Un approccio di cura quasi completamente nuovo rispetto a quelli tradizionalmente utilizzati
I principali farmaci oggi usati in immuno-oncologia, nella pratica clinica o in studi di ricerca, sono anticorpi monoclonali di origine umana
L’immuno-oncologia è lo studio e l’impiego a scopo terapeutico della naturale capacità del sistema immunitario di ogni individuo di distruggere le cellule tumorali che continuamente si formano e che si caratterizzano come una aberrazione delle cellule normali.
Si tratta di un approccio di cura quasi completamente nuovo rispetto a quelli tradizionalmente utilizzati in oncologia medica (es. chemioterapia/ormonoterapia/farmaci biologici).
Nel dicembre 2013 la rivista americana Science ha collocato l’immuno-oncologia al primo posto della “top ten” delle più importanti scoperte scientifiche dell’anno; possiamo dunque affermare di essere di fronte ad una nuova “era” nel trattamento del cancro: una terapia infatti capace di allungare in maniera significativa la sopravvivenza a fronte di una buona tollerabilità. Un’arma che si affianca a quelle tradizionali rappresentate da chirurgia, chemioterapia, radioterapia e terapie biologiche.
Il sistema immunitario dell’uomo è un apparato di difesa contro le aggressioni esterne (es. batteri e virus) ma è anche uno strumento di eliminazione delle cellule “impazzite” per i cambiamenti tumorali. Tale meccanismo di eliminazione è stato per la prima volta ipotizzato da Paul Ehrilch nel 1900 e solo oggi, con l’immuno-oncologia, trova larga conferma.
Il sistema immunitario è in grado infatti di riconoscere le cellule tumorali; queste presentano sulla loro superficie delle sostanze, gli antigeni, che possono essere riconosciute come estranee all’organismo e quindi, grazie a queste sostanze, queste cellule alterate possono essere bloccate nella loro crescita ed eliminate.
La risposta immunitaria ai tumori deriva dall’interazione principalmente di vari tipi di cellule come:
- Cellule che presentano l’antigene;
- Linfociti B
- Linfociti T
- Linfociti Natural killer
Le cellule che presentano l’antigene sono quelle deputate a riconoscere le cellule alterate e a presentare queste ai linfociti B e T per attivarli e determinare la produzione di molecole specifiche di riconoscimento, come gli anticorpi, che favoriscono l’annientamento delle cellule malate da parte dei linfociti T attivati e dei linfociti Natural killer.
In alcuni casi però le cellule tumorali, nel tempo, possono creare dei meccanismi che permettono di evadere a tale riconoscimento.
Sulle cellule che determinano i meccanismi di immunità antitumorale sono presenti infatti anche delle molecole che una volta legate a sostanze specifiche ne bloccano l’attività; tali molecole, dette di checkpoint immunitario, possono spegnere l’attività delle cellule T.
Sulla cellula tumorale e/o nell’infiltrato infiammatorio di accompagnamento possono essere presenti delle sostanze che legandosi a tali molecole bloccano il meccanismo immunitario anti-tumorale; le cellule tumorali così sfruttano un meccanismo fisiologico del sistema immunitario che impedisce alle cellule T di essere attivate in modo eccesivo.
Le molecole che noi oggi conosciamo, e per le quali sono stati prodotti farmaci specifici, sono il recettore CTLA-4 ed il recettore PD-1, entrambi presenti sul linfocita T.
Il sistema immunitario a causa dell’attivazione di tali recettori fallisce nella capacità di riconoscere e uccidere le cellule alterate e la malattia tumorale si manifesta così clinicamente.
L’immuno-oncologia permette di “rieducare e potenziare”le cellule interessate alla difesa facendo così riconoscere nuovamente come nocive ed intruse le cellule tumorali, che erano sfuggite al sistema immunitario, e provocare nel tempo la loro morte.
I principali farmaci oggi usati in immuno-oncologia, nella pratica clinica o in studi di ricerca, sono anticorpi monoclonali di origine umana (1) e sono:
- L’Ipilimumab: primo anticorpo monoclonale di tipo immono-oncologico; è utilizzato nella cura del melanoma metastatico. Esso si lega al recettore CTLA-4 del linfocita T e impedisce al tumore di bloccare l’attivazione precoce del linfocita.
- Il Nivolumab e il Pembrolizumab: sono degli anticorpi monoclonali che si legano al recettore PD-1. Essi attaccandosi al PD1 impediscono che esso spenga l’attività delle cellule T determinata dai ligandi PD-L1/PD-L2 espressi sulle cellule tumorali.
Attualmente le patologie per le quali è prescrivibile una immunoterapia sono rappresentate da:
- Melanoma metastatico;
- Carcinoma polmonare non a piccole cellule;
- Carcinoma renale.
Per molte altre patologie neoplastiche maligne sono però in corso studi di valutazione dei farmaci immono-oncologici e a breve, probabilmente anche i pazienti affetti da tali patologie, potranno usufruire di tali farmaci
Le terapie immuno-oncologiche si somministrano tutte, almeno per ora, per via endovenosa; le infusioni comunque generalmente non durano più di due ore ed è richiesto l’accesso nel day hospital oncologico di riferimento.
Rispetto ai trattamenti tradizionali chemioterapici tale meccanismo d’azione fa si che si ottengano effetti più lenti ma meno tossici per le cellule normali.
Non è ancora ben precisato quanto deve essere proseguito il trattamento immunologico una volta che questo è stato iniziato ed ha cominciato a funzionare.
- Gli anticorpi monoclonali (MAb) sono un insieme di anticorpi identici fra loro in quanto sono prodotti da linee cellulari provenienti da un solo tipo di cellula immunitaria (quindi un clone cellulare). Dato un qualsiasi antigene, è possibile creare uno o più anticorpi monoclonali in grado di legare specificamente un suo determinante antigenico. Questa importante caratteristica degli anticorpi monoclonali li rende uno strumento estremamente efficace in medicina.
Specialista in oncologia medica
Dr Giuseppe Gabrielli