Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Lasciare tutto per Cristo: oggi canonizzati 7 nuovi santi.
«Vieni e seguimi!» Un invito totale che, accolto, ha trasformato le vite dei sette nuovi santi che oggi la chiesa proclama in Piazza San Pietro a Roma e che diventano icone per un vero vero verso l’umanità ferita e sofferente. Papa Paolo VI (Giovanni Battista Montini 1897-1978); l’arcivescovo martire Oscar Arnulfo Romero (1917-1980); il sacerdote Francesco Spinelli (1853-1913); il giovane operaio morto a 19 anni Nunzio Sulprizio (1817-1836); il sacerdote Vincenzo Romano, parroco di Torre del Greco (1751-1831); suor Maria Caterina Kasper (1820-1898), fondatrice dell’Istituto delle Povere Ancelle di Gesù Cristo; suor Nazaria Ignazia March Mesa, originaria spagnola (1889-1943) fondatrice della Congregazione delle Suore Misioneras Cruzadas de la Iglesia in Bolivia. La santità è per tutti. Per tutti c’è santità.
Dal Vangelo di questa domenica. (Mc 10, 17-27)
♦ In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?».
♦ Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
♦ Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza».
♥ Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!».
Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
♥ Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».
♥ Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
I sette nuovi Santi
1. Paolo VI, il Papa che guidò in porto la barca del Concilio
Paolo VI, al secolo Giovanni Battista Montini (1897-1978), il Pontefice bresciano di Concesio che ha guidato la Chiesa universale dalla cattedra di Pietro dal 1963 al 1978, il grande timoniere del Concilio Vaticano II che grazie a lui giunse in porto, il Papa della Populorum progressio e dell’Humanae vitae ma anche della travagliata fase che visse la Chiesa nel dopo Concilio e del dramma del rapimento e dell’uccisione dell’amico Aldo Moro, il successore di Pietro che abbracciò il patriarca ecumenico di Costantinopoli Atenagora I e visitò la Terra Santa poco dopo l’elezione al soglio pontificio, il formatore di un’intera classe dirigente italiana, l’uomo che guidò l’arcidiocesi di Milano (1954-1963) e volle il quotidiano Avvenire proprio cinquanta anni fa.
E’ stato beatificato il 19 ottobre 2014 da papa Francesco che allora disse: «Nei confronti di questo grande Papa di questo coraggioso cristiano, di questo instancabile apostolo, davanti a Dio non possiamo che dire una parola tanto semplice quanto sincera ed importante: grazie!». E ricordava le parole scritte da Montini in alcune annotazioni personali, dopo la chiusura del Concilio: «Forse il Signore mi ha chiamato e mi tiene a questo servizio non tanto perché io vi abbia qualche attitudine, o affinché io governi e salvi la Chiesa dalle sue presenti difficoltà, ma perché io soffra qualche cosa per la Chiesa, e sia chiaro che Egli, e non altri, la guida e la salva».
2. Mons. Romero, il martire che fu voce dei poveri in Salvador
Era la sera del 24 marzo 1980 quando Oscar Arnulfo Romero (1917-1980), arcivescovo di San Salvador, celebrava la Messa nella cappella dell’ospedale per malati terminali, dove viveva, per essere sempre vicino ai poveri.
Uno sparo lo colpì sull’altare mentre consacrava l’ostia. Morì qualche minuto più tardi, all’età di 63 anni.
La vigilia, in un’omelia in cattedrale, monsignor Romero aveva chiesto ai militari di non uccidere, anche se questo avesse significato disobbedire agli ordini. Il Paese era in preda a una terribile guerra civile, che avrebbe fatto 80mila mila morti su quattro milioni di abitanti, segnata dalla presenza di una destra sanguinaria che finanziava gli “squadroni della morte” per assassinare gli oppositori.
Romero era un pastore che aveva a cuore il suo popolo. Possedeva il carisma della parola e della predicazione. Vedeva l’ingiustizia sociale del Paese, l’amara condizione dei salvadoregni, gli effetti della miseria sulla salute dei contadini.
Si schierò per la giustizia, per una migliore distribuzione delle ricchezze. Davanti a qualsiasi tipo di violenza chiedeva con fermezza il rispetto delle leggi. I suoi oppositori, dopo aver tentato invano di farlo destituire da arcivescovo, gli aprirono la strada verso il martirio.
Romero sapeva di essere in pericolo, ma restò con il suo popolo.
«Il martirio di monsignor Romero – ha ricordato Papa Francesco nel 2015 – non fu solo nel momento della sua morte, ma iniziò con le sofferenze per le persecuzioni precedenti alla sua morte e continuò anche posteriormente, perché non bastava che fosse morto: fu diffamato, calunniato, infangato. Il suo martirio continuò anche per mano dei suoi fratelli nel sacerdozio e nell’episcopato. Lapidato con la pietra più dura che esiste nel mondo: la lingua».
3. Don Francesco Spinelli fondò le Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento
Era nato il 14 aprile 1853 a Milano dove i genitori bergamaschi Bartolomeo e Emilia Cagliaroli erano a servizio dei marchesi Stanga. Tornato a Bergamo, concluse prima gli studi liceali e poi la teologia presso il Seminario cittadino.
Ordinato prete nel 1875 a Roma ha un visione: una moltitudine di donne che adorano l’Eucaristia. Capisce che Dio ha un progetto su di lui, ma attende il momento giusto per realizzarlo. Ciò avviene a San Gervasio d’Adda, dove incontra Caterina Comensoli, giovane desiderosa di spendersi in una congregazione dedita all’adorazione dell’Eucaristia. Nel 1882 nasce il primo nucleo delle Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento.
Nel 1889 a causa di malinterpretati problemi economici il sacerdote lascia la diocesi di Bergamo e, accolto dal vescovo di Cremona, monsignor Geremia Bonomelli, si trasferisce a Rivolta d’Adda, dove le sue figlie spirituali hanno aperto una casa.
La fondazione si scinde: madre Comensoli fonda la congregazione delle Suore Sacramentine, don Francesco quella delle Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento.
Il loro carisma le guida ad adorare giorno e notte Gesù nell’Eucaristia e a servire i fratelli poveri e sofferenti, nei quali “Ravvisare il Volto di Cristo”.
Spinelli muore il 6 febbraio 1913. Il 21 giugno 1992, nel santuario mariano di Caravaggio, Giovanni Paolo lo proclama beato.
4. Nunzio Sulprizio, protettore degli invalidi
Di origini umili e rimasto orfano da piccolo di entrambi i genitori, il piccolo Nunzio fu inizialmente cresciuto dalla nonna materna, a sua volta scomparsa quando il ragazzo aveva 9 anni, mentre uno zio lo avviò al mestiere di fabbro nella sua bottega di Pescosansonesco dove Nunzio era nato il 13 aprile 1817.
Proprio a causa della pesantezza del lavoro il giovane, di costituzione fragile, si ammalò di una grave patologia ossea. Per curarsi venne ricoverato in ospedale all’Aquila e poi a Napoli dove viveva uno zio militare che lo fece seguire da un colonnello medico. Le terapie però non riuscirono ad evitargli atroci sofferenze fino all’amputazione della gamba. Morì a diciannove anni il 5 maggio 1836. Malgrado i dolori terribili accettò sempre la malattia con pazienza e fede, tanto che già Leone XIII lo propose come modello per la gioventù operaia.
Riconosciuto venerabile nel 1859 da Pio IX e proclamato beato da Paolo VI nel 1963, le sue spoglie sono conservate in parte nel santuario eretto a Pescosansonesco presso la fonte di Riparossa, in parte nella chiesa di San Domenico Soriano a Napoli.
La tradizione vuole che durante un terremoto che colpì l’Abruzzo la teca con le spoglie del prossimo santo si sia spostata per evitare la caduta di un grosso macigno che l’avrebbe distrutta. Nel santuario di Pescosansonesco vi è una parete piena di stampelle, appartenute a giovani invalidi. (Riccardo Maccioni)
5. Don Vincenzo Romano, icona dell’umiltà
Nato a Torre del Greco, a dieci chilometri da Napoli, il 3 giugno 1751, Vincenzo Romano è il parroco italiano che diventerà santo per avere praticato bene «il bene» nel quotidiano.
Parroco per oltre trent’anni dal 1799 al 1831, anno della sua morte, presso la Basilica di Santa Croce, ha condotto l’esistenza di un normale sacerdote, ma profonde sono state le sue intuizioni pastorali. Innanzitutto la “Messa pratica”, cioè un libretto con il quale aiutava la gente a partecipare in maniera attiva alle celebrazioni in un tempo in cui la Messa veniva celebrata in latino e in cui li invitava a non assistere non da muti spettatori, ma comprendendo bene l’azione sacra.
«La proclamazione del Vangelo a tutti era la sua vera missione», spiega l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe. Una scelta che lo portò ad inventare la “sciabica”, che consisteva nell’avvicinare con crocifisso e campanello le persone, predicare e poi accompagnarle nella chiesa più vicina. «Seppe essere mite e umile di cuore – prosegue Sepe – parroco di pecore, pecora dell’unico Pastore».
Un modello per la comunità anche nella sua carità sociale, nell’organizzare e aiutare i pescatori di corallo, che a Torre del Greco erano e sono tuttora numerosi e bisognosi. E poi esempio per i tanti sacerdoti.
Da sempre vicino agli ultimi, faticò assieme agli abitanti e agli operai per ricostruire la città andata distrutta dall’eruzione del Vesuvio del 15 giugno 1794. In particolare volle proprio la ricostruzione della Basilica di Santa Croce.
Sulla sua tomba, nella Basilica di Santa Croce, si fermò in preghiera anche san Giovanni Paolo II l’11 novembre 1990.
6. Suor Nazaria Ignazia March Mesa, voce degli ultimi e delle ragazze
Una religiosa piccola di statura ma dalla grande forza spirituale.
Spagnola di nascita ma pienamente latinoamericana. Sempre dalla parte dei poveri perché ricca della carità che si nutre di fede e di preghiera.
Era nata a Madrid il 10 gennaio 1889, figlia di un commerciante e di un cattolica non praticante che diede alla luce 18 figli di cui sopravvissero in 10.
Trasferitasi in Messico con la famiglia per ragioni economiche a 17 anni, sulla nave che la portava in America Latina conobbe due “Piccole Suore degli anziani abbandonati” rimanendone molto colpita.
Così entrò in quell’ordine operando presso l’ospizio Matias Romero a Città del Messico. Tornata a Palencia, in Spagna, per il noviziato, fu assegnata a Oruro, nel nord della Bolivia, piccolo centro minerario, dove rimase dodici anni. A Oruro la giovane suora portò avanti la sua azione evangelizzatrice accompagnandola a uno straordinario intervento di promozione umana. In quella zona in cui arrivavano i bisognosi di tutto portò la Parola di Dio nelle miniere e nelle carceri, aprì mense e centri di accoglienza in cui si insegnava anche a leggere e scrivere, sostenne le lotte operaie e la promozione della donna, tanto da organizzare il primo sindacato femminile.
Nel 1920 durante gli esercizi spirituali le sembrò di vedere che Gesù la cercava per iniziare un nuovo istituto religioso, che fondò il 6 giugno 1925. Dalla Bolivia la fondatrice si trasferì in Argentina dove una volta di più promosse iniziative a favore soprattutto di poveri e ragazze.. Nel 1943 malgrado la salute malferma volle partecipare al Capitolo generale dell’Istituto che si tenne a Buenos Airese e qui incontrò la morte, il 6 giugno, a 54 anni.
Proclamata beata da Giovanni Paolo II il 27 settembre 1992, la salma della religiosa riposa, per sua espressa richiesta, a Oruro.
7. Suor Caterina Kasper, povera tra i poveri
Caterina Kasper nacque nel villaggio di Dernbach, in Germania, il 26 maggio 1820. Per aiutare la sua numerosa famiglia, trascorse l’adolescenza in lavori umili come quelli dei campi, oppure spaccando le pietre che servivano per lastricare le strade.
Nel 1842 perse il padre e un fratello: insieme alla madre, iniziò a compiere lavori di tessitura e, nel frattempo, aveva dovuto vendere la casa.
Intanto continuava ad avere in cuore il desiderio di consacrarsi a Dio, sebbene non volesse entrare in nessuna famiglia religiosa esistente. Ne fondò una lei, appoggiata dai suoi parrocchiani.
Cominciò la vita comune con alcune compagne nel 1845: tre anni dopo, il giorno dell’Assunta, aprì la loro casa ai poveri del paese. Al nuovo sodalizio diede il nome di Povere Ancelle di Gesù Cristo, mentre lei, con la vestizione religiosa, aggiunse al proprio quello di Maria.
Con la stessa tenacia degli anni giovanili, madre Maria Caterina seguì la formazione delle novizie e l’apertura di nuove case, anche all’estero, per aiutare gli immigrati tedeschi.
Un infarto la raggiunse il 27 gennaio 1898: morì il 2 febbraio, all’alba. È stata beatificata da Paolo VI il 16 aprile 1978. Il 6 marzo 2018 papa Francesco ha riconosciuto un ulteriore miracolo per sua intercessione, aprendo la via alla canonizzazione.