Randagismo
La lettera di Di Stefano
Lo scorso Maggio, per circostanza fortuita, mi capitò di fermarmi presso il Canile municipale di Vibo Valentia, dalle parti del Vibo Center, insieme ad un operatore volontario.
Fin dal principio ebbi la netta impressione che il Canile avesse ben poco di municipale.
Tra una domanda e l’altra, scoprii che, oltre ad essere l’unico Canile pubblico della Regione Calabria, questo di Vibo, con soli 180 posti, è appoggiato da appena 2 canili privati in zona e da un’altra decina nel resto della Regione, per fronteggiare un problema, quello del randagismo, estremamente diffuso e serio.
Il Canile di Vibo Valentia, per testimonianza oculare del sottoscritto, è gestito “artigianalmente” e con notevole sacrificio da personale volontario in acuta sofferenza finanziaria e di mezzi tecnici; del resto, ciò si capisce se si pensa che il Comune eroga ai privati rimborsi “per cane” (2€), laddove a quello municipale dà soldi a forfait, talché un privato incassa per 40 cani quello che questa gente incassa per 160.
A complicare le cose, per quanto già detto sopra, al Canile di Vibo si concentrano gli abbandoni dei Comuni circonvicini, dove sono presenti centinaia di cani “non censiti”, “cani rurali” (masserie, pecorai etc…), quindi senza microchip, non sterilizzati, sanitariamente non controllabili (un cane di questi che ferisca, pur lievemente, un passante, genera richieste risarcitorie per decine di migliaia di Euro a danno del Comune, che ne è il responsabile legale, mancando un proprietario specifico).
La mancanza anche di una bozza di piano regionale organico di Canili municipali indica una catastrofica mancanza di attenzione amministrativa sulla questione, un fenomeno di incuria che, da una indagine retrospettiva, risulta esser vecchio almeno una decina d’anni.
Chiediamoci allora:
– si attende al solito che ci scappi il morto per rendere la questione prioritaria?
– Perché il rapporto pubblico/privato deve sempre essere 1/10 o peggio, anziché il contrario?! E non si dica che il privato è famoso per altruismo animalista, pregio che talvolta neanche gli animalisti hanno.
– Perché i Comuni mancano di consorziarsi, come previsto dalla Legge 281/91, per creare una rete di centri raccolta capienti e ben organizzati, che consentirebbero l’istituzione della necessaria Anagrafe canina e la pratica estesa e sistematica delle sterilizzazioni (basterebbe sterilizzare già solo le femmine)?!
– Perché il controllo da parte della Polizia municipale – che comunque è già obbligatorio per ragioni sanitarie (brucellosi etc…) – in questo settore è del tutto inesistente?!
Etc.etc.etc…
Questa è solo una lista parziale ma già bastevole.
Perché la “cosa pubblica” deve essere sempre la pecora nera della situazione?!
Perché sensibilità, attenzione, controllo, prevenzione, sanzione dove è inevitabile, sono parole estranee alla Pubblica Amministrazione perfino adesso che la legislazione ha sancito addirittura l’arresto per abbandono d’animale?!
Come si può pensare che la soluzione del problema sia quella del “cane metropolitano” (traduco “di tutta la città”), secondo le strampalate intuizioni di certi pseudo-animalisti?
In conclusione, si può continuare a trattare questo problema affidandosi all’amore per gli animali ed allo spirito di sacrificio di pochi, come quelli del Canile di Vibo?!
Se la risposta fosse “SI”, dovremmo dedurre che nel medio termine il Pubblico Amministratore potrebbe avallare anche un’inderogabile “eutanasia canina di massa”, un Olocausto animale che ne liberi l’ufficio da pratiche finora considerate a bassissima priorità ma diventate, a lungo andare, cancerose.
Poiché queste conclusioni ripugnano ad una coscienza collettiva, ci si deve attendere che gli Amministratori innovino rapidamente le loro “politiche” in materia, in modo tale da togliere almeno questa pietra dal mucchio di quelle che attualmente incurvano le spalle della nostra Regione.