Il curriculum della scrittrice vanta un’infinità di articoli ritenuti, a ragione, il più grande serbatoio di notizie-indagini sull’esoterismo in generale. Ha curato e condotto una serie di trasmissioni Rai, tra cui “Mister O”. Giornalista e scrittrice molto prolifica, dedica le sue attività alla ricerca e alla divulgazione dei fenomeni paranormali.
di Bruno Cimino e Bruna Fiorentino
foto Archivio Trophaeum
Roma - Paola Giovetti è nata a Firenze, ma risiede a Modena. Non sono, queste, città ritenute “luoghi di forza particolari”, eppure è da lì che bisogna incominciare per comprendere lo straordinario viaggio iniziatico della Giovetti all’alba del suo ingresso nel mondo del mistero.
Domanda - A quando risale la tua attività come ricercatrice e scrittrice nel vasto mondo del paranormale?
Risposta – Risale, come parte attiva, alla fine degli anni ‘70 quando condussi un’inchiesta sulle persone in punto di morte, da cui nacque il mio libro “Qualcuno è tornato” (1981) ma l’interesse era sicuramente precedente. All’inizio collaboravo con “Gli Arcani”, la rivista di Armenia che ho condiretto.
R - No, direi che viene concesso abbastanza spazio a questi temi. La mia personale esperienza in televisione risale agli inizi degli anni ‘80 con Mino D’Amato quando intervenni in una serie di trasmissioni ad “Italia Sera”. In seguito ci fu “Mister O” e da allora sono stata ospite in innumerevoli programmi attenti a particolari problematiche. Certo, dopo questa produzione, non sono state più realizzate trasmissioni strutturate e continuative. Ma sono scelte di chi dirige le televisioni.
D - Ci puoi indicare due o tre titoli di libri che, secondo te, tutti coloro i quali si interessano di parapsicologia ed esoterismo dovrebbero leggere?
R - Ce ne sono molti, dipende dai temi. Per la parapsicologia, in senso stretto, io consiglierei quelli di Milan Ryzl, un parapsicologo puro, che ha scritto “Parapsicologia”. Poi, per le esperienze in punto di morte, c’è il mio “Qualcuno è tornato”. Per la medianità suggerirei quelli del Cerchio Firenze.
D - E tra i tuoi, oltre a “Qualcuno è tornato”?
R – Diciamo che amo molto “I luoghi di forza” perché è un tema affascinante ma anche “Indaco”, una storia sui bambini di oggi.
D - Con il tuo ultimo libro: “I luoghi di forza” pensi di avere inaugurato, forse involontariamente, un nuovo tipo di turismo, quello spirituale?
R – Chissà, forse è così. Questo argomento lo avevo comunque trattato in una precedente pubblicazione “L’Italia dell’insolito e del mistero”, sulla base di un turismo che ho praticato personalmente in Italia, perché mi piace girare e visitare luoghi particolari. Poi ho affrontato le stesse tematiche sui luoghi di forza in tutto il mondo. Il mio libro è probabilmente il primo in Italia, ma in altri paesi quali quelli anglo-sassoni, soprattutto di lingua tedesca, il tema viene affrontato da tempo.
D - Qual è stata l’esperienza esoterica che ti ha sconvolta o meglio affascinata maggiormente?
R - Quella che ha segnato il mio personale coinvolgimento in questi temi è sicuramente la stessa che ho raccontato nella prefazione di “Angeli”. Si tratta di un’esperienza infantile, l’unica che ho avuto. All’età di circa 4 anni, mi sono svegliata a causa di una luce in fondo al letto. Mi sono messa a sedere per vedere meglio e dentro questa luce, a forma di grande oliva luminosissima, c’era una figura di uomo vestito di bianco con cui ci fu uno scambio di affetti, di sorrisi, non di parole. Non ebbi paura: mi sentivo rassicurata e protetta. Poi la figura svanì. Non ho raccontato a nessuno questa storia fino a quando non sono riuscita a capire che si potesse trattare di un angelo, tra l’altro, senza ali. Poi ho assistito ad esperienze di numerose persone. Mi hanno affascinata moltissimo quelle medianiche che sono le più coinvolgenti anche dal punto di vista visivo.
D - E di quel sabato 22 gennaio 1977 quando in una seduta con il Cerchio Firenze ti si materializzò in mano un reliquiario?
R - Quella era la prima volta che assistevo alle sedute del Cerchio Firenze ed ero molto emozionata. Mi fecero sedere vicino a Roberto Setti che andava in trance molto facilmente, spesso cambiando voce. Nel buio completo, le sue mani emanavano una luminosità azzurrina dall’interno. Roberto continuava a chiuderle e riaprirle mentre una specie di nube, forse un ectoplasma, saliva in alto. Intanto la sua guida fisica parlava e alla fine mi disse: “Questo è per te, sorella Paola, allunga le mani”. Le allungai e mi fu messo dentro qualcosa. A poco a poco la luce sfumò e l’oggetto si materializzò in un reliquiario d’argento con la ceralacca dietro ed il sigillo del vescovo, databile tra la fine del ‘700 ed i primi ‘800, con dentro un pezzetto del mantello della Vergine, in cui è scritto “Ex velo Virginis Mariae”.
D - Perché, secondo te, in un campo così ristretto di ricerca (riferito alle persone che vi operano) ed altrettanto determinante per il divenire dell’umanità, ci sono tante concorrenze sleali al limite anche della più infima bassezza?
R - Me lo sono sempre chiesto fin dalle mie prime partecipazioni ai congressi. Io, per carattere, sono molto collaborativa ed aperta verso gli altri. Invece le gelosie e le piccolezze regnano anche in questo campo. Purtroppo il lato umano prevale al di là delle ricerche buone che si possono compiere. Non è una regola ma di questi arrivismi ne ho notati tanti.
D - Nonostante la netta convinzione degli studiosi più accreditati che dall’aldilà si incoraggi il “contatto”: tavolino, metafonia, psicofonia, psicoscrittura, incorporazione, planchette e così via, come mai ancora non è possibile l’incontro “naturale”, senza il tramite di strumenti?
R - E’ un contatto veramente difficile: sono due piani diversi quello spirituale e quello umano, senza possibilità d’incontro e di visualizzazione. Per questo motivo i rapporti con il mondo spirituale sono sempre avvenuti ad un livello alterato di coscienza o nel sogno, perché il mondo dei cinque sensi sembra precludere il contatto con il mondo sottile. Ci sono persone più sensibili delle altre che sembrano poter fungere da tramite, come pure alcuni strumenti tecnici. Purtroppo, ancora, non siamo in grado di sederci con gli spiriti a colloquiare. Comunque sembra fuori discussione che loro gradiscano questi contatti.
Anche per la nostra intervista il contatto, ovviamente giornalistico, con Paola Giovetti ha assunto un valore medianico, utile sicuramente ai lettori de Il Gazzettino di Tropea e Dintorni i quali troveranno in queste righe molte di quelle risposte che solitamente riguardano l’affascinante dimensione dell’ignoto.
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