Mostre culturali dell’estate 2005
Una mostra fotografica, allestita grazie ad un lavoro straordinario, spiegabile solo se si ama la propria terra, riporta nella memoria di quanti hanno vissuto il dramma e le angosce causate dal terremoto che nel 1905 devastò letteralmente il paese di Parghelia, ricostruito 30 anni dopo. Per gli organizzatori visitare la mostra e ripercorrere la storia di questo paese non deve essere un’esercitazione intellettuale né un’evasione dalle responsabilità del presente.
di Bruno Cimino
foto di Salvatore Libertino
Tropea – Cento anni fa, l’8 settembre 1905 nel pieno della notte, alle 3,05 un boato assordante scosse il paesino di Parghelia. Il novantanove per cento delle case venne raso al suolo. I morti furono poco più di cinquanta ed i feriti oltre cento. Ad osservare le tristi immagini di quell’impietoso evento naturale che devastò tantissimi altri comuni calabresi, sembra di udire i lamenti dei feriti, di morire con quella gente, di perdersi in quella sventura che a tutt’oggi non è paragonabile, secondo le persone che ancora ricordano, neanche alla prima o seconda guerra mondiale.
La mostra fotografica, organizzata dal Centro Studi Storici e Sociali del comune di Parghelia, grazie al costante lavoro di Pietro Scordamaglia, non è un evento turistico da inserire tra le pur tante pregevoli iniziative che d’estate si programmano per allietare le vacanze dei villeggianti. Questo progetto è qualcosa di più perché parte innanzitutto da una ricerca durata tre anni. “Ed ancora - ci confessa Scordamaglia - non completamente finita. L’obiettivo è anche quello di coinvolgere tutti coloro che sicuramente hanno documenti utili per arricchire le pagine di questa storia mai dimenticata”.
La ricostruzione iniziò nel 1926 e, anche se non completamente, terminò nel 1935. In realtà le ultime abitazioni sono state consegnate nel 1953. Certo è che la maggior parte dei cittadini di Parghelia, come dimostrano le foto, hanno abitato nelle baracche di legno per venti lunghi anni: neanche il più disgraziato degli amministratori politici vissuto dal dopoguerra ad oggi avrebbe potuto fare peggio, nonostante le maggiori possibilità e disponibilità.
La mostra, allestita nei locali delle scuole comunali di Parghelia, è suddivisa in tre sezioni che ne distinguono i rispettivi periodi. Si parte dal disastro con i primi soccorsi, si continua con il lungo periodo dell’abbandono e si arriva alla ricostruzione. Le foto, circa centocinquanta, sono tutte di grande interesse storico ed è secondario rilevare che alcune sono i clic di giornalisti professionisti ed altre di fotografi dilettanti. Oggi sono un patrimonio anche i disegni apparsi sulla Domenica del Corriere e gli articoli o didascalie di noti e meno noti cronisti della carta stampata dell’epoca.
Il fatto centrale, come rileva un comunicato del Centro Studi Storici e Sociali di Parghelia, è il terremoto nella memoria storica della collettività, ossia la notizia del dramma che nella mostra è documentata benissimo al punto che del paese ricostruito si sa praticamente tutto. Quello che era è affidato alla volontà di custodirne il ricordo, non solo dell’arredo urbano ma anche della vita sociale che gli abitanti svolgevano per quelle strade che non esistono più, “Davanti a Sant’Anna”, “Abbasciu” e sotto “A Turri”.
Questo evento fu talmente sconvolgente che per molti anni gli abitanti di Parghelia usavano una terminologia temporale per indicare o circoscrivere un periodo, ossia dicevano “prima du terremotu” e “dopu du terremotu”.
La domanda finale che si pongono gli organizzatori della mostra e che sperano coinvolga tutti coloro che amano la propria terra, è se la nuova generazione sia in grado di porre le premesse per un futuro di sviluppo e di progresso che affondi le proprie radici nel cuore antico di Parghelia. Questo perché “il cammino della storia non consente nostalgie”.
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