generiche affermazioni, riportando a casi individuali ed eccezionali una problematica strutturale che si pasce della mancanza di dialogo ed intesa specie tra i pubblici amministratori. Tropea è una città profondamente ingiusta, discriminante, perché manca chi nei rapporti tra i cittadini si faccia garante di equità, di equilibrio e di civile convivenza. Una città che aspira ad avere il riconoscimento di patrimonio dell’umanità, non può rinunciare a costruire la sua identità partendo dalla lotta ai suoi oscuri devastatori che si annidano all’interno ed all’esterno delle istituzioni. La città delle innumerevoli chiese e dal patrimonio architettonico rilevante non può rinunciare a darsi un volto umano e continuare ad essere preda dell’idolatria della droga e luogo dell’anonimato. Una città turistica deve essere un posto per tutti. E’ la prima regola per lo sviluppo di una comunità non soltanto turistica. Un obiettivo che può essere raggiunto attraverso un progetto di turismo culturale, totalmente assente, che promuova la convivenza nell’incontro cosmopolita con l’altro, con il forestiero. Solo così la comunità si arricchisce di esperienze conoscitive, accresce il senso di appartenenza e le identità locali, promuove la costruzione sociale del territorio e di conseguenza il suo progresso. Oggi, purtroppo, Tropea è un “non luogo”, per usare un’espressione cara al Prof. Teti, neo Assessore Provinciale alla Cultura, a cui va il mio augurio e la convinta solidarietà per il gravoso impegno a cui è stato chiamato. Una Città negata, un posto artificiale, che ignora la naturalità della sua storica nascita e con una sola connotazione edonistica; produrre denaro. Recita la Bibbia: l’uomo giusto salva la città, la giustizia salva la città. All’orizzonte di Tropea non s’intravede né l’uno, né l’altra.
Alfonso Del Vecchio