Prima organizzazione della Diocesi

Profilo storico della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea nella piana -1-

Breve ed intensa escursione storica nel passato cristiano della regione

A parte il richiamo al passaggio di S. Paolo da Reggio (At. 28,13) e la menzione generica che fa S. Atanasio dei vescovi del Brutium partecipanti nel 343 al Concilio di Serdica (Sofia), i segni più antichi di presenza cristiana in Calabria si riscontrano, allo stato attuale, nella Piana di Gioia Tauro-Palmi, fino al 1979 appartenuta alla diocesi di Mileto, e nei dintorni di Tropea.

Qui a Taurianum tra il 294-336 conduce vita monastica con una piccola comunità anche femminile S. Fantino senior.

San Fantino il Vecchio detto anche il Cavallaro (293-336 d.C.) era un giovane guardiano di cavalle di Taureana (presso Palmi-RC) al servizio di un signore romano, Balsamio. Conobbe la religione cristiana dei primissimi tempi e prese a lavorare di notte al servizio dei poveri.

E sempre a Taurianum sono state rinvenute due iscrizioni cristiane risalenti al IV secolo: la prima, datata 348, parla di un diacono che innalza la tomba alla moglie “dulcissima et castissima foemina”; la seconda, anch’essa della metà del sec. IV, presenta un “Leucosius episcopus” che dà cristiana sepoltura al figlio (1).
Altre epigrafi funerarie latine sono state rinvenute tra Cessaniti e S. Cono, che fanno pensare ad una necropoli paleocristiana. In una lastra datata 551 e rinvenuta a S. Cono nel 1837 si fa riferimento a Peregrino diacono vissuto 50 anni e seppellito al tempo del consolato di Basilio (2).

Questa e altre iscrizioni si trovano nell'interessante linro di Buonocore, M., Inscriptiones Christianae Italiae. Vol. V. Regio III. Egium Iulium, Locri, Taurianum, Trapeia, Vibo Valentia, Copia-Thurii, Blanda Iulia (Bari, 1987).

Più numerose sono le testimonianze letterarie ed archeologiche a partire dal sec. V, che soprattutto evidenziano una più diffusa organizzazione ecclesiastica ed una più consistente presenza cristiana.

Notevoli sono le iscrizioni epigrafiche rinvenute a Tropea, che testimoniano una ricchezza di vita cristiana che non ha riscontro altrove. In una campagna di scavi eseguita nel 1980 dalla Soprintendenza Archeologica di Reggio Calabria nella piazza antistante la Cattedrale è venuta alla luce [ma necropoli paleocristiana con una cinquantina di tombe, 12 epigrafi cristiane, corredi funerari, il tutto databile proprio al V secolo. Ciò dimostra l’esistenza di una comunità attiva, organizzata e culturalmente vivace, che disponeva almeno di due presbiteri e di una presenza femminile attiva ed intraprendente, come prova il ruolo di “presbytera” svolto da una donna di nome “Leta”; quello di “conductrix massae Trapeas”, di tale Irene, deceduta all’età di 66 anni e di un’altra “Dulcitia conductrix Trapeas”, che ricorre nella vita di S. Gregorio Magno (3).
La “Massa Tropeana”, a cui si fa cenno, faceva parte del “Patrimonium S. Petri”, frutto di donazioni di notabili del luogo. Al tempo del Papa Pelagio I (556-561) era amministrata dal suddiacono Melleo (4).
Oltre a questa, del Patrimonio romano facevano parte anche la Massa Silana (o Bretia) e quella Nicoterese. In quest’ultima si trovava anche una catacomba, divenuta successivamente cimitero dei “manentes” della massa (5).
La “massa”, sul modello fattoria, era affidata ad un “conductor”, rappresentante della Santa Sede. Vi si praticava un’agricoltura molto fiorente ed un’attività artigianale abbastanza sviluppata. Al tempo le “masse” costituiscono una grande risorsa per il Patrimonio Papale. Alla massa Bretia, per esempio, si fece ricorso per il rifornimento di legname pregiato per la costruzione della Basilica di S. Pietro.
Nella “massa” si raccoglievano i lavoratori con le rispettive famiglie. La loro vita era regolata da statuti particolari, che li sottraevano dalla dipendenza del fisco e dalla servitù dei signorotti locali.

Nel territorio della Piana, inoltre, risulta già affermato un monachesimo prebizantino, che ha il suo emblema in S. Fantino, il cui complesso monastico era costruito su un ninfeo romano utilizzato prima come battistero cristiano e poi come nucleo della basilica cimiteriale con la tomba del Santo, su cui vegliavano e pregavano le monache del vicino monastero femminile, dedite al culto del Santo (6).

Altre presenze monastiche significative, prima del grande sviluppo dei secc. IX-X, si riscontrano sul Monte Poro, nella zona di Capo Vaticano e di Tropea. Qui opera il monastero di S. Michele Arcangelo, noto anche al Papa S. Gregorio Magno, che vi dedica alcune delle sue Lettere. Molte sono nella zona le spelonche e le grotte eremitiche, tra cui quella di S. Leo presso Caria, dove ancora nel recente passato si riscontravano anche tracce di affreschi, per quanto tardivi.
Nei dintorni di Briatico, sempre in zona, lungo la Valle del Murria, si notano grotte eremitiche medievali, alcune dette “grotte delle Fate” (7).
La ricca vitalità religiosa che andava sempre più diffondendosi ormai non solo sulle fasce costiere, subì una brusca frenata a causa delle devastazioni dei Longobardi prima e dei Saraceni dopo. Il quadro tra i secoli VI-VII è desolante al punto da preoccupare lo stesso Gregorio Magno. Nel 590, per esempio, il vescovo Paolino di Tauriano per sfuggire ai Longobardi si era rifugiato in Sicilia con i suoi preti.

Pur con alti e bassi, vanno sempre più diffondendosi anche le sedi vescovili, alcune delle quali sparirono nell’arco del primo millennio, come, per esempio, Blanda Julia (attuale territorio Tortora-Praia a mare), Tempsa, Thurio, Miria, Cirella (8).
Un discorso a parte facciamo per le diocesi di Tauriano, Vibona, Nicotera e Tropea, coinvolte tutte in questo nostro progetto letterario. Per Nicotera e Tropea si farà un discorso più articolato in avanti, con capitoli specifici.

Tauriano (Taurianum). – Sorta nel sec. III-IV. Come è stato ricordato, la sua esistenza è documentata da una discreta raccolta di iscrizioni. Il primo vescovo di cui si ha notizia è Leucosio. Nel 590 la sede è priva di vescovo perché Paolino, per sfuggire ai Longobardi, si era rifugiato in Sicilia. Nel 603 la sede è vacante, per cui il Papa Gregorio Magno incarica i vescovi Venerio di Vibona e Stefano di Tempsa a provvedere un vescovo idoneo. Tra i suoi vescovi si ricordano Lorenzo, partecipante nel 649 al Concilio Lateranense, Giorgio, presente nel 680 al Sinodo di Papa Agatone, Teodoro e Paolo, anch’essi firmatari rispettivamente ai Concili di Nicea II (787) e di Costantinopoli (870).
Nefaste furono le invasioni saracene dei secoli VIII-X, al punto che determinarono il quasi totale abbandono di Tauriano, la cui popolazione si disperse. La diocesi venne soppressa definitivamente nel 1093 dal Conte Ruggero, che la unificò con Mileto sotto il vescovo Amolfo (9).

Serie di monete facenti capo all'antica Hypponium.

Vibona (Hipponium) . – Nel territorio dell’attuale Vibo Valentia. Il primo vescovo conosciuto è Giovanni, che, per conto di Papa Gelasio I, svolge nel 496 diversi incarichi, tra cui quello di scomunicare un certo Dionisio,che si era reso responsabile di turbative all’interno della comunità. Nel 499 è tra i firmatari del Sinodo Romano di Papa Simmaco. Il vescovo Rufino nel 596 è inviato a scegliere un presbitero idoneo per la sede di Nicotera. Interviene anche per dirimere una vertenza sorta tra il monastero di S. Cristoforo in Taormina e la diocesi di Locri. Nel 603 il vescovo Venerio è incaricato col vescovo di Tempsa di provvedere la chiesa di Tauriano di un nuovo vescovo.
Altri vescovi furono Papinio o Papiniano (649), Oreste o Crescente (679), Stefano (787), ultimo di cui si conosce il nome (10).
Nel 1073 la diocesi venne soppressa ed unificata “in perpetuum” con Mileto.
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(1) Cf. G. OTRANTO, La Cristianizzazione della Calabria e la formazione delle diocesi, in Atti del Convegno di Studi “Calabria Cristiana. Società Religione Cultura nel territorio della Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi” (Palmi – Cittanova 21-25 novembre 1994), Soveria Mannelli 1999, p. 32; P. ORSI, Iscrizioni cristiane di Tauriana, in Arch. Stor. Cal., II, pp. 225-236.
(2) Cf. V. CAPIALBI, Inscriptionum Vibonensium Specimen, Napoli 1845, pp. 48 e 50. La lastra marmorea, con il monogramma di Cristo, che apparteneva alla collezione Capialbi di Vibo Valentia, è andata dispersa. Di essa resta fortunatamente una documentazione fotografica: cf. M. PRETTO, Briatico nella Storia, Cosenza 2007, p. 35.
(3) Cf. Vita di S. Gregorio Magno nel Liber Pontificalis, Liber censura S.R.E., Insulae 1892.
(4) Cf. F. RUSSO, Regesto Vaticano per la Calabria, I (Roma 1973), n. 17.
(5) Cf. E. PONTIERI, Tra i Normanni dell’Italia Meridionale, Napoli 1964, 2 edizione, pp. 15-18.
(6) Cf. D. MINUTO, Profili di Santi nella Calabria Bizantina, Reggio Calabria 2002, pp. 5-9; E. RUSSO, Storia della Chiesa in Calabria dalle origini al Concilio di Trento, Soveria Mannelli 1981, pp. 137-138.
(7) Cf. E. RUSSO, Storia della Chiesa in Calabria, pp. 219-220. In prossimità di Capo Vaticano, ai piedi del Monte Poro, il comune di Spilinga sembra abbia mutuato il nome proprio dalla presenza di grotte, forse eremitiche.
(8) Cf. L. RENZO, Calabria di ieri e di oggi, Rossano 2007, pp. 26-29.
(9) Cf. F. RUSSO, Regesto Vaticano, I, nn. 22. 25-28. 67. 71; V. SALETTA, Storia archeologica di Tauriano, Roma s. d.; P. ORSI, Iscrizioni cristiane di Tauriana, pp. 225-236.
(10) Cf. F. RUSSO, Regesto Vaticano, I, nn. 840. 20. 45. 63. 67. 71. 72.

(ricerca fotografica e pagina scelta da Salvatore Brugnano da
LUIGI RENZO, La Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea
Adhoc Edizioni, Vibo Valentia 2010)

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