Fede e dintorni

Sacerdoti per Dio e per il popolo

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

Sacerdoti per Dio e per il popolo.

– In questi giorni scorsi il web ha presentato alcune ordinazioni sacerdotali, che in questo tempo di pandemia sono apparse come vere benedizioni di Dio.
. Se un sacerdote è sempre un dono di Dio all’umanità, perché è come se Dio desse ancora una volta suo Figlio Gesù, in questo tempo di pandemia in cui l’umanità sta soffrendo abbastanza, un nuovo sacerdote rende più tangibile la presenza e l’amore di Dio. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito…”
– Dio continua ad amare il mondo suscitando in tanti giovani la vocazione a ricevere il sacerdozio del suo Figlio.
– Il cardinale Parolin giorno 5 settembre ha ordinato 29 sacerdoti dell’Opus Dei, 29 candidati provenivano da Italia, Spagna, Messico, Guatemala, Cile, Uruguay, Costa d’Avorio, Slovacchia, Argentina, Costa Rica, Olanda, Uganda, e Perù. – La diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea nello stesso giorno ne ha ordinati due, che in questo tempo di pandemia hanno già espresso forme di servizio e di prossimità ai bisognosi.

Guardando al Buon pastore.
♦ Il 5 settembre scorso, sabato mattina, il cardinale Parolin nella basilica romana di Sant’Eugenio ha ordinato ventinove sacerdoti dell’Opus Dei. I 29 candidati provenivano da Italia, Spagna, Messico, Guatemala, Cile, Uruguay, Costa d’Avorio, Slovacchia, Argentina, Costa Rica, Olanda, Uganda, e Perú.
♦ Nell’omelia tenuta durante il rito di ordinazione sacerdotale il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, tra le altre cose, ha invitato i candidati a guardare Gesù Buon Pastore. Gesù si è proclamato Buon pastore, non un pastore mercenario; non una semplice guida del gregge, ma un pastore ha condiviso la vita con e per il suo gregge.
♦ Infatti, il buon pastore -al tempo di Gesù- condivideva ogni cosa con il proprio gregge; non viveva come voleva, ma come era meglio per il gregge; non si fermava dove egli desiderava, ma dove stava il gregge. In effetti, il buon pastore si spostava con le pecore e trascorreva il giorno e la notte in loro compagnia. Più che condurre il gregge egli ci viveva immerso.
Gesù quindi caratterizza il buon pastore come colui che dà la propria vita per le pecore.
♦ Da qui l’invito ai candidati a considerare il ministero sacerdotale come «una questione di vita». Perché i sacerdoti, assimilati al Buon pastore immerso nel suo gregge, non sono chiamati in primo luogo a fare qualcosa, ma a dare e a condividere la vita.
Così potranno realizzare in pienezza la chiamata ad agire “in persona Christi” che caratterizza il sacramento dell’ordine. E questo non solo nell’amministrazione dei sacramenti, ma incarnando lo stile di Gesù.
Così come scrisse san José María Escrivá de Balaguer, «il sacerdote, chiunque egli sia, è sempre un altro Cristo».
Essere pastori oggi significa, soprattutto, diventare testimoni di misericordia: «Le parole con cui predicherete e userete dovranno essere parole di vita. Va sempre proclamata la bellezza della salvezza che ci attrae tutti a vivere di conseguenza, ad avere una vita morale all’altezza di questa chiamata».
E poi la chiamata a vivere l’imprescindibilità del perdono. I nuovi sacerdoti dovranno essere «ambasciatori di misericordia, portatori del perdono che risolleva l’esistenza, sacerdoti che amano disporre i fratelli e le sorelle a lasciarsi riconciliare con Dio».
Nasce da qui il bisogno di prestare molta attenzione al sacramento della confessione. Perché è lì che i presbiteri hanno modo di essere «dispensatori di quelle grazie, di quel perdono cui il mondo di oggi ha estremo bisogno».
(fonte: cf L’Osservatore Romano, 5 settembre 2020).

Gesù si presenta come il Buon Pastore, come colui che dà la propria vita per le pecore. Perciò i sacerdoti devono considerare il ministero sacerdotale come «una questione di vita», nel senso che essi sono assimilati al Buon Pastore “immerso nel suo gregge”. e pertanto non sono chiamati in primo luogo a “fare qualcosa”, ma a “dare e a condividere la vita con il proprio gregge”.

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