Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Rwanda. La sport per superare la disabilità.
– In Rwanda è avvenuta una vera rivoluzione culturale nata dallo sport. In un articolo, L’Osservatore Romano racconta la storia di Liliane Mukobwankawe, 32 anni, capitana della squadra nazionale rwandese di sitting- volleyball (la pallavolo “da seduti”) e rappresentante delle donne per il comitato paralimpico del Paese africano.
– Alle Paralimpiadi di Tpkyo il Rwanda è stato rappresentato da 13 ragazze con storie di dolore, emarginazione e riscatto. A loro si è aggiunto Hermas Muvunyi che ha corso i 400 metri nell’atletica leggera.
– E con questo «spirito di unità» la nazionale di sitting-volley sta dando una nuova ispirazione alla società intera, proponendo una visione diversa delle persone con disabilità».
– Oggi in Rwanda oggi c’è molto più sostegno culturale, ci sono più porte aperte per le persone con disabilità perché tutti, finalmente, vedono cosa siamo in grado di fare».
♦ “In Rwanda molti giovani con disabilità, soprattutto le ragazze, non vanno a scuola, non lavorano, neppure escono dalle loro stanze”: la mentalità dominante prevede che “se hai una disabilità non puoi fare nulla nella vita, devi solo stare chiuso in casa aspettando di morire”.
♦ Per Liliane Mukobwankawe, 32 anni, il vero successo del movimento paralimpico nel suo Paese è “stravolgere questa visione”. Attraverso una vera «rivoluzione culturale» sulla percezione della disabilità.
♦ Liliane sta portando avanti questa “partita” fondamentale sia come capitana — già a Rio de Janeiro nel 2016 — della squadra nazionale rwandese di sitting- volleyball (la pallavolo “da seduti”) sia come come rappresentante, dal 2017, delle donne per il comitato paralimpico nazionale.
♥ Proprio per il suo appassionato stile di testimonianza è stata scelta tra i cinque atleti che, nella cerimonia inaugurale delle Paralimpiadi lo scorso 24 agosto e concluse domenica 5 settembre, hanno portato nello stadio di Tokyo la bandiera del Comitato internazionale paralimpico.
♦ “Il sitting-volley è una straordinaria opportunità di inclusione” racconta Liliane che ha iniziato a praticarlo nel 2012, entrando nella squadra nazionale nel 2015. – “La particolarità consiste nel fatto che i giocatori sono seduti per terra e possono far parte della squadra anche persone che non hanno una disabilità fisica ma desiderano condividere un’esperienza sportiva e non solo”.
♦ Con questa “proposta di inclusione attraverso il sitting-volley”, Liliane viaggia per il Rwanda visitando i centri per persone con disabilità «per cercare di fare il possibile perché soprattutto le donne abbiano accesso all’istruzione e al lavoro».
E l’attività paralimpica si è rivelata uno strumento sempre più efficace.
♦ “Pare sempre più evidente che uno dei modi migliori per sostenere le persone con disabilità è creare esperienze di comunità e opportunità di incontri attraverso il sitting-volley e, in questo senso, è stato uno straordinario successo la qualificazione del Rwanda, unica squadra dall’Africa subsahariana, alle Paralimpiadi”.
♥ Per l’Africa in particolare, e la grande copertura mediatica per le Paralimpiadi è decisiva, constatare che persone con disabilità conquistano dignità anche facendo sport significa comprendere, a tutti i livelli, che si possono aprire spazi nelle scuole e nel lavoro. Insomma, da reclusi nelle case o nei centri di assistenza all’autonomia nella società.
♥ ♥ Poi conclude Liliane con la sua situazione personale: «Non vorrei che accadesse ad altre ragazze quello che è successo a me. Il fatto che io non sia in grado di piegare la gamba destra non può impedirmi di vivere. La mia storia è semplice: sono stata investita da un’auto quando avevo 9 anni. I miei genitori mi avevano mandato a comprare il latte e mentre attraversavo la strada sono stata travolta. Nell’urto mi si è rotta la gamba destra. Purtroppo non mi hanno curata adeguatamente e l’osso si è irrimediabilmente deformato».
Ma «non mi sono mai rassegnata e a chi ha una disabilità, piccola o grande, voglio far vedere che si può trovare una strada nella vita, anche attraverso lo sport che consente di non restare da soli».
(fonte: cf L’Osservatore Romano, 04 settembre 2021 e altro web).