Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Morti innocenti di mafie, martiri di oggi.
– Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei giusti… Il loro nome è scritto sulla mano del Signore (cfr. Is 49,16).
– Il 21 marzo è stata la “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”.
– Papa Francesco all’Angelus ha definito le mafie come “strutture di peccato”, “contrarie al vangelo di Cristo”, le quali “scambiamo la fede con l’idolatria… Sono presenti in varie parti del mondo e oggi, sfruttando la pandemia, si stanno arricchendo.
– I cristiani debbono rifiutare il loro stile di vita che nega la dignità alla persona e possono seminare semi d’amore con esempi concreti,e non hanno “pretese di legalismi e moralismi clericali”.
– Ci sono persone che lo hanno fatto, con fede, speranza e tanto amore per una umanità migliore. – Il loro ricordo vivrà per sempre. «Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio. Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro dipartita da noi una rovina, ma essi sono nella pace… La loro speranza è piena di immortalità» (Sap 3,1-3).
Il ricordo di Don Peppe Diana, martire per la giustizia e la legalità.
♦ Nel giorno di San Giuseppe, 19 marzo, è stato ricordato il 27° anniversario dell’uccisione del sacerdote di Casal di Principe, assassinato dalla camorra per le sue denunce e il suo impegno antimafia
♦ Dal 19 marzo del 1994 sono trascorsi 27 anni, tutti anni di resistenza, di ricerca di libertà dalla criminalità. Sono stati anni di cammino, di semina, per liberare la terra campana, seguendo le parole di Don Peppe Diana: “Bisogna risalire sui tetti per riannunciare parole di vita”.
♥ Il sacerdote ucciso dai camorristi mentre si preparava per la Messa, parla ancora ad alta voce alla parte sana di Casal di Principe, ad una società che continua a sentirsi spinta dal coraggio di questo prete che, per il suo impegno civile, la sua denuncia e le sue critiche nei confronti della camorra, a 36 anni e nel giorno del suo onomastico, viene messo a tacere da cinque colpi che lo uccidono all’istante, mentre si trova nella sacrestia della chiesa di san Nicola di Bari, a Casal di Principe.
♦ Un omicidio che scuote l’Italia e che fa pronunciare forti parole di dolore a Giovanni Paolo II all’Angelus del 20 marzo del 1994, quando esprime la speranza che il “sacrificio” di don Diana possa produrre conversione, concordia, solidarietà e pace.
♦ Un amore, quello della Chiesa per questo prete di periferia, che viene suggellato dal bacio sulla stola di don Diana da parte di Papa Francesco, il 21 marzo 2014, quando nel corso della Veglia per ricordare le vittime delle mafie, nella chiesa di San Gregorio VII, a Roma, don Luigi Ciotti, fondatore dell’associazione Libera, fa indossare al Papa il paramento che don Peppe aveva poco prima di essere ucciso.
Un martirio dal quale è nato un popolo.
♦ A comandare, ieri come oggi, erano i casalesi, il clan che controllava tutto, traffici illegali e non.
Dopo il sacrificio del sacerdote, col passare degli anni, al male della camorra ha iniziato ad opporsi un profondo senso di comunità e oggi, quelle terre, ancorché attraversate dal messaggio mafioso, non vengono più identificate solo come terre di camorra, ma come le terre di Don Peppe Diana.
♥ “Il 19 marzo è morto un prete, ma è nato un popolo”, disse monsignor Antonio Riboldi, vescovo di Acerra, celebrandone i funerali.
♥ Tutti quelli che sentono di appartenere a questo popolo, si impegnano in un percorso che stanno trasformando le terre di camorra in terre di don Peppe Diana, sono terre di bellezza, di solidarietà e comunione, sono terre di sogno, che hanno sì visto versare il sangue degli innocenti, ma da quelle morti è nata e continua a nascere la vita, sono nati degli alberi e i frutti li stanno raccogliendo abbondanti”.
La società civile, sentinella del territorio.
♦ Gli anni novanta furono segnati da una lunga scia di sangue, all’inizio del decennio si scatenò una faida tra clan per il predominio della zona, che vide prevalere il gruppo di Francesco Schiavone, conosciuto dalla cronaca come Sandokan, ora in carcere dove sconta l’ergastolo.
♦ Il controllo del territorio, tuttavia, non è mai venuto meno: estorsioni, usura, traffico di stupefacenti, gioco e scommesse illegali, garantiscono e fortificano il potere economico dei criminali, che si rigenerano grazie alle nuove leve, infiltrandosi nel tessuto sociale e produttivo, aiutati dalle connivenze delle tante amministrazioni comunali che, regolarmente, vengono sciolte per infiltrazione mafiosa.
♥ Dice il rappresentante della Casa don Diana, Centro polivalente per la promozione sociale: “Guai a pensare che si abbia vinto, guai a pensare che abbiamo tutto alle spalle, guai a pensare che certi fenomeni non ci appartengano il fenomeno dilagante della corruzione, assieme al fenomeno dell’inquinamento dell’economia legale con quella illegale e alle azioni quotidiane del racket, tutto questo ci deve tenere ben desti.
♥ Ci sentiamo sentinelle di questo territorio, ma abbiamo bisogno ancora di camminare insieme, ancora abbiamo bisogno di fare tanto”.
Il messaggio di don Diana vive nei giovani.
♦ La parte più vulnerabile della società continua, oggi come nel passato, ad essere rappresentata dai giovani, gli adolescenti, la manovalanza della camorra.
♦ La Casa don Diana, Centro polivalente per la promozione sociale dedicato a giovani e adulti, prende in carico ragazzi con alle spalle reati, ma non solo, attira anche molti giovani che chiedono di poter svolgere lì volontariato o il servizio civile: significa che il lavoro comincia veramente a dare i frutti verso quei ragazzi che non avevano più speranza di risorgere.
♥I ragazzi di Casal di Principe non solo non hanno mai conosciuto don Diana, non hanno neanche mai attraversato quegli anni così tragici, vissuti invece dai più anziani. Essi pur non avendolo conosciuto, a scuola fanno disegni, scrivono poesie e temi, in modo così appassionato, così bello, così vero che si immedesimano in don Diana, e questo è il messaggio più bello di un sacerdote che, pur non essendoci da 27 anni, continua a seminare, continua a farci interrogare.
La speranza di vederlo Beato.
♥ E’ viva la speranza di vedere la beatificazione di don Peppe Diana, ma non per farne un santino, “perché a noi piace il Peppe che ci inquieta, il Peppe che ci morde, il Peppe che non ci fa stare tranquilli, che ci stimola a fare sempre di più, questo è il Peppe che ci interessa, il Peppe vivo, quello che sentiamo accanto a noi”.
(fonte: cf Vatican news,19 marzo 2021).