Fede e dintorni

PAPA VISITA SOPRAVVISSUTA DI AUSCHWITZ

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

Roma. Papa visita sopravvissuta di Auschwitz.

– I gesti di Papa Francesco non finiscono di sorprendere e rivelano la sua profonda umanità nel sentirsi e dirsi vicino a chi soffre o gioisce: una concreta messa in pratica di “Fratelli tutti”.
– Nei giorni scorsi egli ha fatto visita ad Edith Bruck, sopravvissuta ad Auschwitz. Aveva letto la sua intervista, che raccontava dell’orrore vissuto da lei e dalla sua famiglia nel tempo della persecuzione nazista, e ne era rimasto molto colpito. Così ha chiesto di poterla incontrare e si è recato a farle visita nella sua abitazione.
– E così Papa Francesco nel pomeriggio di sabato pomeriggio 20 febbraio ha lasciato il Vaticano e si è diretto nel centro di Roma, per una visita privata a casa di Edith Bruck, scrittrice ebrea di origini ungheresi, che ha trascorso due terzi della sua vita in Italia.
– “Sono venuto qui da lei per ringraziarla della sua testimonianza e rendere omaggio al popolo martire della pazzia del populismo nazista e con sincerità le ripeto le parole che ho pronunciato dal cuore allo Yad Vashem e che ripeto davanti ad ogni persona che come lei ha sofferto tanto a causa di questo: «Perdono Signore, a nome dell’umanità».

Parole di sincera umanità rivolte da Papa Francesco a Edith Bruck.
«Sono venuto qui da lei per ringraziarla per la sua testimonianza e per rendere omaggio al popolo martire della pazzia del populismo nazista. E con sincerità le ripeto le parole che ho pronunciato dal cuore di fronte allo Yad Vashem e che ripeto davanti ad ogni persona che, come lei, ha sofferto tanto a causa di questo: “Perdono, Signore, a nome dell’umanità».

♦ E dopo un’ora di conversazione con Edith Bruck, Papa Francesco, prima di andarsene ci ha tenuto a spiegare le ragioni che l’hanno spinto a muoversi e a ripetere il concetto che è alla base della sua ultima lettera enciclica:
«Siamo tutti fratelli, anche se, a volte, Caino se lo dimentica, come è stato nel ’900».
«Sì, accade spesso, ancora oggi», sospira Edith guardando Francesco e aggiunge: «Fino a quando accadrà così?».
Il Papa ricambia lo sguardo e le risponde: «Lei sta lottando per questo… e non è poco».
L’immagine che ritorna spesso in questa conversazione è quella della goccia nel mare, una piccola cosa, ma il mare immenso è fatto di infinite piccole cose.

♦ La conversazione del Papa con Edith Bruckha ha ripercorso quei momenti di luce di cui è stata costellata l’esperienza dell’inferno dei lager e ha evocato i timori e le speranze per il tempo che viviamo, sottolineando il valore della memoria e il ruolo degli anziani nel coltivarla e tramandarla ai più giovani.

♦ Edith Bruck ha dedicato la sua vita a testimoniare quanto ha visto.
Furono due sconosciuti, di cui raccolse l’ultima voce nel campo di concentramento di Bergen–Belsen, a chiederle di farlo: “Racconta, non ti crederanno, ma se tu sopravvivi racconta, anche per noi”.
E lei ha tenuto fede alla promessa.
Ciò che colpisce, nel leggere gli episodi descritti nell’intervista concessa in precedenza ad Andrea Monda, direttore dell’Osservatore Romano, è lo sguardo di speranza che Edith riesce a trasmettere.

Anche quando racconta dei momenti più bui, dell’abisso di orrore nel quale lei, bambina, è stata immersa perdendo buona parte della sua famiglia, non manca mai di fissare sempre il suo sguardo su un particolare bello e buono, su qualche accenno di umanità che le ha permesso di continuare a vivere e a sperare.

♦ Così, nel descrivere la vita del ghetto dopo essere stata strappata insieme ai suoi genitori e ai suoi fratelli dalla casa nel villaggio rurale dove viveva, ecco che racconta di un uomo non ebreo che regala un carro di viveri per aiutare i perseguitati.
♦ Mentre dice di quando lavorava a Dachau per scavare trincee ecco che ricorda un soldato tedesco che gli lancia la sua gavetta da lavare, “ma al fondo aveva lasciato della marmellata per me”.
♦ E mentre descrive il suo lavoro nelle cucine per gli ufficiali ecco spuntare la figura del cuoco che le ha chiesto come si chiamasse e all’udire la risposta pronunciata da Edith con voce tremante ha risposto: “Ho una bambina della tua età”. Detto questo, “tirò fuori dalla tasca un pettinino e guardando la mia testa con i capelli appena appena ricresciuti me lo regalò. Fu la sensazione di trovarmi davanti dopo tanto tempo un essere umano. Mi commosse quel gesto che era vita, speranza”.
Bastano pochi gesti per salvare il mondo, conclude Edith Bruck, che oggi ha accolto in casa sua il Vescovo di Roma venuto per incontrarla.

(fonte:  cf L’Osservatore Romano, 20 febbraio 2021).

I gesti di Papa Francesco non finiscono di sorprendere e rivelano la sua profonda umanità nel sentirsi e dirsi vicino a chi soffre o gioisce: una concreta messa in pratica di “Fratelli tutti”. – Nei giorni scorsi egli ha fatto visita ad Edith Bruck, sopravvissuta ad Auschwitz. Aveva letto la sua intervista, che raccontava dell’orrore vissuto da lei e dalla sua famiglia nel tempo della persecuzione nazista, e ne era rimasto molto colpito. Così ha chiesto di poterla incontrare e si è recato a farle visita nella sua abitazione. “Sono venuto qui da lei per ringraziarla della sua testimonianza e rendere omaggio al popolo martire della pazzia del populismo nazista e con sincerità le ripeto le parole che ho pronunciato dal cuore allo Yad Vashem e che ripeto davanti ad ogni persona che come lei ha sofferto tanto a causa di questo: «Perdono Signore, a nome dell’umanità».

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