Progetto “Un nuovo monumento a Tropea”

Motivazioni storiche e sociali legate alla realizzazione della scultura

“I Tropeani contro gli assalti dei Saraceni”

A) Motivazioni storiche

La popolazione di Tropea ha subito nel corso dei secoli una serie infinita di incursioni saracene sia organizzate militarmente sia di predatori impazziti che avevano il solo scopo di fare bottino, anche umano. L’emozione e lo spavento suscitato da questi avvenimenti, prottrattisi per un lunghissimo arco di tempo, molto hanno influenzato le tradizioni ed il folklore locale come si può a tutt’oggi notare in alcune feste e ricorrenze. Tuttavia una certa confusione è insita già nel nome “Saraceni” il cui significato, alquanto controverso, racchiude una quantità incredibile di popolazioni il cui unico comune denominatore fu quello di professare la stessa religione, quella islamica, predicata da Muhammad (570 c.- 632). Maometto, tra tutti i fondatori di religioni, è sicuramente il meglio conosciuto storicamente. Egli non fu soltanto colui che fece conoscere i dettami dell’Islam (lett.: sottomissione a Dio), il Profeta di Allah, ma fu anche il primo che riuscì a gettare le basi di uno stato organizzato, secondo un modello completamente estraneo alla vita nomade delle primitive tribù arabe.

Ma da dove deriva il nome “Saraceni”?

Il termine “saraceno”, usato nella sua accezione di aggettivo e di sostantivo, ha un’origine ancora, per molti versi, incerta. Nelle antiche fonti classiche e bizantine esso indicava una popolazione araba che abitava sul monte Sinai (dal latino Saraceni o Sarraceni, orum; dal greco Sarakenoì) e, in seguito, gli Arabi in generale. Per quanto concerne l’etimologia, S. Girolamo proponeva una lettura del termine in Agareni, per definirli come discendenti di Agar, concubina di Abramo e non sua legittima sposa. Questo significato, in parte dispregiativo, fu particolarmente apprezzato nel Medioevo quando si sostituiva il termine Saraceni con Agareni. Secondo altri il nome deriverebbe dalla radice araba saraqa, ossia rubare, per sottolineare il carattere di predoni e razziatori degli Arabi.
Un’ulteriore antica etimologia legherebbe il nome a sharqi che in arabo significa “orientale”, ossia al luogo di provenienza. Tuttavia il termine fu utilizzato dal Medioevo in poi sia per indicare gli Arabi propriamente detti e, in particolare, quei gruppi che nel IX-X secolo si stabilirono nelle regioni mediterranee europee, sia i seguaci dell’Islam (musulmani) in generale.
Per tale ragione nel corso dei secoli si parlò di invasioni, incursioni, emirati saraceni intendendo, così, popolazioni che praticavano l’Islam senza tenere conto della loro stirpe e provenienza.
Il monumento “I Tropeani contro gli assalti dei Saraceni” intende quindi celebrare la millenaria lotta avvenuta tra gli abitanti di Tropea e paesi limitrofi contro le continue scorribande di predoni e truppe musulmane in quei territori. 

B) Motivazioni sociali

Tropea è senza ombra di dubbio una delle località turistiche più belle e suggestive della nostra penisola. Non sono pochi, infatti, i turisti italiani e stranieri che ogni anno affollano le sue stupende spiagge dalle bianche sabbie, si immergono nello splendido mare dai colori cangianti e godono delle bellezze paesaggistiche del luogo. I vicoli del centro storico si riempiono di visitatori e curiosi che si aggirano per i mille negozi di artigianato e visitano gli interessanti monumenti, patrimonio inestimabile del passato.
Eppure Tropea, nonostante il suo notevole retaggio storico, non ha opere che celebrino episodi o momenti cruciali di un passato glorioso. Una tale mancanza è alla base dell’idea nata in seno all’Associazione culturale Trophaeum che, sposando il progetto e la maestria dell’artista tropeano Antonio Lorenzo, intende realizzare una scultura in bronzo dal nome “I Tropeani contro gli assalti dei Saraceni”.
La scultura rappresenta l’improba lotta degli abitanti contro gli invasori musulmani che per centinaia di anni hanno imperversato nella cittadina calabrese e non deve essere intesa come un pezzo a sé stante, una cattedrale nel deserto, ma intende valorizzare tutta un’area, quella sottostante la villetta del Borgo, attualmente abbandonata al degrado e alla noncuranza totale. Il progetto include, pertanto, una risistemazione generale del luogo che possa permettere sia agli abitanti che ai turisti di godere di una splendida visuale sull’Isola e sul mare e di un momento di relax all’interno di una nuova oasi di pace. Infatti il monumento dovrebbe essere inserito all’interno di una vasca ovale e, trattandosi di un altorilievo “frontale”, appoggiato posteriormente sui due archi retrostanti, illuminati di notte con uno gioco di luci, dove andrebbero racchiuse due cascate di acqua.
Il luogo deve essere valorizzato con l’inserimento di aiuole e di una vegetazione ben curata in cui ci si possa riposare e permettere ai bambini di giocare liberamente, di una fontanella e di una serie di panchine. La scalea, che conduce al primo terrazzamento, deve essere pensata in modo da permettere l’accesso anche ai portatori di handicap.
E’ da sottolineare, quasi per restare in tema con la storia che sottende il monumento, che la sistemazione su più terrazzi ricorda la tipologia tipica dei giardini orientali, emblematica rappresentazione del Paradiso sulla terra, che si sviluppano su livelli differenti.
La scultura, oltre alla valorizzazione di uno dei rioni storicamente più importanti della città, attualmente diventato quasi una discarica pubblica, fungerà da opera di immediata consultazione per ridare alla memoria storica quanto serve per non dissolvere valori fondamentali.
Ed è proprio seguendo una tale chiave interpretativa di lettura sociale che deve essere compreso il monumento “I Tropeani contro gli assalti dei Saraceni”.   

BREVI NOTIZIE STORICHE

del periodo relativo alle invasioni dei Saraceni a Tropea

Poco mancò che alla morte del Profeta Muhammad l’opera da lui iniziata crollasse: nessuno, infatti, era stato designato a succedergli. Tuttavia sembra che, abbastanza facilmente, ci si accordò sui nomi dei suoi primi quattro successori, i califfi: Abu Bakr (632-634); Omar (634-644); Othman (644-656) ed Ali (656-661). Sotto di loro sia la conversione all’Islam dei popoli fuori dell’Arabia sia le conquiste territoriali verso est ed ovest si moltiplicarono.
Durante la successiva dinastia Omayyade (661-750 c.) l’impero sorto dalle vittorie arabo-islamiche (le truppe si erano arrestate ad oriente sull’attuale Sir Darya e ad occidente, dopo avere conquistato l’Egitto, gran parte dell’Africa settentrionale, la Spagna e la Francia i musulmani furono fermati nella battaglia di Poitiers nel 732, che segnò l’arresto dell’avanzata islamica nell’Europa occidentale) si andò gradualmente organizzando tanto che la capitale fu spostata da Medina, in Arabia,  a Damasco (Siria) per avere una posizione più centrale.
La dinastia seguente, quella degli Abbasidi (749-1258), nata da una rivolta nel Khorasan, durò almeno formalmente cinque secoli anche se il suo predominio si andò lentamente sgretolando fino a quando l’ultimo dei califfi, il cui titolo era ormai solo onorifico in quanto nel resto dell’impero le singole province vivevano la loro indipendenza, fu ucciso nel 1258 dai Mongoli nel sacco della capitale Baghdad.
Già sotto il fondatore della dinastia Omayyade, il califfo Muawiya (661-680) ed ancora prima nel 652, la Sicilia e l’Italia meridionale bizantina avevano conosciuto le scorribande dei razziatori saraceni. Ma una vera e propria invasione si ebbe solo molto più tardi allorquando nell’827, Asad ibn al-Furat, a capo di una piccola flotta saracena, sbarcava a Mazara con poco più di 10.000 uomini tra Arabi e Berberi sconfiggendo i Bizantini e iniziando, così, l’occupazione dell’isola che si completò alla fine del IX secolo e durò fino al 1066 anno della riconquista normanna conclusasi nel 1091 con la presa di Noto. L’avvenimento, di notevole importanza storica, avvenne sotto l’emiro Ziyadat Allah, della dinastia Aghlabita (800-909 c), che aveva stabilito la propria capitale a Qayrawan (Tunisia), restando solo nominalmente vassallo degli Abbasidi. I musulmani, stabilitisi in Sicilia, non si fecero impaurire dallo Stretto di Messina e presto cominciarono le loro scorribande nell’Italia meridionale e, per prima cosa, in Calabria tanto che a Reggio fu anche edificata un’effimera moschea che doveva soddisfare le esigenze cultuali degli invasori. Anche a Tropea, Amantea e S. Severina, dall’840 all’882, gli Arabi avevano costituito degli emirati che vennero, però, spazzati via dai Bizantini che volevano ristabilire il loro dominio sul mar Tirreno e Ionio. Infatti nell’885 circa una massiccia controffensiva bizantina, comandata dal generale dell’imperatore Basilio Niceforo Foca (avo del futuro imperatore omonimo) scacciò i deboli insediamenti islamici dalla Calabria compreso quello di Tropea che comunque per circa due secoli, fino a quando Roberto il Guiscardo non la liberò nel 1066, fu spesso saccheggiata ed utilizzata come base per le scorrerie.
Tuttavia la presenza araba particolarmente in Calabria non ebbe mai un carattere definitivo ma si limitò a scorribande a scopo di razzia da parte di predatori in cerca di bottino e, probabilmente, di donne da rinchiudere negli harem. La paura della popolazione era testimoniata dalla presenza di cunicoli sotterranei che servivano per sfuggire alla furia dei predoni.
Gli Aghlabidi vennero sostituiti dal Califfato Fatimida (900-1071) nell’Africa settentrionale sotto il quale, nel 918, avvenne una breve presa di Reggio Calabria. Tropea venne nuovamente sottomessa dal 946 al 952 insieme a Nicotera e Mileto (come narra il monaco calabrese Arnulfo ), ma il carattere di queste occupazioni era molto instabile ed aveva lo scopo di depredare oltreché fare dei commerci.
Nel 982 in Calabria, nella battaglia di “Capo Colonne” (forse Punta Stilo), l’esercito musulmano comandato dall’emiro della breve dinastia kalbita Abu’l Qasim inflisse una pesante disfatta all’esercito dell’imperatore Ottone II che riuscì, però, ad uccidere l’invasore.
Nei secoli seguenti il califfato fu nelle mani di popolazioni turche fondatrici di molte dinastie fra cui ricordiamo quella Ottomana che nel 1453 con Mohammad Fatih (Maometto il Conquistatore) conquistò Costantinopoli mettendo fine al millenario impero romano d’Oriente.Tuttavia le incursioni dei pirati barbareschi continuarono. Fra le tante annoveriamo quella del corsaro Khayr ed-Din, detto Barbarossa, che, nel 1543, dopo aver devastato le coste tirreniche si impadronì di Reggio Calabria, secondo alcuni mettendo a sacco e a fuoco Tropea (1543-44), dove viveva la sua presunta sposa, Flavia Caetani figlia del governatore di Reggio Calabria, secondo altri risparmiandola e portando via molti giovani da utilizzare come schiavi. Nel 1551, ancora Reggio venne attaccata dai corsari musulmani. Sempre nel XVI secolo Dragut Rais, altro famoso corsaro, imperversa sulle coste e nei paesi limitrofi a Tropea. Il viceré di Napoli Pietro de Toledo (1532-1553) propose allora all’imperatore Carlo V di costruire alcune torri di avvistamento e di difesa. Fino al 28 aprile del 1683 nell’area tropeana vi erano le seguenti torri, di cui a tutt’oggi restano dei ruderi:

1.      La Torre de Santa Maria de Lore de Tropeia

2.      La Torre nel Cabo de Vaticano territorio de Tropeia

3.      La Torre de Rufa territorio de Tropeia

4.      La Torre de Santa Domenica territorio de Tropeia

5.      La Torre de Zambrone territorio de Tropeia e, nel centro abitato, la Torre Lunga del Castello.

Neppure la vittoria sui Turchi da parte della Lega cristiana nella battaglia di Lepanto il 7 ottobre 1571, cui si dice parteciparono tre galere tropeane ed il colonnello di origini tropeane Gaspare Toraldo, pose fine alla pirateria musulmana. Infatti ancora il 29 giugno 1638 viene riportata una incursione a Tropea ed un’altra scorreria famosa si ebbe l’8 agosto 1676 dove i pirati furono respinti e cacciati. Risale, invece, al Settecento l’evento in prossimità della località conosciuta come le Formicole da allora denominato Gabbaturchi, dove un esiguo gruppo di pescatori “gabbò” i corsari inseguitori riuscendo a mettersi in salvo e provocando lo sfascio della nave nemica.

Un’incursione di notevoli proporzioni avvenne il 20 marzo 1783 a Tropea, Briatico e Pizzo dove, però, grazie all’aiuto di truppe reali e di volontari locali furono ricacciati sulle navi. Malgrado le scorrerie fossero ormai alla fine il Regno di Napoli decise di istituire una Guardia di Sicurezza Interna (22 febbraio 1821) per sorvegliare le coste cui dovevano prestare servizio obbligatorio tutti  i cittadini dai 21 ai 40 anni. Le ultime incursioni dei Saraceni si ebbero nel primo ventennio del XIX secolo quando terminarono del tutto in concomitanza con il lento ma inesorabile crollo dell’impero ottomano.
 

Redazione gazzettino 
    di Tropea e dintorni

 

 

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