Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
La canna che diventò dolcissimo flauto.
La storia dell’umile canna che seppe raccogliere la musica cantata dagli angeli nella notte santa alla grotta di Betlemme e poi trasportata dal vento e diffusa in ogni direzione.
– Ci voleva umiltà e generosità per riuscire ad ascoltare quella musica e una semplice canna, in mezzo a tante altre, riuscì a catturarla e – diventata flauto – la diffondeva nelle tristi situazioni della vita: un felice destino quello dello splendido strumento che racchiudeva il canto degli angeli!
– Che bello poter diventare strumento di Dio che suona, canta e prega per portare la gioia, la pace, la riconciliazione tra gli uomini feriti dalle disavventure della vita e ancor di più dalle ferite del peccato!
La notte in cui nacque Gesù, gli angeli scesero dal cielo, e cantarono, danzando girotondi a grappoli intorno alla grotta di Betlemme.
La melodia del canto era la più pura e toccante che mai si fosse sentita sulla terra, ma non molti la notarono.
♦ Gli abitanti dei dintorni percepirono solo un leggero brusio, si voltarono dall’altra parte e continuarono a dormire.
Bisogna avere un cuore speciale per sentire il canto degli angeli.
♦ Ma in fondo ad un canalone, sulle rive di uno stagno, una giovane canna l’ascoltò.
Cominciò a vibrare al ritmo della melodia, ondeggiando flessuosa con tutte le sue fibre. “Piantala!” brontolò una vecchia canna, “Mi fai venire il mal di testa!”.
“Lasciaci dormire”, fecero eco le altre canne.
Anche fra le canne, non tutte riescono a sentire le musiche degli angeli.
♥ Ma la giovane canna continuò ad assorbire quell’armonia dolcissima che scendeva dal cielo e ripeteva, danzando leggera nell’aria:”Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”.
♦ Passò del tempo. La giovane canna divenne robusta e nodosa, ma ogni volta che il vento soffiava, vibrava ripetendo la lontana melodia degli angeli.
Un giorno un giovane pastore portò le sue pecore ad abbeverarsi allo stagno.
Mentre le pecore si accalcavano per raggiungere l’acqua, il pastore si guardava intorno. Il suo sguardo fu attirato dalla canna.
Da tempo voleva fabbricarsi un nuovo flauto, perché quello vecchio era scheggiato e il canto non era più sonoro e nitido.
Impugnò il coltello e tagliò la canna, la studiò un momento e cominciò ad intagliarla.
♦ Quando lo appoggiò alle labbra e cominciò a soffiare, il suono che uscì dal flauto sorprese il pastore. Era un suono limpido e leggero, sembrava andare diritto al cuore di chi l’ascoltava.
♥ Quella sera accanto al fuoco, il pastore trasse il flauto dalla bisaccia e cominciò a suonare. Di colpo tutti tacquero e sembrò per un attimo che anche il fuoco cessasse di crepitare, per ascoltare quel suono, quella purissima melodia.
Anche il pastore era sbalordito, gli pareva, a tratti, di non essere lui a suonare.
Era come se il flauto andasse per conto suo e che quella melodia angelica fosse dentro le sue fibre di legno.
Un vecchio pastore chiuse gli occhi e mormorò: “Mi pare di averla già sentita, una notte, tanto tempo fa, dalle parti di Betlemme…”.
♥ Ma il flauto serbava un segreto ancora più sorprendente.
Un giorno tra due gruppi di pastori scoppiò una lite furibonda per ragioni di precedenza in alcuni pascoli.
Volarono le prime bastonate e qualche mano corse al coltello.
Colpito da una improvvisa ispirazione il giovane pastore portò alle labbra il flauto e cominciò a suonare.
Il suono era apparentemente debole, ma i litiganti si fermarono, le mani strette a pugno si aprirono e ai pastori venne una gran voglia di fare la pace e darsi una mano perché la vita è già abbastanza difficile.
♥ Da quel giorno, ogni volta che scoppiava un litigio, i presenti chiamavano il pastore e gli dicevano:” Suona il flauto” e al suono del flauto le tensioni si placavano, le voci irose si addolcivano e le collere si spegnevano. I cuori di ghiaccio si scioglievano e i sorrisi rifiorivano.
♥ Il pastore divenne celebre con il nome di “pacificatore”. Quando morì, il flauto passò al figlio, che a sua volta lo lasciò al figlio e così via per secoli, finché un crociato lo comprò come ricordo di Terrasanta e lo portò in Europa. Ma nessuno si ricordava più dello straordinario potere del flauto. Passò d come ricordo di famiglia di generazione in generazione, di i baule in baule, finché…
– “Nonno, di chi è questo vecchio flauto?” – domandò Alberto, nove anni mentre rovistava negli scatoloni della soffitta.
– “L’aveva comprato il bisnonno ad un asta di cimeli, probabilmente è molto antico”, rispose il nonno.
– “Lo posso tenere?” – “Certo”.
– “Magari è magico…”, concluse Alberto e cominciò a lucidarlo con il fazzoletto. Lo portò alle labbra, il suono era dolce e limpido.
♥ Il mattino dopo, Alberto portò il suo nuovo flauto a scuola. Non faceva bella figura, era nero e opaco. La maestra era in ritardo e la classe in subbuglio. Riccardo e Mario si erano messi a litigare furiosamente e si stavano picchiando, rovesciando libri e banchi.
♥ Alberto si rifugiò in un angolo e provò il flauto. Un’armonia soave e leggera avvolse i bambini. Riccardo e Mario si fermarono come per incanto.
– “Scusami”, disse Riccardo.
– “Facciamo la pace”, rispose Mario.
Tutti guardarono Alberto, “Come suoni bene!”, esclamò Mirella
– “Io veramente ci ho solo soffiato dentro… – mormorò Alberto, arrossendo – “Lo sapevo che era magico”, pensò, felice della scoperta.
♥ Ma più felice era il cuore della giovane canna che aveva conservato per secoli il canto degli angeli, senza perderne neppure una nota.
(fonte: dal web).