L’opera più affascinante del “Solitario” di Providence pubblicata nel 1936
Lovecraft ci prende per mano e ci accompagna negli abissi; entriamo nel suo mondo pauroso, così lontano eppure così vicino a noi. Qui viviamo i suoi incubi come mai, perché questa storia è una perfetta sintesi della sua produzione
L’opera più affascinante, più avventurosa, una delle più complete e sistematiche descrizioni che Lovecraft abbia mai fatto della sua mitologia immaginaria. Un racconto monumentale che può essere considerato il precursore di un genere di racconti sulle spedizioni nelle regioni polari, ormai divenute trame classiche nella letteratura come nel cinema e nei fumetti. L’io narrante è uno dei sedici esploratori in viaggio verso il polo sud che, dopo scoperte di natura geologico-scientifica, ne fanno una davvero sconvolgente: una caverna contiene esseri mostruosi congelati da milioni di anni chiamati Antichi (da non confondere con i Grandi Antichi di altri racconti del nostro). La caverna si trova alle pendici di un’enorme catena montuosa, capace di provocare visioni (da qui il titolo Le montagne della follia). Successivamente il narratore e un suo collega si spingono oltre nell’esplorazione e scoprono i resti di una città aliena e una verità agghiacciante: gli alieni non sono morti, ma solo ibernati e in letargo. Risvegliatisi, avevano addirittura ucciso alcuni uomini della spedizione e praticato l’autopsia sui loro corpi, con lo stesso interesse che gli umani avevano avuto nei loro confronti. Il narratore e Danforth, il collega, proseguono nell’esplorazione dopo aver appreso dell’esistenza di un tunnel. Trovano alcuni Antichi orribilmente mutilati. Ad un più attento esame scoprono che la loro attuale condizione è dovuta a fatti recenti, visto che sono in una pozza di un liquido che è paragonabile al sangue. Questi Antichi vengono osservati attentamente e viene notato che sono tutti senza la testa che gli è stata strappata e non tagliata. Chi è stato l’artefice di tutto questo? E perché? Il narratore e Danforth capiscono cos’è il vero terrore. In quest’abisso dimora ancora uno degli Shoggoth, enormi creature amorfe di plasma nero in grado di assumere qualsiasi forma. Inizialmente create dagli Antichi che li tenevano sotto controllo tramite ipnosi, una di queste creature ha preso il sopravvento e adesso dimora nell’abisso. Il narratore e Danforth riescono a fuggire, voltandosi solo una volta per vedere l’orribile visione dello Shoggoth che li tormenterà per sempre. Tornati in superficie al loro aereo, durante il volo di ritorno Danforth lancia un grido e da allora perderà la sua sanità mentale. Egli infatti ha avuto una visione di qualcosa di ancora più mostruoso, antico ed ancestrale, guardando la seconda catena di montagne ad ovest, qualcosa di cui non parlerà mai. L’autore riconduce questa regione alle terre malvagie e leggendarie di Kadath e Leng, di cui si parla solo in pochi testi antichi (come il Necronomicon).
Un racconto da perfetto manuale scientifico, avvincente; una parte centrale stupefacente per le meravigliose descrizioni degli ambienti e per l’inquietante immaginario mitologico dell’autore; il finale, comune a molti suoi racconti, vuole scoraggiare un qualsiasi futuro tentativo di esplorare quei luoghi. I protagonisti si salveranno dall’orrore, ma saranno per sempre tormentati da quello che hanno visto e da quello che non avrebbero mai voluto vedere. Non bisogna risvegliare gli orrori, il terrore, come hanno fatto gli uomini della spedizione. Lovecraft ci prende per mano e ci accompagna negli abissi; entriamo nel suo mondo pauroso, così lontano eppure così vicino a noi. Qui viviamo i suoi incubi come mai, perché questa storia è una perfetta sintesi della sua produzione. E pensare che l’insuccesso dell’opera, scritta nel 1931 ma pubblicata per la prima volta nel 1936, amareggiò lo scrittore di Providence al punto che era deciso ad abbandonare la carriera di scrittore. Non lo fece, ma di lì a poco meno di un anno morì che era già un mito vivente. Allacciate le cinture di sicurezza e godetevi questo meraviglioso racconto, un bellissimo monumento del genere fantascientifico-horror.