Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
In questi ultimi anni abbiamo seguito con sgomento gli atti barbarici compiuti dal ISIS: non solo distruzioni insensate di opere antiche, testimoni di civiltà passate, ma soprattutto di uccisioni di massa ed esecuzioni singole con macabre sceneggiate. Abbiamo pensato: sono barbari! – Ma basta scorrere un po’ la storia e troviamo che la barbarie è stata di casa anche presso i popoli europei: basta leggere i sanguinosi eccidi avvenuti non solo nelle grandi guerre, ma anche nelle rivoluzioni e guerre civili. Storie di odio e barbarie, ma anche di gloriosi martìri a cui sono andati incontro tanti religiosi e semplici fedeli. L’11 novembre scorso a Madrid beatificati sessanta martiri della guerra civile uccisi perché cristiani.
♦ Uccisi perché cristiani.
«Uccisi perché cristiani»: ecco il profilo dei sessanta martiri, per la maggior parte vincenziani, della guerra civile spagnola beatificati sabato 11 novembre 2017 a Madrid. A presiedere il rito, in rappresentanza del Papa, è stato il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, quale nell’omelia ha affermato:
♦ «Celebrare i martiri è celebrare il mistero dell’amore assoluto di Dio, ma è anche avvicinarci al mistero del male assoluto provocato dal nemico di Di… I martiri infatti ci immettono nell’orizzonte luminoso dell’autentica umanità: i loro aguzzini ci immettono, invece, nelle tenebre del cuore umano… E così i primi ci edificano, i secondi ci obbligano a ripudiare le loro azioni malvagie… La Chiesa volentieri celebra questi eventi per un duplice scopo: invitare i fedeli a rimanere saldi nella fede ed esortare tutti a evitare il terrore di quegli anni oscuri, che coprirono la vostra bella patria del sangue di persone innocenti e inermi».
♦ I sessanta martiri, suddivisi in due gruppi, comprendono sacerdoti, religiosi, suore e laici impegnati nell’associazionismo cattolico.
♥ In particolare, il primo gruppo, di ventuno martiri, è formato da sette sacerdoti della congregazione della missione, cinque sacerdoti diocesani, due figlie della carità e sette laici appartenenti all’associazione dei figli di Maria della medaglia miracolosa… Tutti furono uccisi tra il 1936 e il 1937 nelle diocesi di Barcellona, Gerona, Valencia e Cartagena. L’unico motivo della loro uccisione fu il fatto di essere cattolici.
♦ In quegli anni, perduta l’idea di fraternità e di rispetto delle idee e delle vite altrui, in molte regioni spagnole regnarono il sopruso e l’arbitrio più assoluto, con l’unico obiettivo di annientare la Chiesa cattolica. Si incendiarono i luoghi di culto, si soppressero i conventi, si occuparono le scuole, si imprigionarono e si uccisero le persone.
♦ Quest’ondata di vandalismo cieco e ignorante distrusse anche cose e monumenti del passato, prezioso patrimonio artistico della Spagna. Non si ebbe nessun rispetto per la libertà e la dignità delle persone. Si trattò di una vera e propria tempesta che flagellò violentemente la nazione, coprendola di polvere, di fumo, di sangue e di cadaveri. Fu una macabra esaltazione del male e dell’odio.
Eroismo di martiri
♥ A questa persecuzione cieca e disumana i martiri risposero con la loro vita cristiana e religiosa, vissuta con entusiasmo e generosità.
♦ Padre Vicente Queralt era un sacerdote colto, ottimo oratore e generoso benefattore: distribuiva ai bisognosi quanto riceveva dalla sua famiglia. Era un uomo di talento: sapeva dipingere e suonare l’organo. Durante la persecuzione, denunciato da una conoscente, fu preso il 30 novembre 1936 e fucilato lo stesso giorno. A chi chiedeva il motivo della sua uccisione, il capo delle pattuglie marxiste rispondeva che era un prete: “Non ti basta come motivo?”».
♦ Un giovane valenciano di diciannove anni, Rafael Lluch Garín, di famiglia benestante e profondamente cattolico. Di costituzione atletica e buon ciclista, prestava servizio nella farmacia di suo cognato nel villaggio di Picassent, in provincia di Valencia.
Un giorno giunse in paese un gruppo di miliziani che perquisirono le case, bruciando documenti e immagini sacre. Entrarono anche nella farmacia, gridando e bestemmiando. Rafael rispose: “Qui non si bestemmia”. Nel laboratorio il giovane aveva un calendario con l’immagine della beata Vergine e invitò i miliziani a non profanarla. Questo fece infuriare una miliziana che, imprecando, indusse i suoi compari a condannarlo a morte».
♦ I trentanove martiri del secondo gruppo furono tutti uccisi nel territorio dell’arcidiocesi di Madrid, durante il secondo semestre del 1936. I primi a essere assassinati furono due giovanissimi religiosi: Manuel Trachiner Montañana e Vicente Cecilia Gallardo.
♦ Mentre un religioso vincenziano, padre José Ibáñez Mayandía, la domenica 26 luglio si recò, come di consueto, a celebrare la messa nel vicino ospedale madrileno dei Convalescenti. Qui fu catturato, ferito, fatto sfilare nudo, colpito a fucilate e abbandonato. Il giorno seguente, quando i miliziani lo incontrarono per strada ancora in vita, completarono la loro opera diabolica, torturandolo a morte in maniera brutale e offensiva per la sua condizione di sacerdote. Non lo uccisero con un colpo di grazia, ma lo squartarono ancora vivo come un animale da macello.
(fonte: Osservatore Romano, 11 novembre 2017).