Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Nel presepe le nostre radici e il nostro futuro.
– Mai, come in quest’anno di pandemia del corona virus, il Presepe terrà compagnia alle famiglie, infondendo nuova speranza per la ripresa umana e spirituale dopo mesi di ansia e viva preoccupazione.
– A Roma, in Piazza San Pietro, venerdì 11 dicembre nel tardo pomeriggio è stato svelato il presepe ed acceso il grande albero di Natale. Il presepe, pur realizzato tra il 1965 e il 1975, esprime con forme insolite quali sfide dovrà affrontare l’umanità per restare fedele a se stessa (e a Dio), mentre il grande albero è un abete che ha trent’anni e proviene dalla Slovenia, una nazione che ha lo stesso numero d’anni di indipendenza.
– Il presepe e gli altri segni religiosi natalizi mantengono terreno nel cuore dei cristiani (o semplici cittadini?), pur carichi di vari altri messaggi. Ma nello stesso tempo si assiste ad una azione sistematica per abolirli come richiami religiosi (e quindi dalla loro cultura). – Una cultura laicista, più che laica, che mostra di rispettare più il “diritto” di un animale che il patrimonio religioso e tradizionale di milioni di persone. – La tradizione religiosa natalizia non intende imporsi con la forza sulla sensibilità ormai multiculturale e multi-religiosa della gente, ma di proporre quei contenuti sempre veri che passano attraverso i simboli: pace, riconciliazione, fraternità, condivisione… Poi saranno i singoli credenti a dare la loro personale adesione di fedeli al mistero che i segni natalizi evocano o rappresentano. – Ma c’è il rischio che si ripresentino i “nudi” simboli natalizi senza quella reale condivisione dello spirito che li pervade. E si perde davvero una bella opportunità per ritrovarsi più umanizzati.
1. Il presepe e l’albero in piazza San Pietro 2020.
♦ Venerdì 11 dicembre pomeriggio, in piazza San Pietro è stato inaugurato il presepe: un’opera moderna in ceramica, e dono di Castelli in provincia di Teramo, centro famoso da secoli per le sue ceramiche. Il presepe è stato realizzato tra il 1965 e il 1975 dai docenti e alunni dell’Istituto d’arte “F.A. Grue”.
Nella sua interezza è composto da 54 grandi statue, tra cui figurano anche un islamico, un rabbino ebreo, un astronauta e persino un boia (in riferimento alla pena di morte)… Già si presenta come opera controversa: sembra deludere quasi tutti, ma entusiasmare chi si addentra in un percorso sibolico-culturale.
♦ Questo presepe si presenta molto distante dall’immagine della sacra famiglia del presepe tradizionale. Di certo genera stupore, ma non è quello stupore o meraviglia che nasce davanti a qualcosa che evochi dolcezza, tenerezza, la semplicità della povertà, dell’essenziale.
♦ La maggioranza dei commenti esprime delusione e la rete web non è certamente prodiga di complimenti. Ma ci sono i commentatori entusiasti che vedono “oltre le forme tradizionali” nuovi contenuti di problemi e sfide che l’umanità dovrà affrontare.
Per Marco Marsilio, presidente della Regione Abruzzo, «questo presepe monumentale testimonia l’eccellenza di una tradizione che per gli abruzzesi è plurisecolare, anche grazie alle rappresentazioni viventi con centinaia di figuranti. I simboli cristiani costituiscono le fondamenta della nostra storia: in un periodo particolarmente difficile per la pandemia e il distanziamento sociale, le feste natalizie ci facciano riscoprire i valori della famiglia e della solidarietà».
♦ Il grande albero di Natale è un abete che ha 30 anni e proviene dalla Slovenia, una nazione che ha lo stesso numero d’anni di indipendenza. Ha detto l’arcivescovo metropolita di Maribor, mons. Alojzij Cvikl: “L’albero viene da una zona della Slovenia bagnata dal sangue di martiri dopo la seconda guerra mondiale. Proprio perciò quest’albero sempreverde, vuole essere segno dell’amore di Dio che è sempreverde ed eterno. In Gesù, Dio si inchina verso ognuno di noi perché ci vuole immensamente bene e ci vuole donare la propria pace”.
♦ L’albero e il presepe rimarranno esposti ai visitatori fino al 10 gennaio 2021, Festa del Battesimo del Signore. (fonte: varie web).
2. Allestire il presepio in casa nell’attesa di Gesù Bambino.
Il ritorno del presepio nelle case può essere l’occasione per riscoprire, genitori e figli insieme, la condivisione dell’attesa che precede il Natale.
♦ Possiamo pensare all’arte di fare il presepio con creatività e laboriosità intesa come liturgia domestica. Educare se stessi all’attesa significa dare al ritmo quotidiano dell’Avvento una tempistica sganciata dalla fretta.
♥ L’attesa di Colui che viene a donare gioia al nostro cuore e nella nostra famiglia è alimentata da segni e simboli legati alla tradizione religiosa.
Diventa importante lo spazio individuato nella propria abitazione per la realizzazione del presepio, la scelta delle statuine, il materiale da utilizzare, il luogo adatto secondo i propri gusti estetici.
♦ Educare all’attesa può essere l’obiettivo psico-educativo e religioso del fare il presepio in famiglia.
Mentre si attende in un clima di pace, si vince l’impazienza, dando valore ai doni che il Signore elargisce ogni giorno e sviluppando un atteggiamento di gratitudine alla vita stessa.
♥ Allestire il presepio in famiglia con la partecipazione di adulti e bambini, richiede un impegno collaborativo da parte di ciascuno ed ha una valenza educativa verso i più piccoli.
Se la fase di realizzazione del presepio avviene nell’armonia familiare e in un clima gioioso di fede, alla vigilia di Natale si aspetterà davvero la nascita di Gesù Bambino.
♥ Nella Notte di Natale con cuore umile e pieno di stupore, l’intera famiglia potrà inneggiare il Gloria.
Dopo la messa di mezzanotte, rientrando a casa, Gesù Bambino verrà deposto fra Maria e Giuseppe nel presepio allestito insieme (Lucia Giallorenzo).
3 L’importanza di preparare il cuore.
«Molti Cristiani sogliono per lungo tempo avanti preparare nelle loro case il presepio, per rappresentare la nascita di Gesù Cristo; ma pochi son quelli che pensano a preparare i loro cuori, affinché possa nascervi in essi e riposarvi Gesù bambino. Ma tra questi pochi vogliamo essere anche noi, acciocché anche noi siamo fatti degni di restare accesi da questo felice fuoco, che rende l’anime contente in questa terra e beate nel cielo» (S. Alfonso da “Novena del Santo Natale”, 1758).