Il Poro (foto Salvatore Libertino)

Sulle pendici del Poro
 

di Pasquale Lorenzo
foto Salvatore Libertino
 

Scrivere non è il mio forte, ma scrivere è più forte di me, quando, davanti a certi spettacoli naturali non ho che la penna. Io non ho mai saputo cantare, dipingere o fare fotografia. Il volere esternare le mie emozioni e farle, in qualche modo, provare ad altri, mi costringe ad usare l’alfabeto. Non ho altro. Proverò ad immergere la punta di questa penna qua intorno, oggi che il mare evapora tra squarci di nuvole, lacerate dai raggi. Si vedono riflessi dappertutto e sembra quasi un gioco con specchi di luci, e grandi nuvole d’ombra. E poi mi vengono a dire, gli atei, che la natura non ha ordine. Come si può definire "caos", questo spettacolare fenomeno che si ripete da sempre e che, da sempre, esegue ordini e rispetta regole: il sole sul mare; il mare che sale, si capovolge, nebuloso, e si muove; e le nubi, oggi, mi vengono incontro.
Io sto in alto, sul punto più alto di una pendice del monte Poro. Io amo i picchi scoscesi che mostrano spazi infiniti, dove l’anima può provare a confrontarsi con gli elementi. Diventa un’arte confrontarsi col mare, col cielo e con gli spazi, per sentire se loro contengono la nostra anima o se la nostra anima li contiene. E queste ombre grigie continuano a venirmi incontro.
Alle mie spalle c’è l’altopiano, un altro mare verde. Proprio su questa distesa, le nuvole, vanno a posarsi e a combaciare con l’erba. Stasera ci sarà nebbia, sulla pianura alta, l’immensa distesa di Italo, che le tribù chiamavano Poro (abbondanza), per i raccolti abbondanti, le molteplici specie di selvaggina, e per le numerose mandrie. Si trovano ancora, tra le zolle, le armi di pietra dei cacciatori e gli utensili dei pastori e dei pellai conciatori, tra un’infinità di cocci paleolitici e schegge di ossidiana delle Lipari. Sulle tracce di questo passato, si sono avventurati per anni, oltre che al famoso archeologo Paolo Orsi, anche i ragazzi del gruppo archeologico di Tropea, che aspettano di mostrare migliaia di reperti interessantissimi, con l’apertura del museo archeologico tropeano, già in via di allestimento.
Le nuvole si sono ormai avvicinate troppo; salgono come masse dense di fumo; hanno già coperto il mare ed il pendío; nascondono i profili degli arbusti; li sfumano; li cancellano; ci sono dentro. È la nebbia più fitta. Questo mare evaporato mi avvolge; mi sommerge. Provo ancora ad immergere la mia penna qua intorno: niente, più niente !

Redazione Tropea e dintorni

 

 

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