La bisaccia del pellegrino

Rubrica religiosa settimanale

a cura di P. Salvatore Brugnano

Marzo 2010, seconda settimana: 7-13 marzo
1. Vangelo della domenica – «Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
2. Aspetti della vita – Dio è lontano? Cercalo sulla strada!
3. Un insegnamento di S. Alfonso – Il pensiero della morte
4. La settimana con la liturgia (7-13 marzo).
5. Saggezza calabrese – Il canto della settimana

1. Vangelo della domenica – Luca 13,1-9
«Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Mentre Gesù sta parlando, qualcuno lo mette al corrente di una notizia sconvolgente: un gruppo di giudei, probabilmente rivoluzionari zeloti, sono stati massacrati da Pilato mentre stavano compiendo il sacrificio. Nel ricordo di tutti è ancora viva un’altra disgrazia: diciotto operai che lavoravano per il tempio sono stati seppelliti sotto il crollo di una torre. La gente ragionava così: se Dio li ha castigati, vuol dire che essi erano peccatori. Ma non è questo per Gesù il modo di interpretare gli eventi. Quegli uomini – egli precisa – non erano peggiori degli altri. Il giudizio di Dio non è per alcuni, ma per tutti; non è per gli altri, ma per se stessi.
La parabola del fico sterile, pur nella sua brevità, è ricca di motivi. C’è il motivo della sterilità di Israele e della sua ostinazione al peccato. E c’è – in contrapposizione – il motivo della pazienza di Dio e della sua misericordia. E c’è anche un terzo motivo, che parrebbe contraddire il precedente: l’urgenza. Ma è un’urgenza da intendere nel modo giusto. La constatazione che il tempo si prolunga induce molti a pensare che il giudizio di Dio sia inesistente. In realtà – afferma Luca – questo tempo che si prolunga è un segno di misericordia, non di assenza di giudizio. Il tempo si prolunga per permetterci di approfittarne, non per giustificare il rimando o l’indifferenza. E comunque la pazienza di Dio ha un limite. Questo tempo che si prolunga è un tempo decisivo e richiede, per tutta la sua durata, impegno e vigilanza.
Luca ci parla dunque della necessità della conversione, della sua urgenza, del giudizio di Dio che incombe. Ma che significa convertirsi? Il verbo privilegiato dalla Bibbia ebraica per indicare la conversione è cambiare strada, tornare indietro. Il Nuovo Testamento ha voluto essere più preciso, usando «epistrefein» per indicare il mutamento esteriore, il mutamento nel comportamento, e «metanoein» per indicare la mutazione interiore, il cambiamento di mentalità. Il termine che Luca usa nel nostro testo è «metanoia»: egli insiste dunque sul mutamento interiore, sul modo nuovo e diverso di valutare le cose.  (Bruno Maggioni)

2. Aspetti della vita
Dio è lontano? Cercalo sulla strada!

Per alcuni Dio è lontano solo perché essi l’hanno allontanato. Oppure è Dio stesso che Dio si è allontanato: tanti lo cercano, ma non lo vedono e non lo trovano. Nella Bibbia la preghiera del silenzio di Dio ci viene insegnata da Giobbe, da Geremia e da alcuni salmisti ma anche dallo stesso Cristo sulla croce. Oggi  ce la insegnano versi come quelli di Luca Ghiselli, figlio di un pescatore di Viareggio, morto a soli 29 anni nel 1939 in un incidente: “Il Tuo silenzio è quello delle statue… Il Tuo silenzio è quello della notte… Il Tuo silenzio mormora col vento…”. Ma alla fine c’è un altro verso, intriso di speranza: “Ma io so che Tu ascolti, o sempre Attento!”
Quando il silenzio di Dio diventa insostenibile, allora bisogna cercarlo “stranamente” sulla strada, tra i mille volti dei sofferenti, dei poveri, dei reietti. E’ in loro che Dio si rende facilmente visibile.  Diventerà un’avventura. Non tutti hanno occhi da missionario, eppure tutti hanno un altrove, anche vicino, da visitare: “I migranti e i poveri sono la nostra speranza storica: ogni povero è un appello, ogni migrante è un confine che si sposta verso quanti, tra noi, non avranno mai la possibilità di visitare i limiti estremi della miseria. Per iniziare a cambiare il proprio punto di vista ci sono mille modi: visitare un carcere, fare un turno al dormitorio per senza dimora, servire i pasti alla mensa sociale. Chi vive sulla strada può condividere una cosa preziosa: il proprio tempo. Com’è difficile per tutti noi immaginare di ritagliarne un pezzo per curare le relazioni e i rapporti con chi è più in difficoltà. Però così ci priviamo di un’esperienza irrinunciabile se intendiamo contemplare, nei più poveri, la manifestazione di Gesù.
Proviamo ad analizzare il nostro tempo: forse possiamo eliminare qualcosa di superfluo e scegliere di “alleviare un carico di dolore” (da un sussidio pastorale CEI).

3. Un insegnamento di S. Alfonso
Il pensiero della morte

Si deve morire. Presto o tardi, ma si deve morire. La vita potrà essere più o meno lunga, ma deve venire quel giorno, quell’ora che sarà l’ultima. E quell’ora è stata già fissata. Come abbiamo sentito suonare le campane a morto per gli altri, un giorno gli altri le sentiranno per noi. Come ora leggiamo i nomi di persone nel libro dei defunti, così gli altri leggeranno i nostri.
Insomma non c’è scelta: si deve morire. E una volta sola. Una volta fallito, abbiamo fallito per sempre… Che spavento sentirti dire: «Fratello mio, sorella mia, tu stai veramente male. Preparati …».
In quel momento vorresti regolare i conti dell’anima. Ma la paura, la confusione non ti consentiranno di concentrarti sul da farsi. Tutto ciò che si vede e si sente, è pena e spavento. Tutte le cose del mondo ora sono spine. Spine il ricordo dei giorni vissuti allo sbando. Spine gli amici che ti hanno distratto da Dio. Spine il lusso, gli ornamenti, le ricercatezze del corpo. Insomma spine ogni cosa.
Immagina poi se proprio questa sera dovessi morire tu. Quanto daresti per un altro anno o mese di vita? Deciditi quindi di fare ora quello che vorresti fare in punto di morte. Chi sa se quest’anno, questo mese, questo giorno è l’ultimo per te. Sono sicuro che non vorresti morire nello stato in cui ti trovi. Ma intanto continui a persistere. Hai pietà delle persone colpite da morte improvvisa, perché non hanno avuto il tempo di ravvedersi. E tu che hai tempo, non ti prepari?
San Camillo de Lellis, affacciandosi sulle fosse dei cimiteri, diceva: «Oh se fossero vivi, cosa non farebbero per la vita eterna. Ed io, ancora in vita, che faccio?» .
Che bella la morte dei giusti! Questa morte s. Bernardo di Chiaravalle la chiama “preziosa”. Preziosa perché mette fine alle sofferenze, apre le porte della vita, dove non ci sarà più timore di perdere Dio .Sì, la morte è la porta della vita. Dio è fedele e sa consolare chi veramente lo ha amato. Anche tra mille dolori farà provare momenti di paradiso. Gli atti di fiducia, di amore, di desiderio di vederlo presto sono un anticipo della pace che si godrà eternamente.
Mio Dio, non voglio obbligarti a dimenticarti di me. Ti ringrazio di essere misericordioso con me. Aiutami a cambiar vita. Tu mi vuoi santo e io voglio salvarmi per amarti e lodarti in eterno. (Alfonso Amarante, Verità scomode, 2009)

4. La settimana con la liturgia = 8 – 13 marzo 2010
8 marzo (lun) –  L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente.  – La lebbra, di cui parlano entrambe le letture, indica il pregiudizio che accompagna molte persone: solo chi se ne libera e accoglie Gesù incondizionatamente, riceverà la salvezza.
Letture di oggi = 2Re 5,1-15a; Sal 41,2.3 e 42,3-4; Lc 4,24-30.
Santi di oggi =  San Giovanni di Dio; San Ponzio; San Provino.

9 marzo (mar) – Ricòrdati, Signore, della tua misericordia. –  Il perdono incondizionato che ci ha insegnato il Cristo è il gesto gradito a Dio che dà gloria al nome del Signore.
Letture di oggi = Dn 3,25.34-43; Sal 24,4bc-5ab.6-7bc.8-9; Mt 18,21-35.
Santi di oggi =  Santa Francesca Romana; San Paciano; San Domenico Savio.

10 marzo (mer) – Celebra il Signore, Gerusalemme.  – L’osservanza delle norme che il Signore ha donato non limita la nostra libertà, ma ci fa pregustare la vera gioia di chi sarà grande nel regno dei cieli.
Letture di oggi  =  Dt 4,1.5-9; Sal 147,12-13.15-16.19-20; Mt 5,17-19.
Santi di oggi =  Santi Caio e Alessandro; San Vittore; San Simplicio.

11 marzo (gio) – Ascoltate oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore.  -Il vero cristiano non è chi si professa tale a parole, ma chi ascolta la voce del Signore: solo così si è veramente di Cristo.
Letture di oggi = Ger 7,23-28; Sal 94,1-2.6-7.8-9; Lc 11,14-23.
Santi di oggi = San Pionio; San Sofronio; San Costantino; Sant’Eulogio.

12 marzo (ven) –  Io sono il Signore, tuo Dio: ascolta la mia voce. Oppure: Signore, tu hai parole di vita eterna – Il Signore Dio è uno solo, ci è stato insegnato sin dall’infanzia, ma sovente preferiamo farci degli idoli a cui doniamo tutto noi stessi.
Letture di oggi =  Os 14,2-10; Sal 80,6-9.10-11.14.17; Mc 12,28b-34.
Santi di oggi =  Sant’Innocenzo I; B. Fina.

13 marzo (sab) –  Voglio l’amore e non il sacrificio. Oppure: Tu, gradisci, o Dio, gli umili di cuore.  –  La fede dell’apparenza è il rischio a cui si va facilmente incontro dimentichi che a Dio importa maggiormente il nostro amore.
Letture di oggi = Os 6,1-6; Sal 50,3-4.18-21; Lc 18,9-14.
Santi di oggi =  San Sabino; Santa Cristina; Sant’Ansovino.

5. Saggezza calabrese
Il canto della settimana
Lu lunidì ch’è capu di simana – è di la biata Caterina; – vorrìa lasciari la vita mondana – e mu vaju a la missa la matina.
‘U martedì su’ tutti i porti aperti: – li porti di lu celu su’ splendenti, – lu santi Jesu cala lu cchiù avanti, – tutti li santi mu stannu abbertenti (vigilanti).
Mèrcuri ca è di l’abitinu, – bia tu cu lu leva di continu: – l’aiuterà Dio cu sant’Antoninu.
Lu giuvedì ch’è di lu Spiritu Santu – campa filici e mori cuntentu.
Lu vènneri ch’è di li chjaghi di nostru Signuri, – facimmuccindi assai orazioni, – ca l’appricamu a sti chjaghi divini.
Lu sabatu ca è di la Matri divina, – biatu chi di cori nci dijuna, – ca lu dijunu spezza la catina, – veni la sira e nci dici la curuna, – nci la presenta a la Matri divina.
La duminica ch’è di la Santa Trinità, – fati beni cchiù di l’àutri voti, – ca ‘ncelu ci su’ l’angiuli aduranti – chi preganu pi tutti li devoti.
(Salvatore Brugnano, Espressioni di religiosità popolare, vol. 5, La vita).

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