Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Seid, ragazzo etiope, ci lascia un duro richiamo.
– Ci ha lasciati. Si è tolto la vita, Seid Visin. Aveva solo vent’anni.
– Etiope di nascita, poi adottato da una coppia di Nocera Inferiore (SA) che lo ha colmato di amore, si è ritrovato, crescendo, a subire lo sguardo di chi lo ha disprezzato e discriminato per il colore della pelle.
– Pesanti le parole scritte nella sua lettera di congedo. Esse pendono al collo dei razzisti, come la macina di Matteo 18,6: “Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina e gettato in mare”. C’è da riflettere finché si è in tempo.
– Le parole di Seid sono come uno schiaffo che brucia, maledettamente. Ma a volte ci sono schiaffi utili, speriamo.
– Questa lettera possa aprire gli occhi a quanti, fra noi, vivono nell’odio e nell’indifferenza.
♦ In un sabato quasi d’estate, di fine scuola, e con nell’aria un principio di nuova speranza – che l’epidemia stia finendo, che il Paese riparta – c’è una lettera sul web, che mette il freddo addosso.
♦ L’ha scritta un ragazzo di 20 anni, italiano, cresciuto in Italia ma etiope di nascita, un giovane ex calciatore delle giovanili del Milan, che si è ucciso. È quella di Seid Visin, una lettera molto bella, e terribile. La lettera di un ragazzo nero a un Paese che ha visto cambiare.
♦ Una lettera all’Italia dell’anno 2021, scritta nel 2018.
Non più quella in cui un bambino nero, adottato a sette anni a Nocera Inferiore, si era abituato a sentirsi guardare con curiosità, ma anche rispetto e affetto.
♦ In pochi anni, con l’aumento del flusso migratorio, con la vulgata dell’”invasione”, gli sguardi della gente cambiano, si fanno sospettosi. Forse, anche, perché Seid non è più un bambino ma un uomo, un atleta, alto e forte.
♦ Qualcuno in lui comincia a percepire una minaccia, come se una faccia nera indicasse un nemico. Seid si è fatto uomo e l’Italia si è fatta più dura, e ancora di più con il Covid – impoverita, chiusa nelle sue paure
La lettera.
♥ “Sono stato adottato da piccolo. Ricordo che tutti mi amavano.
Ovunque fossi, ovunque andassi, tutti si rivolgevano a me con gioia, rispetto e curiosità.
♥ Adesso sembra che si sia capovolto tutto. Ovunque io vada, ovunque io sia, sento sulle mie spalle come un macigno il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone.
♥ Ero riuscito a trovare un lavoro che ho dovuto lasciare perché troppe persone, specie anziane, si rifiutavano di farsi servire da me e, come se non mi sentissi già a disagio, mi additavano anche come responsabile perché molti giovani italiani (bianchi) non trovassero lavoro.
♥ Dentro di me è cambiato qualcosa, come se mi vergognassi di essere nero, come se avessi paura di essere scambiato per un immigrato, come se dovessi dimostrare alle persone, che non mi conoscevano, che ero come loro, che ero italiano, bianco.
♥ Mi hanno portato a fare battute di pessimo gusto su neri e sugli immigrati, come a sottolineare che non ero uno di loro. Ma era paura. La paura per l’odio che vedevo negli occhi della gente.
♥ Non voglio elemosinare commiserazione o pena, ma solo ricordare a me stesso che il disagio e la sofferenza che sto vivendo io, sono una goccia d’acqua rispetto all’oceano di sofferenza che sta vivendo chi preferisce morire anziché condurre un’esistenza nella miseria e nell’inferno”.
♦ Restiamo zitti, sorpresi. Seid, con il suo bel viso da ragazzo nero ci ha detto qualcosa che non sapevamo forse appieno. Le sue parole sono come uno schiaffo: brucia, maledettamente. (Ci sono a volte, però, schiaffi utili, almeno).
♦ Caro Seid, perdonaci, se puoi.
Che questa tua lettera, divenuta tragico testamento, possa aprire gli occhi, fra di noi, a quanti vivono nell’odio e nell’indifferenza.
(fonte: dal web, vari post).