Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
A Milano: Ruben, ristorante solidale.
Ruben è un ristorante solidale, diventato Fondazione, di Ernesto Pellegrini già presidente della nota squadra di calcio Inter: “Questa Fondazione è per me un modo per ringraziare il buon Dio del tanto che ho avuto dalla vita. E ho voluto farlo partendo da quello che so fare meglio: ristorare le persone, dar loro un momento di nutrimento e di conforto; due cose che, in questo tempo, mi sembrano particolarmente preziose”.
Aperto a Milano il primo ristorante solidale d’Italia. È dedicato a chi non ha lavoro, ai nuovi poveri che non arrivano a fine mese, a chi attraversa un momento di difficoltà… Per la cifra simbolica di un euro, tutti possono mangiare nel locale di via Gonin 52, nella periferia occidentale del capoluogo lombardo: si servono 500 pasti al giorno grazie alla Fondazione Ernesto Pellegrini, onlus fondata dal noto imprenditore che si occupa di “ristorazione collettiva” (mense, in particolare).
Grazie a una tessera si può accedere al ristorante per cenare, magari insieme con i propri figli (chi ha meno di 16 anni mangia gratis); è poi anche possibile segnalare altri adulti in difficoltà, affinchè possano ricevere la tessera dopo un colloquio.
Quanto ci sanno donare i poveri. – Anche un pasto al ristorante è carità: si sta diffondendo, infatti, un’idea cristiana dell’amore per il prossimo inteso nella sua integrità di persona, e dunque con la possibilità di offrire nutrimento al corpo e ristoro all’anima, e questo è un approccio molto caro a papa Francesco. Si diventa dunque volontari e amici del ristorante per servire ai tavoli, e si finisce per ricevere dai “poveri che ci evangelizzano”, come dice il Papa.
Il ristorante si chiama Ruben, come un contadino che lavorava per i nonni di Pellegrini. Ricorda l’imprenditore: «Viveva nella nostra cascina alle porte di Milano, era uno straordinario personaggio. Non aveva casa: dormiva nella stalla su un letto di paglia e il suo guardaroba era appeso a tre chiodi. Ma Ruben era una persona particolare: sempre sereno e allegro, mai coinvolto nelle discussioni o nei litigi che nelle cascine erano frequenti. Mi si stringeva il cuore a vederlo in quelle condizioni e mi ero riproposto, appena le mie finanze me lo avessero consentito, di procurargli un letto caldo.
Purtroppo non ho fatto in tempo. Un giorno acquistai un giornale con un titolo agghiacciante: “Barbone muore assiderato nella sua baracca”. Era Ruben. Ho sempre sentito il dovere di ricordarlo e con lui tutti quelli che hanno vissuto di stenti, ma con dignità, accontentandosi senza lamentarsi di quel poco che la vita aveva loro riservato. Ora ci sono riuscito».