A Tropea le polemiche sul cosiddetto “muro della vergogna” non sono rientrate neppure dopo i chiarimenti del presidente Francesco De Nisi. È nuovamente il consigliere Giovanni Macrì a farsi portavoce dell’opinione pubblica e a controbattere ad alcune affermazioni di Denisi. «Grottesco – spiega Macrì – è il termine esatto per definire l’opera pubblica, rectius il monumento, le opere devono pur servire a qualcosa, che la Provincia di Vibo Valentia ha gentilmente “donato” alla Città di Tropea. Purtroppo, quando, durante la scorsa campagna elettorale, ho allertato i miei concittadini sui rischi, per la Città e per tutta la Costa degli Dei, connessi ad una vittoria di De Nisi non mi sbagliavo affatto». Ma Macrì continua definendo la costruzione «degna opera di queste amministrazioni, un monumento allo spreco, all’incapacità ed alla arroganza». Macrì motiva la sua presa di posizione nella vicenda doverosa, visti i «verbali di sopralluogo dei Vigili del Fuoco che nei due loro interventi, svoltisi a distanza di un mese l’uno dall’altro, hanno certificato un progressivo peggioramento dei rischi tanto da arrivare ad evidenziare, nel secondo intervento, un aggravamento della situazione di imminente pericolo di crollo del fabbricato sovrastante la strada».
Anche se De Nisi ha spiegato che «oggi quella strada è più sicura di quanto non fosse prima dell’intervento della Provincia», Macrì ribadisce che, a suo modo di vedere le cose, «chi ricopre ruoli istituzionali debba in primo luogo occuparsi della sicurezza e incolumità delle persone», ed è quindi per tale motivo che egli ha «presentato un’interrogazione al Presidente della Provincia e al Sindaco di Tropea per capire se l’intervento oggi realizzato tenesse conto di quanto certificato dai Vigili del Fuoco, poiché mi è stato insegnato che il bene in assoluto più prezioso è la vita delle persone». Inoltre, sempre secondo Macrì, l’affermazione di De Nisi «è sconcertante per diversi motivi». Innanzi tutto «perché un Presidente di Provincia, nel momento in cui interviene, non può accontentarsi del “più sicura” ma deve assicurare la reale tutela della salute», secondo luogo «perché l’opera è ridicolmente lillipuziana rispetto al rischio di crollo certificato dai Vigili del Fuoco» poi perché «i soldi pubblici vanno spesi con cognizione di causa e non si possono gettare alle ortiche con operazioni irrisolutorie» ed infine poiché «le segnalazioni fatte da un’autorità istituzionalmente preposta alla prevenzione e tutela della pubblica incolumità, qual è appunto il corpo dei Vigili del Fuoco, vanno rigorosamente osservate e non aggirate con soluzioni che sanno di espediente, ma ovviamente mi auguro che mai abbia ad attualizzarsi il pericolo previsto dall’autorità competente».
Poi Macrì oltre che con il presidente della Provincia si scaglia anche contro gli amministratori locali, affermando che «una dichiarazione di De Nisi è senz’altro esatta, cioè che “la Provincia non aveva alcuna competenza in materia”. È per questo che mi chiedo: perché ha deciso di imbarcarsi in tale sciagurata avventura? Forse perché, non conoscendo l’esatta portata del caso, è stato tratto in inganno da qualche consigliere di maggioranza?».
In conclusione, Macrì prosegue per la sua strada ribadendo quanto oggi sia «urgente fare chiarezza sulla questione e sui pericoli per l’utenza, ed opportuno che i Vigili del Fuoco verifichino la rispondenza dell’opera alle esigenze di sicurezza che loro stessi avevano evidenziato, inducendo il Sindaco alla chiusura della strada al transito nonché alla sgombero di una famiglia che viveva nell’appartamento dichiarato pericolante. È necessario che ognuno si assuma le proprie responsabilità». Infine, com’è ormai consono al suo stile, l’avvocato tropeano termina il suo intervento riferendosi allo spreco di danaro che accompagnerebbe la vicenda, quando, con una buona dose di sarcasmo, scrive: «Mi torna in mente il celeberrimo detto “a caval donato non si guarda in bocca”. In questo caso bisogna però fare attenzione, perché il cavallo regalatoci dalla Provincia è stato pagato con quelli che il Presidente De Nisi definisce “fondi propri”, ma che in effetti sono soldi pubblici, elargiti dai contribuenti».