Un fiume in piena Giovanni Macrì durante la sua ultima conferenza stampa del 2 maggio, incentrata su una poco nota faccenda riguardante il porto di Tropea, che ha interessato l’omonima società e il Comune. Tutto ha inizio durante l’estate 2008, quando la “Porto Tropea SpA” realizzò otto pontili galleggianti lungo il molo foraneo al fine di aumentare i posti barca e, al contempo, per ridurre i prezzi in favore dei residenti. «Ebbene – spiega Macrì –, l’Ufficio Tecnico di Tropea, con Ordinanza n. 181 del 30 dicembre 2008, ha ingiunto alla Società Porto l’immediata rimozione e messa in pristino delle suddette opere poiché, a suo dire, erano state realizzate in violazione di legge. Il responsabile dell’UTC giungeva a tale conclusione utilizzando uno pseudo parere dato dal Dipartimento n° 8 “Urbanistica e Governo del Territorio” della Regione Calabria». In tale documento, a firma del funzionario regionale Angelo Colaci, che è datato 5 settembre e viene prodotto in risposta ad una richiesta del dieci giungo, si legge: «questo Ufficio non ha espresso alcun parere in merito all’argomento, in quanto mai richiesto», e prosegue spiegando che «è appena il caso di precisare che le opere in questione restano subordinate alla normativa urbanistica vigente e nello specifico». In pratica, secondo Macrì, il Comune «emetteva la sentenza di condanna utilizzando quale presupposto fondamentale il succitato parere regionale». Ma in una seconda nota del 5 febbraio 2009 il responsabile dell’Unità Operativa Colace spiega all’UTC che il contenuto della precedente comunicazione era stato frainteso e che con essa si invitavano semplicemente gli Uffici a voler «attivare tutte le procedure necessarie», mentre invece tali uffici avrebbero «desunto “inconfutabilmente” che le opere sono state realizzate in assenza di titolo abilitativo edilizio», e precisa quindi che «lo scrivente Ufficio si è limitato a richiamare l’attenzione del responsabile dell’Area Gestione del Territorio alle prescrizioni contenute nelle norme […] senza esprimere parere di sorta». A questo punto, quindi, l’azione intrapresa dal Comune perse, di fatto, le fondamenta su cui si basava. Ma Colace, nella seconda nota, sottolinea inoltre che «qualunque attività svolta sul demanio marittimo necessita di apposita concessione da parte dell’Ente gestore, che giova ricordare essere la Capitaneria di Porto di Vibo Valentia Marina, la quale con Licenza Suppletiva n° 9 del 3 marzo 2007 autorizzava la S.p.A. Porto di Tropea alla realizzazione di otto pontili galleggianti per ormeggio imbarcazioni da diporto». Visti tali documenti, secondo Macrì «il Comune di Tropea, l’UTC, anziché fare ammenda e procedere ad un annullamento in autotutela dell’Ordinanza di messa in pristino, perseverava nell’errore costringendo la Società Porto a far valere le sue ragioni innanzi al TAR Calabria che, con Ordinanza n. 341 del 24 aprile, evidentemente riconoscendo la fondatezza dei motivi di censura, disponeva la sospensione dell’impugnato provvedimento sanzionatorio».
«Se pensassi male – commenta Macrì –, riterrei che il procedimento sia stato artatamente messo in piedi dall’Amministrazione comunale, che non ha fatto mai mistero della volontà di azzerare la società porto, e come ritorsione nei confronti della società, che ha più volte resistito ai tentativi di illegittima ingerenza nell’attività di gestione. Il fatto è ancor più grave perché l’Amministrazione, dimenticando di essere socia al 20% del Porto, ha posto in essere un atto che rischiava di arrecare un gravissimo danno economico e di immagine all’intera Città di Tropea ed alla Società Porto in particolare che, grazie all’ottimo lavoro del suo board, ha creato ricchezza per la città rappresentandone il fiore all’occhiello: l’unica efficienza in un ambito di desolata incapacità amministrativa».