Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Nel dolore Dio ci è vicino.
– Nella sofferenza e nel dolore Dio ci è vicino. Lo si può vedere nella esperienza di Fra Daniele Hechich la cui vita fu segnata dall’arteriosclerosi a placche terminando con la morte il 26 settembre 2009 a Saccolongo (Padova) ed ora sula via della beatificazione.
Nella sofferenza e nel dolore egli ha trovato la strada per la santità e i numerosi fedeli che lo frequentavano per una parola di conforto, una preghiera, una confessione, sperimentavano la vicinanza di Dio.
– Chi non ricorda l’esperienza singolare di Padre Pio, un santo diventato universale, ma che ha vissuto la croce e la sofferenza nella discreta solitudine del convento e nel fruttuoso apostolato del confessionale.
– Anche Fra Daniele (o Padre Daniele) fu dotato di particolari doni del Signore: non smise mai di mettersi a disposizione per l’ascolto e il servizio di apostolato. Anzi offrì la sua sofferenza per il bene della Chiesa, per la conversione dei peccatori e la santificazione del clero. – Domenica 29 novembre, che è stata la prima di Avvento, ha preso il via la causa di beatificazione con l’apertura ufficiale del processo diocesano. Dio scrive sempre diritto sulla nostre righe storte.
♦ Un frate minore verso la gloria degli altari: padre Daniele Hechich, la cui vita fu segnata dall’arteriosclerosi a placche, morto il 26 settembre 2009 nella Casa Sacro Cuore di Saccolongo, in provincia di Padova. La speranza è molta tra i numerosissimi fedeli e i suoi devoti che accorrevano per una parola di conforto, una preghiera, una confessione.
E il primo passo è stato sancito domenica 29 novembre 2020 con l’apertura ufficiale del processo per la causa di beatificazione e canonizzazione del servo di Dio Hechich, alla presenza del vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla e dei componenti la commissione deputata a raccogliere testimonianze e documentazione.
♥ Una figura, quella di padre Daniele, che è stata segnata dalla sofferenza e dal dolore. Ma proprio nella sofferenza e nel dolore, come hanno ricordato il vescovo Cipolla e il vice postulatore dei frati minori, padre Claudio Bratti, il servo di Dio Hechich ha trovato la strada per la santità.
♦ Nato a San Pietro in Selve, in Istria il 22 giugno 1926, e battezzato con il nome di Stanislao Liberato, dopo essersi formato al Seminario di Chiampo ( VI), vestì il saio francescano nel 1945, prendendo il nome di Daniele e nel 1952 divenne sacerdote a Venezia.
♦ Visse la sua vocazione francescana come confessore e direttore spirituale in vari conventi del Nordest: Madonna del Mare a Trieste, Sant’Antonio a Gemona, San Nicolò del Lido a Venezia, Santa Maria Ausiliatrice a Treviso, Santissimo Redentore a Verona per arrivare poi nel padovano, prima a San Giacomo di Monselice, quindi a San Francesco a Cittadella e infine, una volta impedito nell’autonomia dalla sua malattia, a Casa Sacro Cuore di Saccolongo, residenza per religiosi non autosufficienti, dove morì.
♥ A soli 32 anni si manifestarono i primi sintomi di una malattia degenerativa, l’arteriosclerosi a placche, che lo accompagnò per 50 anni, rendendolo man mano non autosufficiente.
Nonostante le difficoltà e le sofferenze dovute alla malattia, padre Daniele, dotato anche di particolari doni del Signore, non smise mai di mettersi a disposizione per l’ascolto e il servizio di apostolato, anzi offrì la sua sofferenza per il bene della Chiesa, la conversione dei peccatori e la santificazione del clero.
♥ Padre Daniele è l’esempio di come «il Signore ha saputo valorizzare anche il dolore» ha ricordato il vescovo Cipolla in occasione nella sessione di apertura della causa di beatificazione.
♥ «Il Signore sa trasformare la sofferenza, non la abbandona mai a se stessa e non lascia che sia soltanto un’esperienza devastante.
♥ Il Signore nella sua onnipotenza sa cogliere questi luoghi estremi e lì porta il suo disegno di amore».
♥ Padre Daniele è l’esempio che «le nostre sofferenze nelle mani di Dio non sono vane», egli è riuscito a portare «la sofferenza dentro la misericordia di Dio e a trasformare i suoi mali fisici per parlare di Dio e della sua misericordia»; si è fatto «segno tangibile di Dio che è vicino e si occupa di chi è nella sofferenza fisica o morale».
(fonte: Avvenire.it, 4 dicembre 2020).