Punti di vista. Per vedere più lontano
Ci sono luoghi, in Calabria, che andrebbero “ascoltati con gli occhi”
Winston Churchill diceva che “l’ottimista vede opportunità in ogni pericolo, il pessimista vede pericolo in ogni opportunità”. Ed è dei pericoli, più o meno conosciuti, della Calabria che voglio parlare. Ma di quei pericoli che diventano opportunità, non appena si alza lo sguardo più in su. Per vedere più lontano.
Chi come me vive in questa Regione sa che qui non c’è solo ‘ndrangheta e degrado, che non c’è soltanto corruzione e criminalità. Ma, chi guarda da punti di vista alternativi e conosce la ‘verità’, la Calabria è anche una terra circondata dal mare, dalle spiagge incontaminate e dalle montagne aride dove – come nelle migliori metafore offerte dalla vita – cresce comunque fitta la vegetazione.
Una terra che è eccellenza nel mondo, e forse solo per noi lo è un po’ di meno. Soltanto perché non la conosciamo, o non l’amiamo, abbastanza. E’ una terra che ospita il più grande scrigno di biodiversità d’Europa (il parco nazionale del Pollino) insieme ad altre due aree protette (il parco della Sila e il parco dell’Aspromonte); che sui due lati si affaccia sul mare, da una parte lo Jonio e dall’altra il Tirreno, e lungo la sua costa, sempre diversa, ha delle vere e proprie perle: Tropea e la costa degli dei, Copanello e Caminia, Isola Capo Rizzuto, l’isola di Dino, Cirella, il lungomare di Reggio Calabria e i ferry boat per attraversare lo Stretto, l’Arcomagno a San Nicola Arcella, la lingua di terra della riviera dei Cedri.
Ci sono luoghi, in Calabria, che andrebbero ‘ascoltati con gli occhi’: il santuario di San Francesco di Paola e la cattedrale di Stilo, la cattedrale di Gerace e il Santuario della Madonna delle Armi, l’area archeologica di Sibari (tra le prime colonie greche) e Pentedattilo (giù alla punta, dove lo stivale piega e ricomincia la salita); ed ancora Locri, meravigliosa nella sua solitudine, o San Luca in Aspromonte che diede i natali a Corrado Alvaro; il museo del Codex Purpureus Rossanensis, il ritiro ascetico di Serra San Bruno, il mare verde veronese di Capo Vaticano, i vicoli che scivolano in mare tra una casa e l’altra di Chianalea a Scilla, il ponte del diavolo e il canyon raganello scavato dal tempo a Civita, il borgo di Morano Calabro (una racchetta da tennis poggiata di traverso su una collina che d’inverno si trasforma in un presepe vivente), cattedrale di Santa Maria Assunta a Catanzaro.
Ma la Calabria, la mia Calabria, è anche la terra della cipolla rossa di Tropea e del tonno Callipo, del Crotone che lotta e rimane in serie A e del tartufo gelato di Pizzo, della storica casa editrice Rubbettino e della liquirizia di Amarelli di Rossano, delle rotte migratorie che in autunno e in primavera offrono un’autostrada aerea andata-e-ritorno per l’Africa, del peperoncino di Diamante e delle arance tardive, delle clementine di Corigliano Calabro e dell’olio biologico, dell’amaro del Capo, dei bergamotti che crescono soltanto nei venti chilometri di terra tra Palmi e Pellaro, del moscato di Saracena, del vino Ferrocinto, dei ristoranti di pregio che per esempio trasformano i porcini della Sila in piatti prelibati. La Calabria è anche la terra di ‘super eroi’, come Nicola Gratteri. E di chi oggi canta ‘la verità’, come Dario Brunori.
E’ per questo che se guardo bene a dove vivo, alla mia Calabria, non posso non pensare alle opportunità invece che ai pericoli, al fatto che, spesso – parafrasando un film di qualche anno fa – quello che si perde nel fuoco si ritrova nella cenere. Ed è quello che tutti dovremmo imparare a fare, per provare e riuscire ad amarla; la Calabria.
Presidente Circoli dell’Ambiente della Calabria
Francesco Tetro