Fede e dintorni

La Perdonanza de L’Aquila, farmaco contro l’odio

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

La Perdonanza de L’Aquila, farmaco contro l’odio.

– La sera del 29 agosto il cardinale arcivescovo de L’Aquila Giuseppe Petrocchi insieme al il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi ha chiuso la Porta Santa nella basilica di Collemaggio, al termine della tradizionale Perdonanza celestiniana che si era aperta il giorno prima.
– E’ terminato in quel momento il Giubileo aquilano voluto da Papa Celestino V con la Bolla del 1294 (il primo della storia), iniziato il giorno 28, con l’apertura della stessa Porta Santa da parte dell’arcivescovo di Bologna, cardinale Matteo Maria Zuppi.
– Così, come ogni anno, il 28 e il 29 agosto L’Aquila ha rinnovato il rito solenne della Perdonanza, l’indulgenza plenaria perpetua che Celestino V, la sera stessa della sua incoronazione a pontefice, concesse a tutti i fedeli di Cristo. Fu un dono di portata straordinaria rinnovato annualmente e concesso anche a poveri e diseredati.

La Perdonanza e papa Celestino V.
Prima di salire al soglio pontificio, Pietro Angeleri (il nome secolare Celestino V), aveva trascorso molti anni di vita eremitica, in special modo in una grotta sul monte Morrone, sopra Sulmona, ricevendo dai suoi devoti l’appellativo di Pietro del Morrone.
Il 5 luglio 1294 fu designato dal conclave riunito a Perugia come successore di papa Niccolò IV, la cui morte (1292) aveva lasciato la sede vacante per più di due anni. Dall’eremo di Sant’Onofrio al Morrone nel quale si era ritirato, Pietro, a dorso di un asino e avendo come palafrenieri re Carlo II d’Angiò e suo figlio Carlo Martello, mosse alla volta di L’Aquila.
Il 29 agosto 1294 nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, costruita per sua stessa volontà e consacrata nel 1288, fu eletto papa. Alla cerimonia solenne parteciparono oltre ai due re, cardinali e nobili, ma soprattutto un immenso popolo, composto, secondo le fonti, da più di duecentomila persone, che ricevettero dal nuovo pontefice un dono di portata straordinaria:

Quanti confessati e sinceramente pentiti, dai vespri del 28 agosto fino ai vespri del giorno 29, festa di san Giovanni Battista, avessero visitato devotamente la basilica di Collemaggio, avrebbero ricevuto contemporaneamente la remissione dei peccati e l’assoluzione dalla pena.

Fino ad allora, l’indulgenza plenaria era stata concessa solo a favore dei crociati in partenza per la Terra Santa e ai pellegrini che si recavano alla Porziuncola di Assisi. Appannaggio per lo più dei ricchi, che in cambio di sostanziose elemosine avrebbero ottenuto almeno la remissione parziale dei peccati, a L’Aquila il Perdono sarebbe stato rinnovato annualmente e concesso anche a poveri e diseredati.

La porta si chiude, il perdono si diffonde.
La sera del 29 agosto il cardinale arcivescovo de L’Aquila ha chiuso la Porta Santa nella basilica di Collemaggio, al termine della tradizionale Perdonanza celestiniana.
Ecco alcuni stralci della sua omelia pronunciata durante la celebrazione eucaristica.
La celebrazione della Perdonanza non deve diventare semplice ritualità tradizionale, ma esperienza personale e comunitaria di revisione di vita.
Se no si corre il rischio di fare tante Perdonanze, ma di rimanere senza perdono: ricevuto e dato.
La Perdonanza ha valenza non solo ecclesiale, ma anche sociale.
Questa prospettiva spalanca orizzonti di grande attualità sull’“anima celestiniana” di questa celebrazione.

In tale panorama prende forte rilievo una riflessione di Papa Francesco, che così scrive: «Pietro del Morrone, come Francesco d’Assisi, conoscevano bene la società del loro tempo, con le sue grandi povertà. Erano molto vicini alla gente, al popolo. Avevano la stessa compassione di Gesù verso tante persone affaticate e oppresse; ma non si limitavano a dispensare buoni consigli, o pietose consolazioni.
Essi per primi hanno fatto una scelta di vita controcorrente, hanno scelto di affidarsi alla Provvidenza del Padre, non solo come ascesi personale, ma come testimonianza profetica di una Paternità e di una fraternità, che sono il messaggio del Vangelo di Gesù Cristo».

Il perdono come farmaco.
“Il perdono tiene alta la soglia della sana tolleranza e rappresenta un farmaco che immunizza dalla logica distruttiva della ostilità e dello scontro. L’Aquila deve diventare “Scuola di incontro e di confronto”; laboratorio per attivare percorsi di riconciliazione. In sintesi: è chiamata a diventare, anche sul piano culturale e sociale, la “Capitale del Perdono”.
Va sottolineato che perdonare è un atto “complesso”: richiede l’intervento “coordinato” di molte virtù, tra cui la fortezza, la prudenza e la mitezza.
Il Perdono non va scambiato con stili rinunciatari o con valutazioni distorte: perdonare non vuol dire far finta di niente, come se la cosa non fosse mai accaduta; né pretende di cancellare il passato dalla memoria.
Perdonare presuppone il non restare imbrigliati nel rancore, per mantenere aperta o ripristinare la via dell’ascolto, della benevolenza, della speranza.
Chi perdona prende “sul” serio ciò che è accaduto, ma lo supera. Non si lascia sopraffare dal male, ma vince il male con il bene.
Occorre, perciò, attivare le difese cognitive ed etiche, per identificare e respingere questi atteggiamenti nocivi, che rischiano di intossicare i nostri giudizi, i sentimenti e i comportamenti che li concretizzano, rendendoli disadattanti e dannosi.

Perdono e libertà interiore.
Perdonare è un gesto di libertà e un servizio alla verità: solo chi, dentro di sé, ha sciolto i nodi che lo legavano all’egoismo — e ha guadagnato robuste “dosi” di saggezza e di generosità evangelica — può perdonare.
Tra le attitudini necessarie per maturare un’autentica predisposizione al perdono, compare l’umiltà, che, per definizione, è la prima alleata della misericordia. Va messo in risalto che l’“umiltà” è strettamente imparentata con la verità, perché comporta vedere se stessi e gli altri alla luce della Parola: è questa Sapienza che ci consente di valutare noi e il prossimo con obiettività, senza tentativi di cosmesi interpretative e senza ricorrere ad anestetici dissimulanti.
Perciò sant’Agostino dichiara: per camminare nella vita secondo lo Spirito «il primo passo è l’umiltà; il secondo passo è ancora l’umiltà; il terzo ancora l’umiltà; e per quanto tu chieda, ti darò sempre la stessa risposta: l’umiltà».

Attraversiamo ancora il mare agitato della pandemia.
Ricordiamo, nella preghiera, tutte le vittime del contagio e le loro famiglie, come anche il personale sanitario che si prodiga per debellare questa calamità infettiva.
Nella misura in cui siamo mobilitati nel combattere il male morale, che è la “peste dell’anima”, siamo pure attrezzati per affrontare la sfida del covid-19. Infatti, oltre al rispetto delle prescrizioni sanitarie e delle misure di sicurezza, ci viene chiesto l’esercizio fattivo della cittadinanza responsabile e la ricerca sinergica del bene comune.
Celestino v, padre e maestro, ci accompagni in questa divina avventura.
La Perdonanza, nata e dimorante a L’Aquila, ma ormai cittadina del mondo, ci aiuti ad essere testimoni coraggiosi di umiltà fraterna e perseveranti costruttori di pace: ora e sempre. Amen!

(fonte: cf Osservatore Romano e altro web).

La sera del 29 agosto il cardinale arcivescovo de L’Aquila Giuseppe Petrocchi insieme al il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi ha chiuso la Porta Santa nella basilica di Collemaggio, al termine della tradizionale Perdonanza celestiniana che si era aperta il giorno prima. E’ terminato dunque in quel momento il Giubileo aquilano voluto da Papa Celestino V con la Bolla del 1294, il primo della storia. L’appuntamento del Perdono era iniziato il giorno 28, con l’apertura della stessa Porta Santa da parte dell’arcivescovo di Bologna, cardinale Matteo Maria Zuppi. – Così, come ogni anno, il 28 e il 29 agosto L’Aquila ha rinnovato il rito solenne della Perdonanza.

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