Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Piccoli ma con le braccia aperte .
Per i tanti motivi legati alla persecuzione delle minoranze, l’immigrazione cresce in ogni Paese d’Europa e non solo in Italia, che ne è considerata come la porta quasi “aperta”. Nella piccola Slovacchia (5,4 milioni di abitanti) il fenomeno è diventato vistoso. Si va perciò cauti nell’accogliere, ma intanto sono cresciuti i progetti in a favore dell’integrazione dei rifugiati.
Sono stati centinaia i profughi provenienti da Siria, Ucraina, Iraq, Sudan e Afghanistan accolti lo scorso anno dalla rete Caritas in Slovacchia: «Nel 2014 abbiamo avuto profughi provenienti soprattutto da Siria e Iraq. Il conflitto in corso in Siria ha costretto quasi 2,5 milioni di persone a lasciare le proprie case. Anche se molti di questi rifugiati si sono rivolti ai Paesi vicini come Libano, Turchia e Giordania alcune decine di persone hanno affrontato un viaggio molto più lungo, arrivando in Slovacchia. Dopo diverse settimane trascorse in un campo speciale, i rifugiati ottengono un permesso di soggiorno per poter vivere in Slovacchia. Da lì ha inizio l’integrazione nella nostra società».
Lo scorso aprile, Caritas Slovacchia ha avviato il progetto Raphael, che ha aiutato più di 500 persone. Il progetto ha lo scopo di sostenere i rifugiati che vivono nelle aree di Bratislava, Trnava, Nitra e Trencin, coprendo tutte le loro esigenze di base e assicurando un servizio di consulenza sociale, legale e psicologica.
(fonte: Osservatore Romano, 09 febbraio 2015).
La Slovacchia attualmente è in fondo alle classifiche UE quanto a numero di stranieri, e presta molta attenzione a che perché l’arrivo costante di migranti non porti ad abusi e violenza su di essi ed interviene con misure concrete per la loro prevenzione.
Una motivazione cristiana
I cristiani che dimostrano l’apertura universale dell’accoglienza dei “fratelli più piccoli” proclamano e realizzano visibilmente l’amore di Dio, dimostrando di possedere lo stesso amore con cui Dio ama. Perciò la motivazione dell’accoglienza non è più la risposta ad una necessità sociale o economica, ma una risposta all’amore universale.