Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Parole e gesti.
L’azione di misericordia non si può limitare alle sole parole, ma richiede il gesto, l’opera. In Papa Francesco assistiamo a questo: egli dice parole forti, toccanti, ma poi cerca di testimoniarlo col gesto, con un opera. I venerdì di misericordia vogliono dimostrarlo: ogni venerdì di quaresima , Papa Francesco “esce” per andare incontro con misericordia vero chi attende. E in questa ottica dobbiamo leggere i gesti che fa con coraggio nei suoi viaggi. In Messico ha voluto visitare i carcerati, si è fatto toccare da loro, ed ha abbracciato qualcuno di loro. Una detenuta gli ha detto: Grazie, ti sei fatto carcerato con i carcerati!
Messico, carcere di Ciudad Juarez – Si può stare in tanti modi dietro le sbarre di una cella. Maledicendo, disperandosi, per la propria sfortuna o benedicendo Dio che sulle righe storte di quella sventura scrive una nuova storia di speranza e dignità.
♦ “L’unico merito che ho nel rivolgermi a lei è l’uniforme che porto”. Resteranno a lungo in chi le ha ascoltate – e ha visto l’abbraccio che le ha accompagnate – le parole della detenuta che ha rivolto il saluto a Papa Francesco durante la sua visita al carcere di Ciudad Juarez. Parole che sono uno spaccato della vita dietro quel cemento alto che impedisce tutto – dove non si è padroni di niente, neanche di “te stesso”, ha affermato la donna – e insieme un soffio di vita, in cui l’affetto di una figlia o l’inginocchiarsi in preghiera diventano, spiega, il sale di esistenze altrimenti buttate via:
♦ “È proprio in questi luoghi che si mette alla prova la tua fede, la forza del tuo spirito. In questo luogo dove non importa chi sei dall’altro lato delle mura, in cui il tuo compagno di cella diventa parte della tua famiglia, in cui si condivide la mensa con degli sconosciuti che saranno parte dei tuoi giorni e dove siamo tutti uguali nei nostri vestiti così come siamo uguali agli occhi di Dio”.
♦ “Questa esperienza ci sta trasformando”, ha raccontato la detenuta. “All’inizio di questo viaggio chiamato carcere ci siamo sentiti esposti, vulnerabili, da soli. Ma la sua presenza con noi – di un Papa “diventato uno di noi in carcere” – è “un invito” per quelli “che hanno dimenticato qui che sono degli esseri umani, perché se anche siamo trasgressori della legge e peccatori, la maggior parte di noi spera nella redenzione e in alcuni casi, ha la volontà di raggiungerla”, aiutati da programmi lavorativi, compresi spazi e momenti religiosi, che facilitano il recupero degli ospiti del centro.
♦ “Impariamo un lavoro che ci aiuterà ad affrontare con dignità la libertà. Non tutto è finito qui, è solo una pausa nella nostra vita, è un momento per riflettere su come vorresti vivere e vorresti che i tuoi figli vivano. Lavoriamo per far sì che i nostri figli non ripetano la nostra storia”.
(fonte: Da Radio Vaticana, 17 febbraio 2016).