Rubrica religiosa settimanale
a cura di P. Salvatore Brugnano
Aprile 2010, prima settimana: 28 marzo – 3 aprile 2010
1. Vangelo della domenica – «Benedetto colui che viene nel nome del Signore».
2. Aspetti della vita – Deserto e abbandonato
3. Un insegnamento di S. Alfonso – Il Paradiso di Dio è il cuore dell’uomo.
4. La settimana santa con la liturgia (29 marzo-3 aprile).
5. Saggezza calabrese – Usanze legate al Venerdì Santo in Calabria
1. Vangelo della domenica – Luca 19,28-40
«Benedetto colui che viene nel nome del Signore».
In quel tempo, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”».
Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno».
Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:
«Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».
Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre».
Celebriamo oggi l’entrata messianica di Gesù a Gerusalemme; in ricordo del suo trionfo, benediciamo le palme e leggiamo il racconto della sua passione e della sua morte. È il profeta Isaia con il suo terzo cantico sul servo sofferente di Iahvè che ci prepara ad ascoltare questo passo del Vangelo.
La sofferenza fa parte della missione del servo. Essa fa anche parte della nostra missione di cristiani. Non può esistere un servo coerente di Gesù se non con il suo fardello, come ci ricorda il salmo di oggi. Ma nella sofferenza risiede la vittoria. “Egli spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo, umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce”. E, come il suono trionfale di una fanfara, risuonano le parole che richiamano l’antico inno cristiano sulla kenosi citato da san Paolo: “Per questo Dio l’ha esaltato al di sopra di tutto”.
L’intera gloria del servo di Iahvè è nello spogliarsi completamente, nell’abbassarsi, nel servire come uno schiavo, fino alla morte. La parola essenziale è: “Per questo”. L’elevazione divina di Cristo è nel suo abbassarsi, nel suo servire, nella sua solidarietà con noi, in particolare con i più deboli e i più provati. (La Chiesa.it)
2. Aspetti della vita
Deserto e abbandonato
Com’è solo l’uomo, come può esserlo!
Tu sei dovunque, ma dovunque non ti trova. Ci sono luoghi dove tu sembri assente e allora geme perché si sente deserto e abbandonato. Così sono io, comprendimi.
Sono parole messe in bocca a Cristo sulla croce, variazione del “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. A offrircele è il nostro maggior poeta vivente, Mario Luzi, che le ha fatte risuonare lo scorso anno nella sera del Venerdì santo, al Colosseo, durante la Via Crucis del Papa e che sono state poi edite nel volume “Passione” (Garzanti 1999). La solitudine di Cristo in quell’ora estrema condensa in sé la sterminata solitudine dell’umanità.
Abbandonato dagli amici, Gesù sente svuotarsi anche il cielo e vive l’esperienza suprema dell’essere uomo, esperienza fatta spesso di assenza, di deserto, di abbandono. È un po’ come scendere agli inferi, se è vero quanto scriveva Victor Hugo: L’enfer est tout entier dans ce mot: solitude. Una sola parola, dunque, “solitudine”, riassumerebbe in sé l’infelicità infernale. Cristo transita anche attraverso questo inferno per non escludere nulla di tutto ciò che è umano. Ma la sua non è una pura e semplice solidarietà: egli attraversa il nostro dolore, il nostro male, la morte e il silenzio per irradiarli con la sua divinità. Da allora nulla resta come prima. Un “oltre” e un “altro” divini si insediano nella nostra carne e nella nostra storia e le aprono all’alba del giorno di Pasqua. (Mons. Gianfranco Ravasi)
3. Un insegnamento di S. Alfonso
Il Paradiso di Dio è il cuore dell’uomo
Il paradiso di Dio, per cosi dire, è il cuore dell’uomo, dice S. Alfonso commentando il versetto biblico di Proverbi 8, 31 “Pongo le mie delizie tra i figli dell’uomo”.
Dio ti ama? Amalo. Prendi l’abitudine di parlargli da solo a solo, familiarmente, e con confidenza ed amore, come ad un tuo amico, il più caro che hai che più ti ama. E s’è grande errore il trattare con Dio con diffidenza, maggior errore sarà il pensare che il conversare con Dio sia di noia e di amarezza.
No, non è vero: No. Lla sua compagnia non dà amarezza, né dolore la sua compagnia (cf. Sap. VIII, 16). Chiedilo alle anime che l’amano con vero amore, e ti diranno che nelle pene della loro vita non trovano altro maggiore e vero sollievo, che nel conversare amorosamente con Dio.
Non si richiede da te un’applicazione continua della mente al punto che tu abbia a scordarti di tutte le vostre faccende e del tuosvago.
Altro non ti si domanda, se non che, senza tralasciare le tue occupazioni, faccia verso Dio quello che fai nelle occasioni verso coloro che ti amano e che tu ami. Il tuo Dio sta sempre con te, anzi dentro di te: In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo (Att1 17, 28).
Non c’è portiere per chi desidera parlargli; anzi Dio gusta che tu tratti confidenzialmente con lui.Tratta con lui dei tuoi affari, dei tuoi progetti, delle tue pene, dei tuoi timori, e di tutto quello che ti appartiene.
Fallo soprattutto con confidenza e col cuore aperto, perché Dio non suol parlare all’anima che non gli parla. Egli senza aspettare che tu vada a lui, quando desideri il suo amore, ti previene e si presenta a te portando le grazie ed i rimedi che te bisognano. Non aspetta altro se non che tu gli parli, per dimostrarti che ti sta vicino ed è pronto ad udirti e consolarti.
Il nostro Dio abita nell’altezza dei cieli, ma non disdegna di trattenersi giorni e notti con i suoi figli fedeli e fa loro parte delle sue divine consolazioni, di cui una sola supera tutte le delizie che può dare il mondo, e che solo non le desidera chi non le prova. (Dalle “Opere Ascetiche” di Sant’Alfonso Maria de Liguori, Roma 1933, Vol. I, pp. 316-318).
4. La settimana santa con la liturgia = 28 marzo – 3 aprile 2010
29 marzo (lunedì santo) – Signore è mia luce e mia salvezza. – All’amore senza limiti di Maria che cosparge i piedi di Gesù con così tanto olio profumato, molto costoso, si contrappone la meschinità di Giuda, l’uomo calcolatore che riduce tutto a profitto.
Letture di oggi = Is 42,1-7; Sal 26,1-3.13-14; Gv 12,1-11.
Santi di oggi = San Guglielmo Tempier; San Ludolfo.
30 marzo (martedì santo) – Proclamerò, Signore, la tua salvezza. – L’episodio narrato nella prima lettura è simbolo di ciò che Gesù preannuncia nel vangelo: la croce come strumento di salvezza.
Letture di oggi = Is 49,1-6; Sal 70,1-6.15.17; Gv 13,21-33.36-38.
Santi di oggi = San Secondo; San Leonardo Murialdo; B. Amedeo IX
31 marzo (mercoledì santo) – Nella tua fedeltà soccorrimi, Signore. – La vita di ogni persona si muove tra due poli estremi: il consegnare Gesù alla sua morte o il consegnare se stessi come Gesù a Dio e ai fratelli.
Letture di oggi = Is 50,4-9a; Sal 68,8-10.21-22.31.33-34; Mt 26,14-25.
Santi di oggi = San Beniamino.
1 aprile (giovedì santo) – Giovedì Santo nella Cena del Signore – Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza. – Durante l’ultima Cena, Gesù non si è accontentato di parole, ma ha dato l’esempio mettendosi a lavare loro i piedi. E, dopo aver finito, ha detto: “Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri” (Gv 13,13-14)
Letture di oggi = Es 12,1-8.11-14; Sal 115; 1Cor 11,23-26; Gv 13,1-15
Santi di oggi = Sant’ Ugo di Grenoble Vescovo; San Valerico (Valerio) di Leuconay Abate; Santi Venanzio e compagni Martiri
2 aprile (venerdì santo) – Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.. – Ricordati, Padre, della tua misericordia; santifica e proteggi sempre questa tua famiglia, per la quale Cristo, tuo Figlio, inaugurò nel suo sangue il mistero pasquale.
Letture di oggi = Is 52,13 – 53,12; Sal 30,2.6.12-13.15-17.25; Eb 4,14-16; 5,7-9; Gv 18,1–19,42.
Santi di oggi = San Francesco da Paola Eremita e fondatore; San Giovanni Payne Sacerdote e martire
3 aprile (sabato santo) – Il Signore ci custodisce, come un pastore il suo gregge. – Il gran sacerdote Caifa, che detiene la carica dall’anno 18 al 36, senza saperlo, fa un’affermazione che è il cuore della fede cristiana: il Cristo morirà per tutti, perché sia data tutta la vita alla famiglia umana.
Letture di oggi (Veglia Pasquale) = Gn 1,1.26-31 (forma breve); Sal 103,1-2.5-6.10-12-14.24.35; Gn 22,1-18; Sal 15,5.8-11; Es 14,15. 15,1; Es 15,1-6.17-18; Is 54,5-14; Is 55,1-11; Bar 3,9-15.32. 4,4; Ez 36,16-28; Rm 6,3-11; Sal 117,1-12.16-17.22-23; Mt 28,1-10
Santi di oggi = San Giovanni I di Napoli Vescovo; San Giuseppe l’Innografo Monaco a Costantinopoli; San Luigi Scrosoppi Sacerdote
5. Saggezza calabrese
Usanze legate al Venerdì Santo in Calabria
Nel giorno del venerdì santo, le donne del volgo una volta non si pettinavano… mentre invece impastavano il pane. Perché?
È credenza popolare che la Madonna abbia domandato ad una donna che si pettinava, dove fosse la casa di Pilato, e che questa rispose con superbia che non poteva servirla; e fu maledetta quella treccia che si pettina di venerdì santo…
Domandò poi ad una donna che impastava il pane, e questa subito si lavò le mani e corse ad accompagnarla; e fu benedetta la pasta che di venerdì santo s’impasta”.
Tutto ciò resta vivo nel proverbio e detto:
Amara chija trizza
chi di vènnari s’intrizza
‘Mbiata chija pasta
chi di vénnari s’impasta.
Sono leggende che hanno cristianizzato alcune remotissime usanze, riconducibili alla concezione dei giorni fasti e nefasti: così nel triduo sacro le donne non mettevano a cova le uova, non rassettavano i capelli, nelle case non si accendeva il fuoco, non si iniziavano innesti finché le campane, “mute” dal Gloria del giovedì santo non venissero “sciolte” al Gloria del sabato santo.
Lutto o festa? – L’accompagnamento del Cristo morto nella processione in molti paesi della Calabria è del tutto simile all’accompagnamento funebre di una persona cara scomarsa.
A Capistrano (CZ) gli uomini ritornano in massa al Calvario, dove poco prima è stato portato il Cristo morto, e… in silenzio. Fa impressione vedere questa folla di uomini dal volto serio e mesto camminare (quasi marciare) verso il “Calvario”. Unico rumore: i passi di centinaia di uomini, i quali “sbrigano” quasi il dovere delle… condoglianze!.
Mentre in quasi tutti i centri calabresi le gramaglie più fitte velano le teste delle donne in segno di lutto, a Nocera Terinese (CZ) le toilettes più sgargianti e le vesti più ricche, i paramenti più sfarzosi sono indossati in questa circostanza, perché è festa, non è lutto; è la festa della redenzione di Cristo, è la festa della pace”.
(Salvatore Brugnano, Espressioni di religiosità popolare, vol. 2, La Pasqua).