Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Quella messa di Don Tonino morente.
La visita di Papa Francesco ai luoghi di Don Tonino Bello (1935-1993), il santo vescovo che a suo tempo ha profetizzato una chiesa del grembiule, ha richiamato fortemente l’attenzione del mondo sulla sua figura. Una figura carismatica, coinvolgente e tuttavia rispettosa. La ricca letteratura fiorita attorno alla sua figura e alla sua spiritualità si arricchisce di tanti episodi e testimonianze, come quella di Don Stefano Violi riportata dalla rivista paolina “Credere”: «In Don Tonino morente ho ritrovato Gesù». Infatti partecipare alla Messa celebrata dal vescovo nel letto d’agonia cambiò la vita dell’allora giovane studente che oggi è prete e dirige la Città dei ragazzi di Modena. «Mi svelò la bellezza del sacerdozio».
Conquistato da uno sguardo.
♦ «In quegli occhi non c’era il tramonto di un uomo divorato dal tumore ma il crepuscolo di una nuova alba». Lo sguardo è quello di don Tonino Bello. Dopo averlo incrociato, in quel 9 marzo del 1993, la vita di Stefano Violi ha preso un’altra direzione. «L’idea di andare a trovare questo vescovo che si faceva chiamare don Tonino nell’episcopio di Molfetta non mi entusiasmava per niente», racconta, «“episcopio”, poi, era una parola che non capivo. Mi restituiva l’idea di una Chiesa pomposa, istituzionale, lontana. Quasi incompatibile con la freschezza della fede e l’autenticità del Vangelo».
♦ In quel tempo, 1993, Stefano ha 21 anni, è iscritto a Giurisprudenza a Modena, si trova a Casa Betania di Terlizzi, nella diocesi di don Tonino, per una piccola vacanza con i genitori dopo gli esami universitari. Sono gli ultimi giorni di don Tonino che morirà poco più di un mese dopo.
Così racconta: «Mia madre mi sbatté sul pulmino della comunità che quel pomeriggio andava a trovare il vescovo». È un incontro che risulterà decisivo per la vocazione di Stefano. Don Tonino, seduto sul letto, celebra la Messa.
♥ «Mi ha colpito la voglia di vita espressa dagli occhi di un agonizzante. Sono tutte riflessioni che ho fatto dopo, all’inizio prevalgono le emozioni», spiega, «penso che don Tonino mi abbia fatto riconciliare con il volto ecclesiale di Gesù. Era il tempo in cui si diceva Gesù sì, Chiesa no. Su quel letto diventato altare, Gesù e la Chiesa si svelarono ai miei occhi come un unico mistero di amore. Nello sguardo di don Tonino riconobbi nella Chiesa una testimonianza viva, autentica e irresistibile di Gesù, crocifisso e risorto».
Quell’omelia appassionata
♦ Nell’omelia di quella Messa particolare, don Tonino si sofferma sul versetto del salmo 49: «Non prenderò più agnelli dai vostri recinti».
♥ Dopo la Comunione, aggiunge: «Immagino che il Signore passi dal nostro giardino e vada oltre. Noi allora usciamo fuori e diciamo: “Signore, vieni nel mio giardino! L’ho preparato da lungo tempo: i fichi hanno messo già i primi fiori, sulle viti sono spuntate le gemme».
♥ Don Tonino aveva ribaltato l’attesa della morte in canto di speranza. Ed è ciò che colpisce Stefano: «Non riesco neanche a descrivere i suoi occhi. Era uno sguardo che va in profondità, una feritoia di cielo. Sul letto d’agonia ho visto una persona capace di risvegliare la speranza con gesti e parole. Aveva la gestualità non di un comunicatore, ma di un credente appassionato di Cristo».
♥ Sotto gli occhi di Stefano si consuma l’impossibile: l’agonia gioiosa di un uomo di Dio. «Attraverso quell’incontro è entrato Qualcuno nella mia vita e si è mostrato.
♦ Lungo l’autostrada verso Modena, lo sguardo si perdeva nell’infinito del mare mentre mi tornava un pensiero: “Se passasse anche dal mio giardino?”. L’invito appassionato di don Tonino si confondeva con il canto della comunione: “Vieni nel mio giardino, non passare oltre!”.
♥ Per la prima volta si rivelò al mio sguardo una bellezza nascosta nel sacerdozio. Senza forzare cominciava a sedurre il mio cuore: “Però, farsi sacerdote potrebbe essere una bella idea”. Non è stato un ragionamento a convincermi, ma una testimonianza».
Una strada inaspettata
♦ Passano altri anni. Nel 1995 Stefano si laurea. Resta, indimenticato, il bagliore di luce e di libertà riflesso in quello sguardo. «Dovevo essere sincero con me stesso, andava tutto bene; buone prospettive di lavoro, buone relazioni, eppure non avevo ancora trovato quella pienezza che il cuore cerca. Alla gente puoi anche mentire, al cuore no», confessa Stefano.
♦ La strada, in qualche modo, è già tracciata. Alla fine, prevale quello sguardo. Stefano decide di entrare in seminario nella comunità di Casa Betania. Ad accompagnare Stefano c’è don Antonio Neri, rettore del seminario e uno degli ultimi sacerdoti ordinati da don Tonino.
♥ Il 17 marzo 2001 Stefano viene ordinato sacerdote a Loreto. «Lo stesso mese dell’incontro con don Tonino, nove anni dopo», nota. «In tanti passi della mia vita ho ritrovato il volto di don Tonino. Il mio ritorno definitivo nella diocesi di Modena, dopo il periodo vissuto prima in Puglia e poi in Canton Ticino fu il 20 aprile 2004, anniversario della nascita al cielo di don Tonino.
Come non riconoscere lo stesso sguardo degli inizi che continua a seguirmi dal Cielo? Dopo avermi aperto la bellezza del sacerdozio ora mi accompagnava in un nuovo inizio».
♥ Oggi don Stefano è parroco a Modena, direttore della Pastorale giovanile e della Città dei ragazzi, fondata nel 1947 da don Mario Rocchi, «un prete di periferia che dava speranza ai ragazzi appena usciti dalla conflitto mondiale e dilaniati dalla guerra civile tra fascisti e antifascisti». Oggi ospita una scuola professionale dove ogni anno circa duecento ragazzi vittime di marginalità e situazioni familiari difficili trovano lavoro e dignità.
Come Papa Francesco
♥ «Ho ritrovato don Tonino in papa Francesco» – dice don Stefano – «Bergoglio parla di Chiesa in uscita. Don Tonino ci insegnava che Dio, quando ha mandato l’angelo a Nazaret, è partito dalla periferia. È lì, nella Galilea delle genti che il Vangelo ha iniziato la sua fioritura. Ci appassionammo a quelle riflessioni.
“Può venire qualcosa di buono da Nazaret?”, si chiedeva il dotto Natanaele. E invece sì, perché Dio semina le sue ricchezze nei luoghi più marginali e quindi impensabili. Le parole di don Tonino non sono slogan da ripetere a pappagallo ma stimoli a tirare fuori la luce dalla notte. Le cose più importanti Gesù le fa di notte. Là dove noi abbiamo paura, lui tira fuori i suoi capolavori: il Natale e la Pasqua. È quello che ho imparato da don Tonino».
♥ Il suo sguardo per questo giovane prete è stato e continua essere la bussola della sua missione: «Don Tonino è stato il vescovo degli ultimi e dei poveri. Oggi lo ritrovo nei ragazzi sbandati, negli anziani soli, nella fatica delle coppie che si separano. In realtà lo ritrovo in ogni persona che avvicino.
In qualche modo, tutti siamo ultimi e poveri, nessuno escluso. Tutti allora destinatari privilegiati di un amore capace di appassionare alla vita anche se inchiodato su un letto di agonia».
(fonte: famigliacristiana.it 19/04/2018).