Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Pranzare con profughi e senzatetto.
Ci sono inviti a pranzo che stimolano ad una ressa tenace per arrivarci. Ci sono inviti a pranzo davanti ai quali si fugge volentieri (o si fuggirebbe, se ci fosse la possibilità) come gli interminabili pranzi dei matrimoni. E ci sono inviti a pranzo che acquistano la connotazione di un evento religioso, come quelli proposti da organizzazione umanitarie in favore dei poveri. E’ a questi pranzi che si riscopre la gioia sincera della convivialità, dell’incontro e della gratitudine. – Mangiare con i poveri: Papa Francesco ne ha fatto una tappa obbligata nei suoi incontri con le genti di ogni latitudine. La gioia è assicurata, come anche il cibo.
Genova 27 maggio 2017. – Dopo l’incontro con i giovani presso il Santuario della Madonna della Guardia, Papa Francesco ha pranzato con 120 persone: tra di loro poveri, rifugiati, senza fissa dimora e detenuti. Ognuno con una storia difficile fatta di violenza ma anche di riscatto grazie alla fede e all’incontro con persone speciali. Ecco come due “invitati” spiegano le loro emozioni per questo pranzo.
Giovanni, uno slovacco che da anni dorme in strada:
“Ci fa molto piacere, molta emozione questo invito. E ringraziamo specialmente la Comunità di Sant’Egidio per questa opportunità che ci ha dato perché mai avremmo pensato di essere vicini al Papa e di mangiare con lui.
Nel 2013 o 2014. Stavamo dormendo per strada e i membri della Comunità di Sant’Egidioci hanno portato un panino. Poi abbiamo raccontato loro quanto ci è successo: stavamo dormendo dentro una tenda, io, mia moglie, suo fratello e sua cognata, sono venute quattro persone con le spranghe e ci hanno quasi ammazzato. La fede ci salva la vita. Noi siamo sempre per la strada, anche dopo quello che ci è successo ma chiediamo sempre a Dio: “Proteggici da queste persone cattive”.
Fadil, un profugo camerunense di fede islamica, fuggito dalla violenza di Boko Aram. A Genova ha ritrovato la serenità dopo un lungo viaggio in mare nel quale almeno 50 persone hanno perso la vita.
“Sono partito dal Camerun il 12 febbraio 2014. Ho impiegato due anni ad arrivare in Italia: sono passato per il Ciad; dopo sono arrivato in Libia e da lì in Sicilia. Sono arrivato a Genova tre giorni dopo con un pullman.
Sono fuggito dal mio Paese perché gli estremisti di Boko Haram hanno ucciso i miei genitori e mio fratello per strada. Ho ricevuto minacce e violenze anche in prigione. Abbiamo attraversato il mare.
Siamo arrivati con una barca: eravamo 150 ragazzi. Più di 50 sono morti in mare. Quando sono arrivato in Sicilia posso dire che ho trovato delle persone molto affettuose.
Ed ora incontrerò il Papa che per me è una personalità grandiosa: è come un simbolo. Quando ho appreso che avrei pranzato con lui, per me è stato come un sogno diventato realtà. Sono molto contento e felice, perché ho trovato una nuova famiglia e sono molto felice. Ne approfitto per ringraziare il popolo italiano: li ringrazio molto.
(fonte. cf Radio Vaticana, 27 maggio 2017).