Il romanzo dello scrittore svedese pubblicato nel 1904
Una creazione imprevedibile con il ritmo che varia all’interno dei capitoli: chi legge barcolla, perde il filo, lo ritrova, segue un percorso tortuoso fatto di accuse, urla, dialoghi forti, argomenti che al tempo in cui fu pubblicato il libro fecero scandalo e che oggi sono ancora di fresca attualità
Libro scandalistico, calunnioso e violento. Autore paranoico, misogino, visionario e originalissimo. Strindberg scrive per colpire, e in Bandiere nere emergono la sua foga e il suo estro in pagine in cui la satira sociale e la dura parodia della corrotta e meschina società letteraria svedese passa sullo sfondo, ed emerge in tutta la sua forza dirompente la crudele storia matrimoniale di Zachris (da identificarsi nella persona di Geijerstam, amico e coadiutore di Strindberg) e Jenny, che è poi il fulcro del romanzo. In Bandiere nere si tocca con mano, quasi con violenta fisicità, la spregiudicata invenzione dello scrittore, capace di associare e sviluppare materiali eterogenei in un montaggio affascinante che alterna scene dell’inferno matrimoniale di Zachris e scene dal Chiostro teosofico in cui si sono ritirati alcuni personaggi per dedicarsi a riflessioni filosofiche e analisi scientifiche. Tra loro troviamo anche l’ alter ego dello scrittore: Falkenström; Strindberg non risparmia nessuno, attacca tutti, con una prosa di una impressionante modernità, denuncia le istituzioni dello Stato e della cultura, che uccidono il diritto e si mescolano nel loro putrido e claustrofobico sottosuolo di intrighi e nefandezze. Non sono mai consolanti e gradevoli i romanzi di Strindberg, perché parlano di ingiustizie, scandali, furia omicida; ed evocano paranoie, incubi, odio, solitudine. I personaggi sono sonnambuli capricciosi che raccontano una verità parziale: vivono intensamente e in bilico il presente, ed è proprio la parola a unire le loro vite, il flusso dei pensieri, la forza psichica che li muove, che muove le cose, il tempo. Questo romanzo, come pure altri dello stesso autore, è elastico, cioè pare che non sia stato progettato, pensato come tale, e dà l’impressione del non finito, come se in qualsiasi momento si possano inserire aggiunte. Prende il via, come nel caso specifico, dall’atmosfera creata durante una cena, e continua con l’aggregazione del materiale, appunto eterogeneo, che va dalla filosofia alla scienza, passando per la botanica, l’economia, la geologia, la chimica, la letteratura. Quello di Strindberg è un divagare spregiudicato e poco rispettoso dei canoni classici del romanzo. Ciò accade perché è più interessato all’evocazione del clima che alla costruzione dell’intreccio. A lui interessa poco dei personaggi: nei suoi romanzi (soprattutto quelli dell’ultimo periodo), comunque tutti diversi tra loro e ognuno appartenente a più generi, lo scrittore svedese riempie i buchi del racconto, mescola la narrazione con dati, dialoghi, polemiche d’attualità, in un vagabondaggio continuo. L’intreccio si spezza, ritorna, poi sfuma. Poco importa se in Bandiere nere Strindberg non sia minuzioso, preciso, concreto. Perché è proprio lui a voler dare quell’impressione al lettore, di un romanzo che ha preso forma nell’atto stesso della scrittura. Una creazione imprevedibile con il ritmo che varia all’interno dei capitoli: chi legge barcolla, perde il filo, lo ritrova, segue un percorso tortuoso fatto di accuse, urla, dialoghi forti, argomenti che al tempo in cui fu pubblicato il libro fecero scandalo e che oggi sono ancora di fresca attualità. Bandiere nere è un romanzo autobiografico bellissimo, un’opera metaletteraria che punta su una particolare atmosfera allucinata. Zachris e Jenny si isolano progressivamente dal mondo esterno dove esercitavano il potere (Jenny quello della seduzione), ma finiscono per aggredirsi a vicenda, insultarsi, distruggersi, anche con l’uso di morfina e alcool. Da una parte, dunque, gli orrori della mondanità culturale del tempo, dall’altra un mondo di sonnambuli nel Chiostro teosofico. Una spietata critica al positivismo, un chiaro attacco al passato “realista” dello scrittore. Le Bandiere nere simboleggiano l’ateismo del disilluso e sofferente alter ego Falkenström; il romanzo della nuova stagione, dove la realtà si nasconde sotto le apparenze, vede questo progetto come una nuova via di coerenza e senso. Strindberg fa suo l’insegnamento di Zola, Balzac, Flaubert e Dickens e lo rivisita in chiave moderna. Adesso è lui in Europa con questo romanzo e le sue ultime opere a prendere l’eredità lasciata da Dostoevskij. Ma Strindberg è cattivo, brutale: non ci troviamo più di fronte uno scrittore dell’Ottocento, ma abbiamo un artista che si inabissa, e noi con lui, nell’inferno della coscienza che apre le porte del nuovo secolo.