Thalatta!! Thalatta!! Thalassa!! Thalassa!!

Strade e sentiri al mare dalla Ruffa al Riaci

Da -terra acqua vita- emergenza mare a Santa Domnica di Ricadi

Lo studioso Antonio De Luca - foto Libertino
Lo studioso Antonio De Luca - foto Libertino

PRECEDENTI
Il Comune di Ricadi si è formato, dopo qualche oscillazione territoriale, con la fine del Sedile di Tropea nel primo decennio del 1800, raggruppando ben 8 dei ventiquattro casali dell’ex città dominante. Alla parte che costituisce la sua superficie attuale sempre fu riconosciuta una priorità per la fecondità del terreno e del clima, come pure per la pescosità del mare. Appena formatosi il Comune sul suo territorio a sud della fiumara furono tagliati tutti gli ulivi secolari a favore dei cereali, una scelta sbagliata che causò nei contadini, le cui terre appartenevano sempre a poche famiglie tropeane, una prolungata orribile miseria da costringerli a vivere randagi per sfuggire alle tasse e ci fu la diaspora verso le Casette, oggi San Ferdinando.
Tra le frazioni di Ricadi le più vicine a Tropea sono Santa Domenica e Ciaramiti che insieme sul mare vanno dalla Fiumara Vaticana o Ruffa al torrente Riaci detto anche Campo dalla sponda destra dopo che esce dal vallone di Vitrano, che è anche suo terzo nome, creato tagliando per abrasione il secondo gradone che segue al primo della rupe una volta attraversata a sud la pianura che li separa.
Per la perdita del domino anche oppressivo su tutti i Casali Tropea si addolorò, ma per Santa Domenica e Ciaramiti mai si rassegnò. Alla fine del 1800, grazie anche alla legge elettorale per censo con pochissimi elettori notabili, era sindaco di Ricadi un Barone tropeano e proprietario di fondi in Ricadi, e fece deliberare dallo stesso Consiglio Comunale di Ricadi il distacco di tali due frazioni da Ricadi stessa ed il loro passaggio come aggregazione a Tropea. Il sindaco di una famiglia –nobile- tropeana agiva come mandante di Tropea ove ancora le famiglie nobili dentro o fuori Sedile non si erano rassegnate alla perdita del mini impero tenendo a lungo il potere con apertura agli eredi degli Onorati o borghesi. Ci furono a Ricadi opposizioni di esponenti del luogo con continui ricorsi e contro ricorsi alla sotto prefettura di Monteleone nel merito e nella procedura o validità degli allegati: su alcuni documenti le firme erano spesso false anche perché i presunti firmatari erano analfabeti. La vicenda degna di ricostruzione si concluse nel 1947: il sindaco Lidia Toraldo Serra con un ordine di presentazione stile feudatario militare ingiungeva al sindaco di Ricadi, ad ora e giorno prescritti, di presentarsi nel suo gabinetto presso il Municipio di Tropea, non per discutere, ma solo per apporre la firma su passaggio delle due frazioni a tutti gli effetti al Comune di Tropea. Il sindaco di Ricadi ritenendo irricevibile l’insolenza, fece bene a non degnarla di risposta e comunicò al Prefetto che non intendeva compiere alcun atto che menomasse la estensione e dignità del suo Comune: il Prefetto girò a Tropea la risposta e la partita allora si chiuse. Ci fu ritorno di fiamma, che qui ora si tralascia, anche se la permanenza di sette Comuni così tutti piccoli è un problema che ora serenamente va affrontato, sulla base di assoluta parità, prima che si debba fare per superiore e logica coercizione di una auspicabile legge nazionale che in tale visione potrebbe abolire i doppioni delle province perché i cittadini sono angariati dalla spartizione delle competenze relative ad una stessa pratica tra Comuni, Province, Regioni, Parchi marini e montani con tutto quello che comporta di lungaggine e diversità di interpretazioni oltre che di gelosia tra di loro: lo sportello unico per ogni esigenza del cittadino.

SANTA DOMENICA E CIARAMITI
Come accennato, il loro territorio va sul fronte mare, che costituisce il primo gradone del terrazzamento più chiaro a nord est, dalla foce della Fiumara Vaticana o Ruffa che le separa col suo profondo percorso dalle frazioni dello stesso Comune alla sua sinistra, a quella del torrente Riaci che separa le stesse due frazioni ed il Comune di loro appartenenza dal Comune di Tropea. Le due frazioni poi a mezzogiorno col loro territorio, dopo la pianura che si alza con lieve pendio, raggiungono e superano con Ciaramiti il secondo gradone che le mette accanto a Brattirò, frazione di Drapia sul secondo pianoro dopo il secondo gradone. Mare rupe pianura e collina: felice disposizione naturale che interessa quattro Comuni del comprensorio di Tropea, anche se diviso in sette Comuni che in rapporto al turismo si guardano con emulazione che sconfina in invidia e sarcasmo come se fossero – I Sette contro Sette alle mura di Tebe -. E neanche abbozzano ipotesi di intesa su aspetti strategici che vengono loro imposti dall’esterno con risultati fallimentari ed aggravio moroso dei loro bilanci, come è avvenuto per la depurazione. Ed i risultati negativi si leggono già sul piano generale della decadenza su un territorio generalmente a rischio non lieve in ogni suo aspetto, comprese viabilità e balneazione condizionata dall’inquinamento, per gli stessi operatori diretti e per tutte le attività commerciali e terziarie che dipendono strettamente dalla presenza di turisti con esigenze e mete che cambiano per molteplici ed economiche offerte da tutto il mondo e chi non sa star dietro per costo e qualità è obsoleto senza saperlo.
É finito il tempo dello spontaneismo sulle nostre spiagge dovunque accessibili e fruibili, chi rimane deluso e sono la maggior parte, trova alternativa più economica anche a 10.000 chilometri più facili ed economici di 1.000 in Italia.

L’ACCESSO AL MARE ED ALLE SPIAGGE
Talatta! Talatta!, Talassa! Talassa! gridarono i superstiti dei 10.000 mercenari greci che si erano portati nell’Anatolia orientale nella guerra per la successione al trono di Dario. Sbandati e guidati da Senofonte per la morte del loro generale dopo una tragica Anabasi gioivano non perché in vacanza, ma perché arrivando al Mar Nero a Trebisonda (Trabzon turca) potevano sperare in un facile rientro in Grecia dopo tante disgrazie che li avevano decimati dopo la battaglia di Cunassa nel 401 a.C.
Così esclamano nella nostra zona tanti ospiti turisti quando finalmente riescono con peripezie ad arrivare ad una spiaggia e parcheggiare con difficoltà e speranza di poter entrare nell’acqua senza motoscafi che sfiorano la battigia….

STATO DI FATTO
Il fronte mare di Santa Domenica per come indicato ha l’altezza media di 45 metri con rupe perpendicolare che in pochi punti consente un sentiero scalinata per accedere alla spiaggia, condizione difficile per la famiglia con bambini. Sotto tale rupe troviamo per lunghi tratti esile spiaggia con scogliera tufacea caduta e battuta dal mare a pochi metri, percorribile da una foce all’altra ormai con difficoltà per condizioni naturali rinnovatesi di recente ed anche artificiali poste nel tentativo di difendersi dalle mareggiate. Solo a Riaci e Formicoli ancora e per poco la spiaggia si allarga tra rupe e battigia.
Il vero problema è pertanto la estenuante difficoltà di accesso alla spiaggia su tale tratto di costa che si sviluppa a nord est di Capo Vaticano prima del quale si trova la lunga striscia del Tono a sinistra della Fiumara, con davanti al largo lo scoglio ardito Vadaro e davanti alla foce a 58 chilometri lo Stromboli, distanza minima tra la Calabria e lo stesso.
Dalla foce seguono a destra:
Turiano–Torre Marino–Larbona-Formicoli-Torre Balì- Riaci.
Questo tratto di litorale fronteggia lo scoglio detto Grande preceduto da uno scoglio ardito detto Piccolo, questo compatto di fronte ai marosi, quello prossimo a rovina con ricadute traumatiche di drastica riduzione sulla estensione dell’arenile alla foce del torrente stesso.
In ognuna di queste località, Turiano in particolare, ci sono tracce archeologiche di interesse che superano il luogo proprio di collocazione.
Santa Domenica e tutte le sue attività commerciali dalla rupe alla collina hanno necessità che le dette spiagge siano servite di accessi decenti, tenute ordinate e fruibili dagli ospiti turisti, compresi gli emigrati in ferie ed i loro parenti ed affini rimasti qui col cuore attaccati anche se magari nati al nord: questi possono essere una risorsa permanente e trascinante. Per essi tutti una permanenza felice e ripetibile anche e soprattutto nella ricettività sparsa e variegata che si sviluppa su questo territorio tra la rupe e la collina è la migliore pubblicità che non le inutili spese di parate artificiali che di folcloristico e culturale non hanno niente. Il villaggio turistico impacchetta in un involucro predefinito di condizioni ormai simile in tutto il mondo con orari e percorsi standard. Solo la permanenza sparsa può attivare i vari esercizi commerciali e per essere funzionale ed attiva anche chi non sta in un villaggio sul mare con accesso esclusivo ed a circuito economico chiuso, deve avere facilità di accesso al mare, anche parcheggio a distanza moderata dallo stesso ed a prezzo equo. Diversamente la vacanza si trasforma in ricerca del decantato ma inaccessibile mare e quando si arriva si trova caos in tutti i sensi, e non ci meravigliamo se tanti allora si fermano lontano su quelle spiagge formicaio standard dove noi mai andremmo, ma lì loro trovano attenzione e certezza di trattamento che noi non garantiamo, e li ripaga dell’affollamento. Con il territorio così definito è logico che gli accessi pubblici al mare sono sempre state sempre le aperture che il corso dei torrenti hanno operato incidendo la rupe del primo gradino in milioni di anni al livello del mare e facendolo così diventare – poro- passaggio verso la spiaggia dove i nostri nonni portavano pure le mucche e dove quando arrivavano le donne con indiscusso pudore essi -per rispetto- si ritraevano dalla spiaggia. Non si chiede certo questo, ma rispettare i diritti sempre esercitati adeguandoli alla nostra economia, diventa oggi ora una scelta amministrativa obbligata per fermare il declino che sta paralizzando tanti esercizi commerciali. Se non si provvede subito ad affrontare con decisione responsabile lo stato di fatto penoso, la crisi che da diversi anni attacca questo centro che sta vedendo sfumare un turismo che pareva sempre crescente si aggraverà. La salita sull’albero è lenta, la caduta veloce e mortale.
Esaminando il tratto di strada Tropea-Spilinga dal torrente Riaci alla Fiumara Ruffa, per chi non conosce i luoghi nessun segnale indica un accesso al mare con spiaggia libera, come si fa per un monumento civile e religioso e per noi il mare li riassume entrambi ai fini economici aldilà delle solite decantate bellezze.
In mancanza di segnali quali sono gli accessi possibili, esistenti e migliorabili in base al diritto naturale consolidato pari al -diritto delle genti-?

LUNGO IL TORRENTE RIACI
Tra Tropea e Santa Domenica si apre il percorso del torrente Riaci che esce da Vitrano e portava facilmente al mare tutti gli abitanti della zona su entrambi i lati, anche dalla collina. Dopo la ferrovia ed il ponte tunnel tra Tropea e Santa Domenica a sinistra incrocia la –Vai i l’acqua- che passa sotto il ponte ora dismesso di Milliligghj, a destra incrociava un’altra valletta, ora colmata. L’antico collegamento tra Tropea ed il suo Casale, prima che si costruisse il ponte in trincea che ha superato il Riaci, la attraversava in discesa e attraversando il Riaci, continuava in salita lungo la – Vai i l’acqua- e prima quindi del ponticello Milliligghj, affrontava ancora la salita per Santa Domenica nel 1890 tagliata dalla ferrovia progettata dall’ing. Paolo Cornaglia, ai cui studi dovremmo tornare per comprendere l’attuale erosione del litorale. Nel punto in cui la stradella usciva a destra dal corso della – Vai i l’acqua- ci sono i resti del muro di sostegno dopo il cancello del campeggio.
A sinistra del ponte di Milliligghj e subito a destra dopo il cancello del – Villaggio Tropea Baia di Riaci – che esibisce come logos la vela al vento, noto come campeggio Riaci e prima dello stesso sorto nel 1969, si scendeva nel corso terminale della Valle dell’Acqua ( a Vai i l’acqua ) dopo i Mirri ed un viottolo sempre percorribile da millenni esistente ( a tempore cuius memoria non existit) passava sotto l’acquedotto che dopo la vasca di Pascali Angara con andamento a tornante portava l’acqua del Riaci alla vasca che ancora esiste all’inizio di detto Campeggio. Tale ultima vasca ne fronteggia un’altra lato Tropea ancora più antica accanto ad un trappeto ora sotto terra per manomissione dei luoghi dovuta a spianamento. Sotto le vasche si svoltava per il mare percorrendo il letto del torrente al termine del quale dentro un canale intagliato nella roccia si accedeva alla spiaggia. Tale percorso era dentro la natura con mandorli, aranci, fichi d’India, euforbia e la stratificazione della roccia appariva netta quando si passava in una stretta gola con le pareti a qualche metro. La strada rotabile ricavata per servizio del campeggio al mare ha inibito e rovinato tale percorso pedonale che si svolgeva sempre all’ombra e divenne impraticabile con tutto quello che fu rovesciato nel torrente per migliaia di metri cubi. Al termine del torrente fu rotto il canale intagliato facente parte di un’opera di ingegneria idraulica unico forse al mondo per la sua originalità favorita dalla natura. Rovinato l’antico percorso il diritto per tutti a passare si trasferì di fatto sul nuovo percorso dove legittimamente e tacitamente si era trasferito l’accesso al mare senza obiezioni mai da parte della proprietà, che si era resa conto di tanto e quasi esibiva per cortesia un suo obbligo.
La chiusura da anni dell’attività della struttura ha interrotto il passaggio sul nuovo percorso, né le condizioni di spavento ormai (discariche e fogne nel Riaci da tutti i punti cardinali vanno a pascere gli Dei della costa che così diventa per i nostri falsari – La Costa degli Dei – ai quali per mutazione genetica nelle loro coppe Gaminede non versa ora nettare ma fogna e pesticidi: come per ogni torrente della nostra deificata costa) consentono il ripristino dell’antico, privando tutti i cittadini e turisti di una possibilità in più al mare verso uno sbocco che mette a disposizione tutta la spiaggia e scogliera veramente incantata verso destra e Tropea fino alle Petri i mulinu ed a sinistra fino allo Scoglio Grande. L’Amministrazione deve tutelare il principio che la chiusura della struttura ricettiva è un momento pertinente alla proprietà, il diritto pubblico di passaggio e ben un’altra ed è pertinente ad un pubblico diritto da difendere dalla stessa Amministrazione nella quale si riconoscono i cittadini e responsabile nel provvedere al ripristino e nell’occasione si può andare ben oltre pensando alla premessa. Entrando lo spazio a sinistra va bene espropriato per parcheggio e l’intero percorso usato per accesso pedonale al mare gravando su di esso tale diritto non solo per i precedenti, ma anche perché nell’ultimo tratto si posa sul pubblico demanio del torrente dove già si passava a tale scopo. Migliaia di bagnanti possono trovare spazio a destra e sinistra della foce del Riaci sulla spiaggia migliore della Calabria per sabbia e scogliera: uno spot della Regione si concludeva mostrando con tecnica di messaggio subliminale il mare, gli scogli e la rupe verso Tropea. Non per caso nel 1720 il cronista tropeano abate Francesco Sergio si diffonde su questi luoghi dicendoli da tutti in estate ricercati e -mirabile dictu!- prefigurando a suo modo la valenza turistica!! – Qui tra scogli, sassi e alta rupe in mezzo al litorale marittimo si arriva al promontorio di Riaci. …Qui vi sono molti luoghi per la stagione estiva assai opportuni piene di splendide delizie, chiamati l’Altaretto, la Tavole, l’Arco di Riaci. Qui è chiaro che la natura ha regalato ai suoi abitanti naturali queste delizie, per rifocillare il loro animo durante le calure estive godendo di esse. Concedersi all’ozio con decoro e ricreazione dei cittadini che numerosi da Tropea qui arrivano per loro svago che non manca in questi luoghi….
Non lontano da qui vi è l’isolotto di Riaci circondato dalla cave di mole per la costruzione dei mulini. -Ma-i naturali- che la natura ha privilegiato chiedono che si ripristini subito l’accesso alla loro fruibilità. Bisogna in questo momento assumere impegni precisi e prioritari in tal senso.

LA STRADA VERSO LO SCOGLIO GRANDE
2) A cento metri verso la ferrovia ha inizio la strada recente che porta di fronte allo Scoglio Grande con una condizione critica e pericolosa della quale non si vuole di fatto prendere atto. Fino a quando non ci saranno morti e le solite inchieste. La letteratura e la geologia che vanno tenute presenti quando si intacca il territorio come fa il chirurgo con l’anamnesi del malato prima di usare il bisturi, ci ricordano che lì in discesa c’era una fontanella d’estate gocciolante ma per la posizione oasi nel deserto. Tuta la rupe da Tropea a Torre Marino si compone per la natura della sua formazione, di due strati sovrapposti come due libri con le relative centinaia di pagine. Tra i due corpi sovrapposti ed orizzontali c’è in quel punto un distacco argilloso ed umido che fa slittare quello superiore come una barca sulle falanghe ingrassate su quello inferiore e verso il mare. Non è un caso che solo in quel punto preciso lo strato superiore è arretrato rispetto all’inizio ed alla fine del primo tornante. Il taglio e smussamento notevole operato per la pista in discesa ha indebolito il fianco di tal natura sulla sinistra che non più inclinato fino alla curva tende a scendere sgretolandosi con regolarità inarrestabile fino allo spuntone finale alto, accelerandone lo sgretolamento della parte superiore e sporgente destinato a cadere, come quelli dall’alto di Zaccanopoli cadono nella Grazia del depuratore, posto lì senza anamnesi storica e geologica. Entrambi i casi sono un vulnus nel corpo di un emofiliaco e non guarirà mai. Cosa fare? E’ sempre compito dell’Amministrazione Comunale che non si può limitare a strisce colorate e paletti che segnalano il pericolo con cittadini e turisti che non vedono il divieto di accesso ben esposto non avendo alternativa: si assolvono, loro soltanto, per aver agito in stato di necessità. Gli eventuali lavori di – messa in sicurezza- sarebbero assai impegnativi e dovendo procedere con prudenza per i manufatti edilizi da ogni parte adiacenti, veramente assai costosi. Magari per arrivare ad una spiaggia che sta rischiando la fine: senza la protezione della scogliera artificiale a sinistra dello scoglio sarebbe già arrivata.

LE CALETTE VICINE AL CENTRO ABITATO
Sotto passando la ferrovia dal centro o dal ponte detto Rebus si può accedere al mare da una gradinata: essa è posata in punto alto della rupe e comunque offre a chi preferisce tale situazione un accesso diretto dal centro, il problema nasce al suo termine dove il mare ormai tocca la rupe e se un poco è mosso provoca l’assenza di arenile che va cercato con difficoltà spostandosi tra scogli precipitati. Soluzione impossibile per i bambini. L’altra più avanti del Rebus, di fatto ora impraticabile presenta gli stessi problemi: il mare dopo essere stato separato dalla rupe dalla striscia alluvionale , scomparsa questa, torna a combatterla e farla arretrare.

FORMICOLI
4) Al mare di Formicoli un tempo si arrivava con un sentiero lato sinistro da dove passava l’acquedotto che dal ponte della ferrovia alimentava la vasca dopo la chiesa. Poi e stato l’attuale tracciati a destra del torrente Vrace che porta ad un parcheggio da solo insufficiente alla richiesta. Qui bisogna cercare il modo di integrare per evitare condizioni non auspicabili. Ma la calata a mare può all’improvviso creare sorprese con interruzioni sia sul fronte destro su cui è Biluscia, sia dal lato sinistro dove sono possibili frane verso il vallone. Tale accesso va rimodulato allargandolo a destra ed accrescendo la capienza alla fine.

TORRE MARINO
5 ) Qui l’erosione ha prodotto gli stessi scenari, ed ormai sotto Torre Marino il mare ha ripreso a tagliare la base debole della rupe preparando i crolli per ingrottamento. Qui il fronte si ritrae ed è coperto da vegetazione abbassandosi verso la Ruffa. Esiste un accesso al mare che sfrutta un ripiegamento della cima della costa non più rupestre verso il fronte basso dell’interessante sito di Turiano. Non ci può essere spazio per le auto facendo dopo la difficile discesa, ma la possibilità di un parcheggio presso la torre potrebbe essere presa anche da un privato.

TORRE RUFFA
6 ) L’accesso a mare del tratto terminale della Fiumara Ruffa dispone di uno spazio apprezzabile ma abbandonato all’incuria ed alla polvere. La sosta di poche auto in senso disordinato impedisce quella di almeno cento su se l’area fosse razionalizzata. Questa ipotesi non può essere portata avanti senza un sicuro consolidamento dell’alveo del torrente dal piccolo ponte stradale in poi, tenendo conto della recente pericolosa evoluzione del suo corso da studiare bene prima di ogni intervento in rapporto alle attività consolidate ai suoi lati in detto tratto.

IL PARCO MARINO
Con questa condizione biologica del mare c’è chi vuole sperperare denaro pubblico per proclamare sulla carta un parco biologico marino davanti a tutto Capo Vaticano forse per meglio proteggere i bilioni di virus e batteri tra il Mesima e l’Angitola, e creare fittizi ed elettorali posti di sottogoverno. I due fiumi sono vere cloache nonostante la spesa di decine di milioni di euro in depuratori dalla dubbia efficacia: prima del parco bisogna far arrivare le acque pulite al mare ed ai coralli sulla secca storica di fronte a Capo Vaticano. SOLA TROPEA PISCICULOS MURES CAPIT, SI DICEVA, MA CON TUTTE LE FOGNE NEL MARE INTORNO A TROPEA E SUL SUO TERRENO SPARSE I SURICI DI MARE SONO SONO PIU’ SIMILI AI TOPI DI FOGNA DELLA CITTA’ CHE PUO’ COSI’ SOSTITUIRE IL MARE PER I PESCATORI. I nostri signori amministratori irresponsabili non facciano finta di niente , e si vergognino di fronte ai cittadini disinformati e noi siamo pronti ad offrire le prove inconfutabili.

CONCLUSIONE
QUESTO CENTRO RISCHIA VERAMENTE DOPO LA CHIUSURA DEL VILLAGGIO -BAIA DI TROPEA- E RELATIVO ACCESSO A MARE ELIMINATO DOPO SECOLI, DI TROVARSI DI COLPO E MAGARI IN ESTATE CON TUTTE LE SPIAGGE INACCESSIBILI E CHIUSE CON CONSEGUENZA AGONIA DI TUTTE LE ATTIVIA’ COMMERCIALI.

TOPONIMI
Il turista indipendente e ricercatore delle sopravvissute presenze naturali di flora e fauna o manufatti archeologici operanti per le attività presenti nel passato e che non debbono essere necessariamente greci o romani, fa spesso domande su questi argomenti ed anche tanti chiedono l’origine dei nomi che indicano le località o ne chiedono il senso e l’origine quando sentono i riferimenti ai luoghi pronunciati da chi qui è nato e cresciuto, anche se qualcuno arriva con conoscenze tali che qui può diventare il nostro maestro, e spesso dimostra di aver chiaramente presenti gli studi del Rholfs.
A titolo qui solo esemplificativo diamo la spiegazione di alcuni toponimi che spesso usiamo senza chiederci la loro origine che può essere recente e locale e particolare, ma anche antica ed universale: in ogni caso essa segnala di ogni cosa l’aspetto appariscente che le da il nome, quando non anche ciò la sostanza. Si precisa che le presenti note sono tratte dal nostro lavoro generale di prossima edizione ed è vietata la riproduzione di testo e foto.

Ricadi, la torre acquaria del mulino Porticello
Ricadi, la torre acquaria del mulino Porticello

PORTICELLO: si indica il torrente che formandosi da Panaia e dal Poro di Coccorino delimita Ricadi da Joppolo. Sul ramo ripido del Poro di Coccorino muoveva i mulini con un sistema di vasche ora tutto scomparso, tale frazione faceva parte della Diocesi di Tropea, ma apparteneva a Joppolo.
Il torrente ha mutuato il nome dal mare alla sua foce che riparato da tutti i venti, tranne quelli sciroccali africani, si prestava alla sosta delle navi nella notte quando il cabotaggio imponeva il fermo, oppure per venti e corrente contrari anche di giorno non potevano superare Capo Vaticano. Porto succursale, piccolo porto, il grande era la baia di Tropea, presso il quale sostavano le navi per difficoltà inverse, qui c’era il provveditore per l’acqua mentre al Porticello lo stesso torrente limpido (allora !! oggi fogna e zanzare) poteva permettere alle navi di fare l’acquata.
VATICANO: Capo Vaticano, Torrente Vaticano. Su questo toponimo si sono esibite varie strane fantasie, che tali rimangono fino a quando non hanno un minimo di manifestata fondatezza. Chi da un’indicazione deve mostrare almeno un indizio come ipotesi non inventata. Questa non hanno nè- batticani-né vaticinium-. In una lettera del Papa verso il VI secolo viene raccomandato un piccolo eremo che nel Brutium si trovava -apud Vulcanum-, di fronte al vulcano Stromboli, si può leggere e dedurre poi per corruzzione – Capo Vaticano-, è ipotesi da verificare.
TONO: Si indica la striscia dietro l’arenile dalla sinistra della Ruffa al promontorio vaticano. Guardando dall’alto di questo dove ci sono i resti della torre e la base per il puntamento del cannone, è evidente la sua provvisorietà di fronte al mare. Durante le piene presso il mare la fiumara scorre veloce e al suo interno rotolano le pietre ovalizzate (The Rolling Stones) arrivate dopo un percorso anche plurimillenario.
Trascinate in corsa si urtano e producono un rimbombo o tuono continuo e ritmato come un robusto sottofondo musicale allo spettacolo dell’acqua torbida in corsa: sembra un forte e continuo singhiozzo che si spande tutt’intorno: pantagia. Tale rumore- risonante tutt’intorno dall’interno dell’acqua- come un forte lamento da tutto il corpo dolorante- pantagìa – si spande sul lato del -Tono- per la costa bassa, mentre verso Turiano il saliente lo attenua, anche perché si verifica prima del ponticello che supera la fiumara verso la struttura turistica a destra. I Calcidesi guidati da Lamis colonizzarono la località di Trotilo nell’VIII secolo presso l’attuale porto canale di Brucoli dove si chiude il golfo di Catania. Il fiume che forma tale canale viene chiamato Pantagio – rimbombante tonante tutt’intorno- ed infastidiva Cerere che alla ricerca della figlia Proserpina rapita da Plutone provò a zittirlo e poi venne a cercarla sul Poro. La Ruffa non deve essere zittita ma il suo attuale corso spaventa più che il brutto Plutone la fanciulla Proserpina.
TURIANO: Toponimo che risale anche a 2500 anni addietro ed è collegato alle pietre rotolanti e tonanti della fiumara che lo resero possibile. A destra della sua foce dopo le strutture Baia del Sole, Torre Marino, Cala di Volpe esiste sulla battigia una piastra naturale di vivo granito larga e lunga circa 300 metri. Il granito da qui a Bordila raramente interrompe la monotonia del calcare responsabile, con la sua erosione e scomparsa, dell’arretramento in assoluto della costa da milioni di anni: dove si presenta il granito difende a lungo il calcare e poi rimane come scoglio nel mare.
Dall’inizio della piastra a nord alla foce si chiama Turiano che significa semplicemente che su di essa verso l’inizio del IV secolo a. C. furono costruite una serie di piccole torri a tholos formanti una fortezza marittima per evitare sbarchi verso Hipponium o interdire la navigazione nei due sensi a seconda di chi controllava la fortezza: Italioti della Magna Grecia o Tiranni di Siracusa , Brtti o Etruschi. Siamo esattamente nel punto più stretto fra la costa e Stromboli ed Etruschi può significare -Costruttori di torri – secondo la tecnica greca, per la loro probabile origine dalla Ionia anatolica. Turiano vale allora una -Turriata-come da arancio–aranceto- . La piastra su cui sorgono i resti circolari delle torri oggi si trova come battigia, era più arretrata ed alta rispetto al mare 2500 anni fa e si abbassò per bradisismo locale che dai manufatti si nota in più punti, e poi fu coperta dai detriti facendola scomparire. Il ritorno del mare che ancora avanza ha scoperto la piastra rimasta bassa con la base circolare delle torri costruite su fondazione naturale come tutti i grandi edifici greci e le mura di Tropea. Data l’abbondanza di pietre di ogni forma e dimensione, senza bisogno di modellarle, che la fiumara offriva alla sua foce da milioni di anni, le torri furono facilmente innalzate come quelle che gli Ateniesi eressero nel golfo di Pilo sulla costa occidentale della Morea durante la guerra del Peloponneso, sul meridiano di Siracusa, dalla quale proprio con inversione rispetto a prima dovette difendersi Hipponium al tempo di Agatocle e fallimento dell’impero marittimo a nord. Tucidide Libro IV-3-4-.:- E -gli Ateniesi- iniziata la costruzione delle torri, le completavano, sebbene non avessero arnesi di ferro per lavorare le pietre, ma dovettero portare i sassi che avevano scelto apposta, e li aggiustavano insieme come meglio ciascuno combaciava-. Se la lettura della piastra è vera si può notare che le pietre disposte a circolo e che il mare sta sfaldando, non portano segni di scalpello. All’inizio del terzo secoloTuriano era una –fortezza marittima- che impediva ad Agatocle di passare per mare per prendere Hipponium ed incaricò l’ammiraglio Stilpone di eliminare le fortezze costiere che facevano da – monitore- alla sua flotta. Dalla lettura del primo capitolo del volume della Rubbettino su Tropea si può dedurre che Turiano era l’obiettivo, anche se la flotta di Stilpone fu battuta dalla tempesta contro la costa, sorte toccata a tanti comandanti anche in seguito per non conoscere il mare nel basso Tirreno.
TORRE MARINO. Nome della torre che si guardava con quella di Capo Vaticano e della Ruffa a sud e con Torre Crescente a nord sulla Pissione di fronte alle Formicole lato Vrace ed anche con Torre Balì. Oggi poco leggibileinglobata in struttura residenziale. Il mare taglia la base della sua roccia velocemente.
FORMICOLI: Nome del gruppo di scogli affioranti a sinistra della foce della Vrace che insieme assumono la forma delle chele di un granchio sommerso. Niente a che vedere con Porto Ercole di Strabone o Plinio. Dall’esame corografico dei due autori Porto Ercole indica esattamente l’antica baia di Tropea nella originaria espansione unitamente all’insediamento sullo scoglio allora per tre quinti toccato da mare in profondità. Erodoto usa per la prima volta il termine greco – mirmeco = formica – per indicare tale tipologia di scogli affioranti e pericolosi per le navi, specie nelle fasi concitate di una battaglia navale con inseguimento. Il toponimo si ricollega a Mirmidoni e rimanda al mito con diverse varianti, ed Omero indica decine di volte con tale appellativo i soldati di Achille. Non sono i soli in Italia che hanno tale nome.
Lo stesso Sergio ironizza su tale credenza del porto e fa notare che per un approdo non si può scegliere un sito esposto a tutti i venti, anche sciroccali. Sulla rupe della Pissione che li sovrasta lo stesso ricorda la Torre Crescente si vedono i resti che segnano l’indizio della friabilità di tale roccia tanto arretrata in breve tempo.
VRACE: Nome del ruscello che da est di Ciaramiti va al mare e tagliando la collina pietrosa trascina spezzoni abrasivi che hanno affondato lo strato calcareo dalla ferrovia al mare. Non per caso il ponte è appoggiato al termine di tale strato ed all’inizio del granito che alzandosi regge il piccolo centro al termine della collina cui segue il pianoro fino a Brattirò. Vrace è corruzione di Riaci. Il suo vallone dal ponte al mare per la sua larghezza e lunghezza è oltremodo valido per un porticciolo turistico facendovi entrare il mare: il costo sarebbe dieci volte minore di soluzione diversa a parità di capienza. Certamente nei lunghi millenni, per abbassamento della costa più che per l’innalzarsi del mare,
tale canyon è stato un fiordo e tale si prepara a tornare diventando porto come a Brucoli dove sbocca il Pantagio ricordato per i tuoni della Ruffa.
MILLILIGGHJ: Soprannome dato ad un reduce dalle avventure africane di fine 1800 contro la dinastia dei Menelik, abitante nei pressi del ponte
MIRRI: Una madre di numerosa prole, nipoti e pronipoti che abitava presso il detto ponte per dire che erano tanti in quella famiglia allargata diceva che erano – na murra- da cui derivò -i Mirri-
PASCALI ANGARA: Ultimo di tal nome- Saragò Pasquale- con casa vicino al ponte. Caratterizzato già nel nonno e bisnonno per lìaspetto bello coma un arancio si passò a chiamarlo Angara da arangara appunto arancia ed arancio.
RIACI: E’ il torrente che divide Tropea da Santa Domenica dalla collina di Vitrano (suo secondo nome) fino al mare lasciando a destra il Campo (suo terzo nome): poca acqua che scorre veloce in pendenza. Tanti ruscelli in Calabria hanno tale nome, come il Burmeria di Tropea da Torre Galli al ponte fra Gasponi e Drapia. Per secoli ha alimentato dieci vasche, qualcuna ancora attiva.
La sua originalità sta nel punto in cui esce dal vallone tra lo Scoglio Grande a sinistra e gli scogli di Cacaricà a destra: ha tagliato strettamente ed in profondità la dura calcarenite, consentendo un facile sbarramento della sua acqua torbida per fertilizzare la terra a sinistra con opera purtroppo ruspata per la strada a mare.
PETRI I MULINU: Nome di alcune ciambelle col buco di roccia concrezionata
che estratte hanno lasciati sugli scogli di tal natura la cavità circolare. Queste sono da Tropea a Riaci migliaia a pelo d’acqua o sotto di poco per bradisismi limitati a minuscoli tratti. Si trovano a destra e sinistra dello Scoglio Grande, sotto Pirreo fino alla zona detta appunto – Petri i mulinu- ed anche se dal Passo del Cavaliere all’Isola non si notano, sappiamo dal Sergio che pur si estraevano ed egli le chiama – molae molendinorum-. Gli scalpellini ( picadores ) che le estraevano erano di Alafito sulla costa di fronte a Drapia, con particolare tecnica di intaglio circolare prima e poi di estrazione con dei cunei che bagnati le spingevano fuori. Ma esse non servivano come mole da macina né per mulino e né per trappeto: per la loro natura si sarebbero sbriciolate al primo giro. Servivano per le torri acquarie dei mulini da porre sopra il blocco di granito perforato alla loro base con l’acqua che in percorso sempre più stretto acquistava forza contro le palette del cannearu. Pietre per costruire i mulini. La maggior parte però imbarcata prendeva destinazioni lontane dove inanellate una sull’altra con al centro un palo ed intonacate diventavano colonne di maestosi edifici in alternativa al marmo. La loro estrazione da tremila anni era praticata dai Greci per il loro templi e reggie quando non usavano colonne di legno. Recuperate dalle rovine dei templi o demolendo gli stessi ( i Talebani sono sempre esistiti ) si riciclavano per costruire i muri delle fortezze. In Largo Vaccari a Tropea la scrostatura di un edifico ha mostrato quattro piccole colonne così realizzate e nel nostro mare ci sono le forme corrispondenti: nella Santorino pre esplosione gli scavi hanno mostrato identica fattura che l’autore tropeano ha emulato.
LUMIA: Il Lumia o la Lumia è il rigagnolo da un secolo sotto la Ripicella non più pubblica di Tropea: Tale voce è ripetutamente usata dal poeta albanese Naim Frasceri che indica l’acqua benedetta che viene dal cielo, dono di Dio. Così la chiama quando nel suo poema religioso- Qerbalaja -ci presenta la battaglia per l’acqua nello scontro di Karbala che diede inizio allo Sciismo contro i Sunniti ortodossi, nell’anno 61 dall’Egira, il 10 ottobre 680 dell’era cristiana presso l’Eufrate. Non c’è letteratura migliore contro coloro che vogliono trasformare l’acqua in fonte di profitto losco. Il Lumia non muove alcun mulino, per precisare!
TROPEA: Anche su questo toponimo, a mio avviso, si è esercitata la retorica senza fondamento. Con relazione alla baia l’insediamento assai antico sul pianoro scoglio in simbiosi si chiamava Porto Ercole. Se Tropea avesse tratto il suo nome da una qualunque variante del greco -trepo- volgo indietro- con decine di significati, tale nome noi avremmo trovato nella letteratura già da oltre duemila anni, essendo accertato dagli scavi appunto l’insediamento notevole sullo scoglio sopra il porto. Il nome compare per la prima volta su una lapide paleocristiana che era finita sotto la torre lunga del demolito castello di Tropea che già nei primi secoli divenne forse riferimento principale della nuova religione nel Bruzio grazie alla presenza del porto che propiziava un centro già esistente in rapporto con il Poro. Ma da dove fu tratto?
Non certo dai trofei che lo avrebbero segnato con tale nome perché mai usato prima di allora: in Grecia esistono varie località che così si chiamano ed una esattamente – Tropea- a sinistra della strada che da Pirgos ed Olimpia di fronte alla Calabria porta nell’Argolide sul basso Egeo. Forse gli emissari pontifici che curavano i beni della – Massa insieme di beni trapeiana- furono impressionati dal cambio di venti e correnti, o forse da lontano nel mare notando la rupe che da esso direttamente si staccava fino alla foce antica del Lumia, poterono paragonarla alla pericolosa, per l’uso, Rupe Tarpeia, nel qual caso per metatesi è pronta la voce Trapeia, che si trova come primo appellativo di ciò che la rupe accoglie ed una volta serrava con opere che le altre città custodiscono e qui si demoliscono perché non antiche, ma vecchie.

 

Antonio De Luca

Condividi l'articolo