Il libro d’esordio del giornalista tropeano
Uscito ieri per la collana “La ginestra” della casa editrice Pellegrini
E’ uscito solo ieri il libro d’esordio del giornalista Alessandro Stella, per la collana “La ginestra” della casa editrice Pellegrini. Con grande piacere mi sono approcciata a questa lettura e con altrettanto entusiasmo pubblico la prima recensione seguita da una breve intervista all’autore.
Si tratta di un romanzo-giallo dal sapore nazional-popolare, nell’accezione positiva del termine. Infatti, il contesto e la scenografia dei fatti e dei luoghi potrebbero condurre chi legge ad identificare non forzatamente una terra, un luogo, una popolazione, ma un punto qualsiasi della nostra splendida Italia. Questo non si deve leggere come mancanza di “identità”, piuttosto come capacità dell’autore di rendere al racconto un carattere molto ampio e condivisibile.
E’ un giallo che prende forma sin dalle prime battute e si amplifica senza scadere nell’ovvietà riscontrabile in molti altri gialli anche più conosciuti. Ma la vera forza di questo libro sono gli uomini, raccontati benissimo e soprattutto il protagonista, personaggio complesso, mai scontato, unico nel suo genere e soprattutto, nonostante l’evidenza di molti limiti caratteriali, mai banale.
L’uso di una terminologia, soprattutto descrittiva, precisa e puntuale accompagna il lettore lungo un sentiero “sicuro” di strade inerpicate come croste di montagne fatte di tanti vocaboli mai superflui; tra il virgolettato emerge il lato romantico dello scrittore, incisi lievi che rendono la trama del racconto, per sua natura greve e misteriosa, piacevolmente eterea, accompagnando il ritmo del romanzo in maniera armoniosa e rassicurante.
Ciò che racconta lo scrittore vive di alternanza tra la dimensione interna, intimistica, personale quasi rasentando la spiritualità, in modo tale da narrare ottimamente la complessità logica e romantica del protagonista, e quella esterna dei fatti di cui lo stesso è vittima e spettatore al contempo. Non è un eroe di cui si racconta una porzione di vita, ma piuttosto il vicino, l’amico, il conoscente, un uomo con tutti i suoi limiti, le paure quotidiane, le fobie ancestrali e disarmanti che lo rendono a volte simpatico ed altre meritevole di compassione. Nei tratti più “intimi” si scopre ancora il suo essere adolescente e questo lo rende al lettore ancor più vicino, potendo rintracciare in chi ama la lettura orme indissolubili di quell’eterna sindrome da Peter Pan che sottace ad ogni inizio di libro, l’auspicio di un viaggio “speciale” al di là del tempo e dello spazio.
Nell’arco di pochissimo tempo hai preso la decisione di cambiare le tue abitudini quotidiane e soprattutto mestiere, quindi è vero che la passione può far “scalare le montagne”?
La passione e, di conseguenza, l’amore sono il fulcro della vita. Senza amore non c’è vita e, quand’anche ci fosse, sarebbe un’esistenza, purtroppo, segnata. La decisione da me presa è stata sofferta e ponderata, ma alla fine ho ceduto al richiamo della passione, convinto che, qualunque cosa si faccia per amore, porti a dei risultati.
Ho chiuso l’attività perché mi vedevo infelice e non potevo permettermi di trasmettere questo malessere a mio figlio, sarebbe cresciuto subendo le mie frustrazioni e i miei malumori. Così ho preso questa decisione, supportato da quanti mi stavano intorno, in particolare da mia moglie, il mio sprone più grande nella ricerca della felicità.
Venerdì 18 marzo, a un anno dalla chiusura della tua precedente attività commerciale, è uscito il tuo primo libro. Quale e quanta è l’attesa, cosa ti aspetti?
I numeri e la cabala sono particolari a cui l’uomo è molto legato per spiegare materialmente ciò che considera soprannaturale. Personalmente non credo nelle coincidenze, non credo che sia tutto un caso. Credo che ci sia un disegno ben preciso che io, da cattolico, attribuisco a Dio. Non dimentichiamo, però, che il Signore è un grande artista e ci fornisce la tavolozza, ma spetta a noi colorare la nostra vita con le scelte opportune.
Per quanto riguarda le aspettative, sono consapevole che la strada sia dura e tortuosa, ho scelto un campo molto difficile e selettivo, ma lo sapevo sin dall’inizio. Ho avuto la tenacia di insistere, di rompere le scatole a decine di case editrici, finché non sono stato contattato dalla Pellegrini, una delle più importanti realtà calabresi. Successivamente ho ricevuto altre offerte che mi hanno inorgoglito, ma che, ovviamente, ho rifiutato. La via ormai era tracciata. Diciamo che ho posato la prima pietra per cercare di costruire un grande sogno.
Come tutti gli scrittori, spero che chi leggerà il libro possa provare un’emozione, di qualunque tipo. Viviamo di emozioni, senza di esse saremmo solo dei freddi automi programmati per produrre reddito. Le emozioni ci distinguono l’uno dall’altro e ci rendono unici. Ognuno di noi ha una missione nella vita, molti non ne sono consapevoli, altri ce l’hanno ben chiara in testa. Probabilmente la mia è regalare emozioni ai lettori, ma questo lo potranno dire soltanto loro.
Dove trovi l’ispirazione per i protagonisti, i luoghi, le storie dei tuoi racconti?
Tutto nasce dall’amore per la mia terra, la Calabria, e per la mia città, Tropea, dove c’è un patrimonio d’ispirazione infinito. A Tropea esiste un numero di personaggi da romanzo impressionante, alcuni vere e proprie caricature naturali. Ecco, da qui traggo spunto per costruire le mie storie. A volte, però, non mi soffermo solo alla mia regione, cerco di andare oltre, di varcare i confini, coinvolgendo un po’ tutta la penisola, come si evince anche dal titolo del libro.
Cosa indossi con più disinvoltura, le vesti di narratore o di cronista?
Fare il cronista è un compito meticoloso, nel quale non puoi lasciare nulla al caso. Devi documentarti, restare aggiornato e tenere sempre in mente che quanto scrivi verrà letto da centinaia di persone e dovrà corrispondere alla realtà.
Narrare mi viene più naturale, mi fa sentire più libero, mi permette di sbrigliare la mia fantasia, pur essendo necessario anche qui uno studio attento.
Adoro creare personaggi e situazioni riscontrabili anche nella quotidianità. Nella mia testa prendono vita spontaneamente, senza programmazione, i particolari vengono fuori dall’improvvisazione del momento e mi divertono molto. Paradossalmente sono più legato alle comparse dei miei racconti che ai personaggi principali, perché credo che il contorno sia fondamentale per la buona riuscita di un piatto.
Cosa significa per te scrivere?
Scrivere è la nobilitazione della mia timidezza, delle mie insicurezze, perché scrivendo mostro tutto quello che ho dentro, ma non sono al centro del palco, una condizione che mi imbarazza fortemente.
Scrivere è una cosa che mi rende vivo, più di ogni altra. Quando batto sulla tastiera sento le viscere in subbuglio, avverto la fretta di mettere nero su bianco tutto quello che ho dentro, temendo di tralasciare qualche particolare fondamentale. E, quando salto un giorno, mi sento nervoso e triste, come se non avessi goduto della dose mia giornaliera. Ecco, sono un tossicodipendente da qwerty (le prime sei lettere della tastiera ndr).
Breve sinossi
Pigro, demodé, vegano ma non troppo (un paradosso per un calabrese), il suo massimo sforzo fisico è la digitazione sulla tastiera del computer e lo spoglio di un libro giallo. Eppure Luca Fazio svolge bene il suo lavoro da cronista di nera, lo fa con passione e dedizione, a patto che i tempi restino quelli letargici di Elpìde. Un’accelerazione nella sua vita sarebbe devastante.
Ma il delitto perpetrato nel cimitero della cittadina sconvolge questo ordine sonnecchiante, costringendo Luca a interessarsi alla soluzione del caso, suo malgrado.
Le indomite e fallibili paranoie di cui è vittima lo porteranno a essere inghiottito dai contorni della vicenda, spingendolo a elaborare decine di ipotesi nella sua mente in perenne movimento e in errore costante.
Fazio subirà se stesso, ne sarà vittima, fino all’inaspettata soluzione finale.
Sullo sfondo diversi personaggi, spruzzate di folclore calabro e mediterraneo, capaci di dare vita a un quadro d’insieme bizzarro e divertente ma, allo stesso tempo, realistico e fatalista.
Breve biografia
Alessandro Stella nasce in Lombardia, ma all’età di dieci anni emigra verso Sud, a Tropea, nel paese natio dei genitori. Giornalista pubblicista, ha conseguito la laurea in Lettere Classiche a Messina e nel corso degli anni ha collaborato con diverse testate regionali, tra le quali “Calabria “Ora e “Il Quotidiano della Calabria”, oltre ad essere storico collaboratore di Tropeaedintorni.it
Recentemente, in un attimo di folle lucidità, ha chiuso l’attività di famiglia, ereditata dal padre, per dedicarsi esclusivamente alla scrittura, sua più grande passione.