Riceviamo e pubblichiamo
Increduli per l’azzardato tentativo di far passare la figura del cacciatore per quello che non è e che non può essere
L’intervento dei cacciatori di Zambrone in seguito al ferimento di uno sparviere nelle contrade del paese costiero (cui possiamo aggiungere, per adesso, quelli di un Gheppio, di una Poiana e, ultimo, di un Falco di palude rinvenuto l’altro ieri a Filogaso), lascia a dir poco increduli per l’azzardato tentativo di far passare la figura del cacciatore per quello che non è e che non può essere.
L’intento, ben noto, è quello di voler nascondere agli occhi dell’opinione pubblica un’attività crudele quale quella dell’uccisione di un altro essere per puro divertimento, dietro la figura idilliaca e fantasiosa di una specie di novello San Francesco che si aggira per campi e boschi a lodare le meraviglie del Creato. Ma allora bisognerebbe spiegare a cosa servono il fucile e le cartucce per “respirare i profumi della vegetazione”, assistere al sorgere del sole o alla caduta delle foglie in autunno, o come mai sia più che consigliabile stare lontani dai boschi durante una battuta di caccia.
Oppure chiarire che gli animali che vengono liberati durante le anacronistiche, dispendiose e dannose operazioni di ripopolamento, se sopravvivono, vengono inesorabilmente abbattuti a suon di fucilate. In merito poi al problema dei danni alle colture procurati dai cinghiali, bisognerebbe spiegare agli agricoltori , che sono gli unici a pagarne le conseguenze, ( i compiacenti politici lo sanno già) che gli stessi cinghiali non sono arrivati da Marte, ma sono stati immessi sul territorio per il passatempo (redditizio) dei cacciatori , i quali, per ovvi motivi, sono gli unici a godere non certamente della scarsità o della riduzione degli ungulati, bensì della loro proliferazione .
Quello che però diventa davvero intollerabilein questa traballante autodifesa , è l’affermazione secondo cui i cacciatori insegnerebbero ai bambini l’amore per la Natura! Nessuno può negare che ci siano uomini che provano piacere nel procurare la morte di un animale “per sport”, ma che questo atto di violenza gratuita venga addirittura spacciato per amore per la natura, è inconcepibile.
In questo caso l’assenza di sensi di colpa e la rimozione psicologica del male procurato agli altri animali arriva a tal punto da far sostenere che siano conciliabili il ferimento, il sangue, il dolore e la morte per mezzo di una scarica di piombo, di una Tortora o di un Merlo, di un Tordo o di un’Allodola, di una lepre o di un capriolo, con l’amore per la natura. Le foto di “mazzi” di animali massacrati o l’immagine di un cinghiale sanguinante esposto come macabro trofeo testimoniano, al contrario, una passione per la morte che nessun rispetto per un regolamento o legge umana può nascondere o camuffare.
Di fronte a tale, assoluto, stravolgimento della realtà, mi sembra persino banale dover ricordare che la parola “amore” significa prima di ogni cosa rispetto per l’oggetto del proprio amore, a tal punto che l’espressione più alta dell’amore è dare la vita, non certamente toglierla, per cui sostenere che mentre si uccide si ama, è un’assurdità. Che poi i bambini possano imparare la violenza degli adulti e rimanere indifferenti di fronte alla sofferenza del mondo, è una triste realtà, ma per conto mio ai bambini preferisco insegnare che la cosa più bella che si possa fare agli animali, non è sguinzagliare i cani per costringerli a volare o appostarsi per fulminarli con una fucilata, ma è una cosa molto semplice : lasciarli vivere. I ricordi più belli che mi porto dentro non possono parlare di cadaveri buttati nel cofano di una macchina, di teste di uccelli feriti schiacciate con le dita o sbattuti a terra, né del frastuono di una fucilata, ma parlano di silenzi e di tanti altri esseri che mi hanno regalato i loro voli di libertà.
Pino Paolillo (WWF Calabria)