Riceviamo e pubblichiamo
Chi pensava che con il nuovo anno la Befana portasse in dono una sanità efficiente si deve purtroppo ricredere
A chi a tutt’oggi passa intere notti in barella nel corridoio di un ospedale, a chi è costretto a una estenuante “via crucis” trasportato in ambulanza da un ospedale all’altro alla ricerca di un posto letto, a chi viene parcheggiato in attesa che rientri il personale per essere sottoposto ad un intervento chirurgico, a chi nelle sale d’attesa vive l’ansia per le sorti di un proprio caro, non interessano le battaglie sui decreti o le discussioni su chi debba fare il commissario regionale ad acta. Ai cittadini interessa sapere si in un ospedale troverà qualcuno in grado di prendersi cura del loro problema di salute e di garantire una assistenza dignitosa. Questo per la politica dovrebbe essere il governo della, sanità, non l’affidamento degli incarichi, non gli interessi legati alla gestione di appalti milionari, non la clientela e la raccolta di consenso.
Le pressanti richieste dei cittadini rischiano di restare lettera morta se la politica non innescherà processi di sviluppo, soprattutto se continuerà a mortificare la fiducia e le speranze dei calabresi facendo carta straccia della meritocrazia. Al punto in cui siamo è necessaria una drastica inversione di tendenza per il rilancio della sanità. Prima di tutto è necessaria la revoca del decreto della giunta regionale N 18 del 2010 e dei vari decreti emanati dai commissari succedutisi nel tempo che hanno demolito gli ospedali periferici e rimodulato negativamente la sanità decretandone il collasso totale. Di fronte alla casa che stava bruciando come mai nessuno di lor signori ha pensato di spegnere l’incendio? In sostanza, anzichè intraprendere drastici provvedimenti ed iniziative eclatanti per impedire un così grave sfacelo, si sono solo preoccupati di tutelare gli interessi di bottega come se tali interessi fossero preminenti rispetto agli interessi del malato.
Con l’avvicendamento alla guida della Regione della giunta di centrodestra non vorremmo essere caduti dalla padella nella brace. Se è vero che il buon tempo si vede dal mattino è anche vero che i risultati tardano ad arrivare. Prima di intonare la marcia trionfale per annunciare palingenesi epocali tese a rimodulare la sanità sarebbe necessario, invece, un dibattito approfondito con tutte le componenti che governano la sanità al fine di pervenire ad un consenso il più vasto possibile e conseguentemente alla determinazione di obiettivi chiari da tradursi in risultati visibili e concreti. Per evitare di intonare il “de profundis” è necessario porre fine ai soliti, stucchevoli balletti di alternanza dei commissari -(quasi sempre gli stessi)- nelle Asp, tanto tutto resta come prima, se non peggio di prima. Tutti costoro non sono riusciti a creare neanche le premesse necessarie per il rilancio della sanità in tutta la Regione.
Precarietà, degrado funzionale, disorganizzazione amministrativa, il livello dei servizi largamente insufficiente sono i punti chiave del modo di gestire la sanità, tanto da costringere i cittadini ad un crescente ricorso a strutture a carattere privatistico o alla mobilità sanitaria extraregionale con notevole conseguente aggravio di spesa per le aziende -(300 milioni annui)- per i cittadini. A ricevere un trattamento notevolmente discriminatorio rispetto alle altre province è Vibo Val. soprattutto per quanto attiene la distribuzione dei posti letto. All’Asp di Vibo, difatti, sono assegnati 1,5 posti letto per mille abitanti, mentre a Crotone e Reggio 2,3, a Cosenza 2,5 e a Catanzaro 3,4 -Stessa disparità poi nella ripartizione delle risorse finanziarie. Pertanto dieci anni di Piani di rientro non hanno portato ad una rimodulazione equa, viceversa ad un ulteriore abbassamento dei LEA e della qualità dell’offerta dei servizi.
Stante tutto ciò una sanità in crisi di identità di così vaste dimensioni si potrà salvare non con la girandola a ritmo costante dei soliti commissari, ma con uomini nuovi e capaci professionalmente in grado di estirpare i mali che l’affliggono. Le ASP quasi sempre sono gestite da personaggi assolutamente incapaci di poter rispondere ai bisogni dei cittadini attraverso l’autonoma elaborazione di idee e di progetti. I motivi sono da ricercare nelle nomine politiche e, spesso, nell’assenza dei requisiti e dei titoli dei nominati, per cui viene meno la specifica e alta competenza professionale.
Direttori generali, direttori sanitari e amministrativi il più delle volte non hanno alcuna esperienza nella gestione della sanità pubblica, non hanno maturato per almeno un quinquennio -(Dlg 502/92)- esperienza di direzione tecnica e amministrativa in enti, aziende, strutture pubbliche e private in posizioni dirigenziali con autonomia gestionale e diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche e finanziarie svolta nei dieci anni precedenti alle nomine. E’ la solita storia: la politica può tutto, anche inventare carrierismo, interpretazioni ad usum delphini di norme, inquadramenti e nomine illegittime, ma non può determinare quel salto di qualità che consente di dotare le aziende di un sistema tale da determinare il riordino del sistema sanitario su tutto il territorio per dare ad esso criteri di efficienza attraverso una pianificazione delle strutture organizzative in grado di fissare obiettivi, programmi, modalità di svolgimento delle attività sanitarie nell’esclusivo interesse del cittadino. Da parte sua, quindi, se è vero che il nuovo governo regionale in carica è quello del cambiamento, attui, allora, tutte quelle misure ritenute urgenti e necessarie affinchè la sanità non sia più un pascolo elettorale e ponga fine e quel “do ut des” scandaloso ormai talmente radicato nel costume e nella mentalità dei politici.
La sanità deve essere lo strumento al servizio dei cittadini che abbia come unico fine la tutela della della loro salute.
(Ex Direttore Sanitario Aziendale ed Ospedaliero)
Dr. Tino Mazzitelli