Il sindaco dice di aver portato innovazione al Comune
“Non conoscono il significato del termine efficienza”
Adolfo Repice non le manda a dire a Giovanni Macrì e Gaetano Vallone, che l’altro ieri lo hanno aspramente accusato di aver rovinato una «macchina amministrativa perfetta». Repice risponde per le rime a Vallone dicendo che «dopo aver diretto per decenni la macchina amministrativa e organizzativa di città e società di primaria importanza», non pretende di avere in materia la competenza di chi «nei molti anni in cui è stato sindaco e vicesindaco di Tropea ha raggiunto lo strabiliante risultato di produrre debiti di milioni di euro senza realizzare alcuna opera pubblica, se non un campo sportivo inagibile». In risposta a Macrì, il sindaco di Tropea dice di non aver neppure la competenza amministrativa di chi «è stato vice-sindaco di Tropea per pochissimi mesi e poi ha deciso di dimettersi per poter dedicare maggior tempo alla vignettistica e ad altri hobbies».
Passando alla definizione data da Macrì e Vallone in merito alla macchina amministrativa del comune di Tropea, secondo Repice «essi dimostrano di non conoscere il significato del termine “efficienza” ». I criteri richiamati da Repice sono quelli contenuti nella Costituzione, quali la tempestività nelle procedure, la celerità nel rapportarsi alle esigenze del cittadino, l’ottimizzazione delle risorse limitando gli sprechi «in sostanza – afferma – deve produrre per la collettività benefici maggiori rispetto ai costi» e questo, secondo Repice, non sarebbe avvenuto negli anni a causa di un «sistema inadeguato rispetto ai tempi». Il sindaco afferma che quando si insediò a palazzo Sant’Anna «il comune era organizzato in ben sette aree, assolutamente sproporzionate rispetto alla realtà territoriale e che producevano costi insopportabili». Privo di un «un protocollo informatico, i computers erano per lo più inutilizzati» e i regolamenti erano «totalmente inadeguati rispetto all’attualità». Repice continua il resoconto parlando di «un sistema antiquato» con «carenze organizzative che provocavano la perdita di finanziamenti» ed errori formali che portavano a spese enormi anche di natura legale. «Di opere pubbliche non se ne vedevano da decenni».
A differenza di tutto ciò, Repice afferma di rappresentare un’amministrazione che «ha introdotto dei cambiamenti per adeguare la macchina amministrativa alle necessità attuali a vantaggio della collettività», in cui ogni dipendente dia il massimo «assumendosi le responsabilità che gli competono».
In conclusione Repice si dice «convinto che i motivi dell’assenza di qualche dirigente siano da ricercarsi in reali problemi di salute, perché non voglio dare il minimo ascolto a quelle voci che attribuiscono proprio a Vallone e a Macrì le responsabilità di tali “defezioni”. Ovviamente se i motivi dell’assenza di qualche dipendente fossero altri rispetto a quelli dichiarati, allora occorrerà accertare nelle competenti sedi innanzitutto il come ed il perché Vallone e Macrì sono a conoscenza di vicende riguardanti i dipendenti comunali che sono ignote all’amministrazione».