“La sanità vibonese versa in uno stato grave di abbandono”
Al punto in cui siamo, anche per scongiurare che la rabbia dei cittadini si trasformi in atti di incontrollata violenza, sempre ingiustificabile, bisogna pensare ad una fase nuova
Erano proprio necessarie altre morti e gli assurdi atti di violenza perpetrati ai danni di alcuni operatori sanitari per prendere coscienza che la sanità vibonese versa in uno stato grave di abbandono, se non di degrado? Era proprio necessario l’annuncio con grande enfasi della confluenza della Conferenza dei sindaci in un consiglio comunale aperto con all’OdG la questione sanitaria della provincia di V.V. che, come è noto, ha superato i livelli di guardia in quanto a rovina e ad incuria? Viene spontaneo chiedersi: in tutto questo periodo di affossamento della sanità vibonese i sindaci dov’erano?
Quest’ultima iniziativa arriva fuori tempo massimo e per molti aspetti rappresenta una macabra messa in scena al fine di tirarsi fuori da responsabilità connesse allo sfacelo della sanità il cui iter è stato avviato in tutti questi anni in cui la maggior parte di lor signori, pur essendo al potere, erano in sono. E’ la solita storia, si cerca di mettere il lucchetto alla stalla dopo che i buoi sono scappati. Non v’è dubbio che l’intervento dei sindaci -(pochini in verità)- in questo particolare momento sia tardivo e strumentale e si configura come una sterile passarella escogitata per acquietare la loro coscienza e giustificare la loro apatia di fronte ai cittadini. Purtroppo in materia di sanità i sindaci sono del tutto ignoranti e, da sempre interessati ai problemi della rete idrica e fognante dei loro paesi, non hanno avuto il tempo in questi anni di documentarsi ed apprendere che in conformità alla vigente legislazione sanitaria la Conferenza dei sindaci è punto di riferimento centrale per l’organizzazione sanitaria aziendale, sia nella fase di progettazione che in quella di erogazione dei servizi. Se non ritenuto idoneo possono addirittura inficiare l’Atto aziendale privandolo di ogni valore esecutivo. Non hanno quindi un ruolo subalterno o di semplice e mera rappresentanza, ma una funzione esponenziale attraverso cui strategicamente imporre e favorire scelte programmatiche condivise, più vicine ai bisogni dei cittadini utenti.
Ergo: tirarsi fuori dalle responsabilità connesse all’affossamento della sanità, fingere di cadere dalle nuvole in ordine al suo sfacelo ad opera di una classe politica imbelle è oggi un grave atto di colpevolezza del tutto ingiustificabile. Se alla libidine del potere e al mantenimento della poltrona, con i benefici connessi, si rispondesse con un atto altamente dignitoso di rassegnazione delle dimissioni in blocco e di rinuncia del mandato, forse non verrebbero ad essere risolti tutti i problemi che attanagliano la sanità ma, quantomeno, costringerebbero chi detiene le leve del potere, a livello provinciale e regionale, alla costruzione di sistemi di servizi non più autoreferenziali, ma volti esclusivamente alla tutela della salute dei cittadini. In sostanza un processo inverso, tutto il contrario di quanto da alcuni anni si sta attuando e che costringe la sanità vibonese di attraversare un periodo assai travagliato con caduta di immagine e perdita di fiducia dei cittadini nelle strutture dell’azienda. Oggi non vi è alcuna remora nel sostenere che con i vari avvicendamenti alla guida dell’ASP 8 dalla padella siamo caduti nella brace.
Di fronte alla casa che stava bruciando le forze politiche e sociali, unitamente alla classe medica e paramedica, anziché chiamare i pompieri, intraprendere cioè drastici provvedimenti ed iniziative eclatanti per impedire un così grave sfacelo, si sono preoccupati solo di tutelare gli interessi di bottega della loro consorteria come se ciò fosse preminente rispetto all’interesse del malato. I nuovi Atti aziendali, in linea con i decreti commissariali, di stampo ragionieristico in quanto a tagli lineari confermano che la Giunta regionale, il Commissario ad acta e la Commissione regionale alla sanità continuano indisturbati nell’opera di destabilizzazione della sanità calabrese senza indicare una riconversione degli ospedali degna di tale nome che, allo stato, somiglia più ad una demolizione sanitaria che ad una rimodulazione organica, efficace ed efficiente. A pagarne il prezzo più alto sono gli ospedali periferici che nel corso degli anni hanno subito la disattivazione dei ricoveri, la soppressione di molte unità operative. Il che ha comportato una inverosimile congestione ed un collasso delle strutture del nosocomio di V.V. con conseguenti disagi e disservizi anche in termini professionali da parte degli operatori sanitari, già da prima stressati ed oberati da super lavoro anche a causa della cronica carenza di personale.
Disorganizzazione amministrativa, degrado funzionale sono i punti chiave di un modo assurdo e paradossale di gestire la sanità. Se a questo si aggiunge l’insofferenza generalizzata dell’opinione pubblica verso l’apparato sanitario, l’accentuarsi delle difficoltà operative che inducono le strutture al progressivo fallimento, il mancato riordino degli ospedali centrali e periferici, il livello dei servizi erogati largamente insufficiente tanto da costringere i cittadini ad un crescente ricorso a strutture a carattere privatistico e alla migrazione con notevole, conseguente aggravio di spese per le aziende, -(350 milioni di euro di mobilità regionale passiva nel 2021)- non si può fare a meno di affermare che si stava meglio quando si stava peggio. In siffatta situazione sono i medici a pagare il maggiore onere essendo in prima fila ad affrontare urgenze ed emergenze che il più delle volte riescono a fronteggiare pur in assenza di supporti e di ausili adeguati alla bisogna. Quella che ormai da parecchi anni viene perseguita a Vibo e in tutto il suo comprensorio è una sanità che non va verso la salute ma, purtroppo, verso la morte. Da qui l’indignazione e la rabbia dei cittadini ormai stanchi di essere il capro espiatorio dell’insipienza e della incapacità di una classe politica che ha portato al collasso la sanità.
Al punto in cui siamo, anche per scongiurare che la rabbia dei cittadini si trasformi in atti di incontrollata violenza, sempre ingiustificabile, bisogna pensare ad una fase nuova in cui la svolta è intesa come inversione di tendenza. Una svolta che deve portare alla costruzione di una sanità che cresce qualitativamente, che rinnova profondamente le proprie strutture, che opera un taglio netto con incapacità progettuale, dipendenza politica. Perché non si muoia più di sanità è necessario, insomma, che la sanità non sia lo strumento che serve ai partiti e che abbia fine quel mercimonio scandaloso ormai talmente radicato nel costume e nella mentalità dei politici. Tutto il resto è vuota retorica e fumo negli occhi.
Dr. Tino Mazzitelli
(Ex Direttore sanitario aziendale e ospedaliero)
(Ex Sindaco di Zungri)