Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Pasolini e l’eremita cieco.
Nel 40° anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini, famoso intellettuale italiano, ucciso all’idroscalo di Ostia nella notte tra il 1° e il 2 novembre 1975, il giornale Avvenire, il 31 ottobre scorso, ha riportato uno stralcio dei ricordi del superiore generale dell’Opera Don Orione, don Peloso, da cui emerge un tratto poco conosciuto della vita del grande artista friulano: avvertiva il fascino della santità.
Pier Paolo Pasolini, che stava lavorando alla ideazione del film “Il vangelo secondo Matteo”, volle avere un incontro con il venerabile Frate Ave Maria, al secolo Cesare Pisano, eremita cieco morto oltre 50 anni fa dopo aver trascorso 40 anni di vita nel segno della preghiera e dell’accoglienza spirituale nell’eremo di Sant’Alberto di Butrio. –
♦ «Era la primavera del 1963 e Pier Paolo Pasolini era interessato a conoscere da persone ritenute ‘mistiche’ e ‘sante’ come pensassero a Gesù, come si immaginassero le scene del Vangelo, come le avrebbero volute rappresentate.
♦ Angela Volpini – una giovane veggente di Casanova Staffora (Pavia) – gli parlò di Frate Ave Maria, già noto per fama di santità, che ella conosceva e frequentava dal 1958.
Pier Paolo Pasolini decise di salire all’eremo sito nelle colline dell’Oltrepò pavese e al quale si poteva giungere solo con una lunga camminata tra i monti irti e disabitati. In compagnia della Volpini Pasolini arrivò a Sant’Alberto di Butrio. Frate Ave Maria era in chiesa a pregare, e quando Pasolini si presentò, gli disse: ♥ “E come mai un grande artista, un personaggio così famoso, è interessato a conoscere un povero cieco, che sa solo dire Gesù, Maria, vi amo: salvate le anime!?”.
Cominciò così il colloquio che si prolungò per un paio d’ore. Loro due soli.
♦ Quando il loro dialogo terminò e Frate Ave Maria si ritirò nella sua cella, Pasolini continuò la visita agli angoli più nascosti ed artistici dell’eremo. Ogni tanto, usciva con qualche esclamazione del tipo: “Che luogo! Che uomo! Che colloquio straordinario!”.
Più tardi, commentò più diffusamente:
♥ “Frate Ave Maria aveva tutta l’attenzione per me. Parlava con tale naturalezza, pur nel suo linguaggio religioso, da risultare non solo rispettoso, ma affascinante. Non si è stupito del mio scetticismo e mi ha detto che il ‘suo Gesù’ ama più i lontani che i vicini, che non si scandalizza di niente e che solo Lui conosce davvero il cuore umano”.
La Volpini, poi, andò alla cella di frate Ave Maria per ringraziarlo e congedarsi. “L’amico che mi hai portato oggi – le disse frate Ave Maria – ha bisogno di vedere tanta fede, tanto amore, tanta innocenza, per far uscire dal suo cuore il suo grido d’amore, oltre che di denuncia. Stagli vicino. Se quest’uomo potesse servire il Signore, chissà che cose meravigliose farebbe!”
Quando Pasolini ritornò per accomiatarsi, Frate Ave Maria l’accompagnò alla porta e quasi gli gridò con la sua voce roca: ♥ “Voglio dirle che qui c’è un altro amico, che sa solo pregare, ma che pregherà tanto perché lei faccia cose bellissime».
Pasolini successivamente ricordò in una poesia il fascino della sua santità.
(fonte: zenit.org 02 novembre 2015)