Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Mamme e figli:
due storie.
Mamme e figli: un feeling oggi perduto? La cronaca dei nostri giorni non è che abbondi molto di storie belle a riguardo… Si continua a dire “Ah le mamme di una volta!… Ah i figli di una volta!”. Forse ciò che manca è la percezione di essere in cammino, sempre: mamme e figli… Camminare verso la piena maturazione della propria identità e della missione che tocca in ogni età della vita. Pensare di essere giunti già al traguardo inganna molte mamme a sentirsi a posto, e molti figli ad essere troppo supponenti nei riguardi delle proprie mamme. – Una delle due storie di oggi ci avverte che solo chi è veramente grande è capace di abbassarsi e chiedere scusa; l’altra invita a comprendere che gran parte di quello che abbiamo e di quello che siamo, lo dobbiamo ai genitori e in particolare alla mamma. Anche S. Alfonso, il fondatore di noi Redentoristi, lo riconosceva. Pertanto la riconoscenza verso di loro è un preciso dovere; anzi un atto di amore.
1. Mia madre mi ha chiesto perdono
♦ Dom Helder Camara scrive in un suo libro: Mia madre era molto severa con me. Diceva:
– Devi dare l’esempio!
Ed era molto esigente.
Un giorno mi chiese qualcosa, che era al di sopra delle mie forze. Allora, ricordo, mi misi a piangere.
Mi prese e mi condusse in un’altra stanza. Pensai che, per la prima volta, forse mi avrebbe picchiato. Ma, quando fummo soli, mi disse:
♥ – Figlio mio, perdonami: ho preteso da te più di quanto potessi darmi.
Mi chiese perdono, mia madre, perché era convinta d’aver commesso un errore.
E’ molto importante, questo: ammettere d’aver sbagliato.
♦ Mons. Helder Camara (Fortaleza, Brasile, 7 febbraio 1909 – Recife, Brasile, 27 agosto 1999)
E’ stato un Vescovo cattolico del Nord Est del Brasile, dal 1966 ha guidato e animato innumerevoli azioni non violente intraprese dai più poveri per la difesa dei loro diritti e della loro terra, scontrandosi con le pretese dei latifondisti, che vedevano in lui un pericoloso perturbatore dell’ordine pubblico. Scelse di vivere in povertà nella periferia della metropoli lasciando ai poveri il suo palazzo vescovile.
2. Medaglia d’oro alla mamma
♦ La mamma di Aldo Marcozzi ricorda:
“Si era alla fine dell’ultimo anno di scuola. In quel giorno avevano distribuito le pagelle. Andai a prendere Aldo e, con vivissima gioia, vidi la sua magnifica pagella.
Appena rientrai in casa, Aldo mi buttò le braccia al collo, dicendomi:
– Beh! Un bel bacio me lo puoi dare, mamma, per il bene che ti voglio e anche per la bella pagella che ti ho portato. Ho studiato per farti contenta!
Quindi si staccò la medaglia d’oro e la mise al mio petto, dicendo:
– Sei tu che l’hai meritata, non io!
Ed io, sorpresa e commossa, gli risposi:
– No, Aldo; te la sei meritata tu con i tuoi sacrifici!
E lui:
♥ – Questo è vero. Tu però mi hai sempre incoraggiato e assistito. Tu mi hai aiutato a prenderla, perciò è anche tua”.
♦ Aldo Marcozzi (Servo di Dio) – Morto a 14 anni; nacque a Milano il 25 luglio 1914 da una buona e distinta famiglia. Ricevé un’ottima educazione cristiana, prima dai genitori, poi dalle insegnanti della scuola e a nove anni prese a frequentare l’Istituto Gonzaga di Milano, retto dai Fratelli delle Scuole Cristiane.
Della sua breve esistenza non vi sono episodi straordinari, ma tutto nella vita quotidiana fu eccezionale in lui, come l’intelligenza, il candore della sua anima, lo studio, la devozione ardente a Gesù e alla Madonna, la fedeltà ai doveri quotidiani, la bontà verso il prossimo, la preghiera.