Fede e dintorni

La gioia di ritrovare chi si è perduto

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

La gioia di ritrovare chi si è perduto.

Gesù ci rivela il vero volto di Dio che è misericordia.
– Gesù racconta tre parabole che ci presentano un Dio instancabile nella ricerca dell’uomo: la pecorella smarrita, la moneta perduta e il padre misericordioso.
– I tre racconti ci aiutano ad assaporare il mistero di Dio, ricco di misericordia, che non abbandona mai le sue creature; un Dio che non ci lascia mai in pace finché non troviamo pace in lui (S. Agostino).
– Dio ricerca chi si smarrisce, senza mai stancarsi di cercare ancora. Ma questo volto di Dio può essere colto solo da coloro che riconoscono il carattere gratuito del suo amore e si lasciano permeare dalla sua grazia.
– Il padre del figlio prodigo della parabola è immagine di un Dio scandalosamente buono, che preferisce la felicità dei suoi figli alla loro fedeltà, che non è giusto, è di più, esclusivamente amore.

Dal vangelo di questa domenica (forma breve Lc 15, 1-1).
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

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San Paolo riconosce di essere stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento a cui è stata concessa la grazia. Egli, infatti, non è stato rigettato da Dio, ma da Lui accolto con misericordia.
Dio esprime gioia e dona gioia, la gioia del padre che fa festa e si rallegra per il figlio “prodigo”, che aveva vissuto da dissoluto ed ora ritorna tra le sue braccia; ma poi deve implorare l’altro figlio (il maggiore, che si credeva vero figlio) che non si rallegra per il fratello ritornato.
Le parabole di Gesù vogliono aprirci ad un nuovo rapporto con Dio, superando l’atteggiamento errato di entrambi i figli del padre misericordioso: nessuno dei due, infatti, ha ancora compreso la propria dignità filiale; entrambi sono accomunati da un rapporto di sudditanza servile nei confronti del padre che, invece, offre e cerca amore.
(Michele Giuseppe D’Agostino, ssp).

Il vero volto di Dio.
♦ Nessuna pagina al mondo raggiunge come questa parabola l’essenziale del nostro vivere con Dio, con noi stessi, con gli altri.
Un padre aveva due figli. Se ne va, un giorno, il giovane, in cerca di se stesso, in cerca di felicità, la cerca nelle cose che il denaro procura, ma le cose tutte hanno un fondo e il fondo delle cose è vuoto.
Il libero principe diventa servo, a disputarsi l’amaro delle ghiande con i porci. Allora ritorna in sé, dice il racconto, chiamato da un sogno di pane (la casa di mio padre profuma di pane…) e si mette in cammino.
Non torna per amore, torna per fame. Non torna per pentimento, ma per paura della morte.
Ma a Dio non importa il motivo per cui ci mettiamo in viaggio. È sufficiente che compiamo un primo passo. L’uomo cammina, Dio corre. L’uomo si avvia, Dio è già arrivato.
Infatti: il padre, vistolo di lontano, gli corse incontro…
E lo perdona prima ancora che apra bocca. Il tempo della misericordia è l’anticipo.
Si era preparato delle scuse, il ragazzo, ma il Padre perdona non con un decreto, ma con un abbraccio; non sono più tuo figlio, dice il ragazzo, e il padre lo interrompe perché vuole salvarlo proprio dal suo cuore di servo e restituirgli un cuore di figlio.
♦ Il padre è stanco di avere per casa dei servi invece che figli veri. Il peccato dell’uomo è uno: sentirsi schiavo anziché figlio di Dio.
Il padre non domanda: dove sei stato, cosa hai fatto, da dove vieni? Chiede invece: dove sei diretto? Vuoi che ci andiamo insieme? Il territorio di Dio è il futuro.
♦ I gesti che il padre compie sono insieme materni, paterni e regali: materno è il suo perdersi a guardare la strada; paterno è il suo correre incontro da lontano; regali sono l’anello e la tunica e la grande festa.

♦ Ciò che vuole è riconquistarsi i figli, anche nell’ultima scena, quando esce a pregare il figlio maggiore, che torna dai campi, vede la festa e non vi entra, sente la musica e non sorride.
Un uomo nel cui cuore non c’era mai festa, perché si concepiva come un dipendente: «Io ho sempre ubbidito, io ho sempre detto di sì e a me neanche un capretto!»; ubbidiente e infelice perché il cuore è assente, non ama ciò che fa, alle prese con l’infelicità che deriva da un cuore di servo e non di figlio, quando invece «il segreto di una vita riuscita è amare ciò che fai, e fare ciò che ami» (Dostoevskij).
Il padre della parabola invece è immagine di un Dio scandalosamente buono, che preferisce la felicità dei suoi figli alla loro fedeltà, che non è giusto, è di più, esclusivamente amore.

Allora Dio è così? Così eccessivo, così tanto, così esagerato? Sì, il Dio in cui crediamo è così. Immensa rivelazione per cui Gesù darà la sua vita.
(Ermes Ronchi in Avvenire.it).

Gesù ci rivela il vero volto di Dio che è misericordia. Gesù racconta tre parabole che ci presentano un Dio instancabile nella ricerca dell’uomo: la pecorella smarrita, la moneta perduta e il padre misericordioso. I tre racconti ci aiutano ad assaporare il mistero di Dio, ricco di misericordia, che non abbandona mai le sue creature; un Dio che non ci lascia mai in pace finché non troviamo pace in lui (S. Agostino).

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